Addio, cara suocera

Ciao cara! Allora, tuo cognato Marco l’ha ricominciata a fare il suo scontrosissimo? – Antonia, con le guance rigate di lucertola al cioccolato, sbatacchiava sul tavolo un vassoio di mignon alle olive. – Che ne dici, un the o magari la grappa che ti feci a Natale?

– Mammà, grappa appena sveglia? – Letizia alzò le spalle con un sorriso. – Però, hai ragione, un goccio si fa…

– Certo che ho ragione! – Antonia si mise le mani in testa. – Figurati, l’ho persa me la fighietta per sei mesi interi!

Antonella uscì dalla stanza con uno sbuffo. Da prima dell’alba Marco e Letizia avevano lasciato Roma per Portofino, lui con l’obbligo di stare un po’ insieme ai suoceri, lei a recuperare la mamma. Antonia li accolse urlando e abbracciando con una forza che sembrava potesse schiacciare un uovo.

– Mammà, guarda, ho portato souvenir! – Letizia sventolò il cacciavite tra le braccia.

– Vieni qua che ti guardo! Marco, ma la mangi mai? Sembri un piolo!

Marco sorrise a denti stretti:

– Mangiamo, sì. Tre pasti al giorno, da svegli.

– Bugiardo! – Antonia lo indicò con l’indice. – E tu, sei grasso! Peccato, però, con l’amore zio Marco stacca!

Antonella rotolò verso la cucina, Letizia si chinò vicino a lui e sussurrò:

– Marco, per favore, adesso basta. Solo una settimana, ce la fai?

– Una settimana? – Marco starnutì. – Avevi detto solo weekend, domani è mercoledì e via!

– Ciao babbo – disse Letizia commossa. – Lei non ti manda mai a pesca?

– Scusa, tesoro, Gimmy, sei in asfittica! – Il padre di Letizia, Enzo, sbucò dal corridoio con un arpione. – Siamo pronti, andiamo alla barca?

Marco si illuminò. Tanto per stare lontano da Antonia, tanto per provare con Enzo, tanto meno freddo con lui come Antonia.

– Con piacere! – Striò le mani.

– Scusa, ma che pesca? – Antonia tornò con una bottiglia di grappa e i bicchieri. – Hanno bisogno di riposo!

– Mamma, il miglior riposo è cambiare ambiente – Enzo incrociò le braccia. – Andiamo per due ore. Letizia si arrangia qua, torniamo a cena.

Marco ringraziò tacitamente Enzo. Ma si sbagliava.

– No, cara, per una volta il riposo è stare insieme – Antonia sistemò i bicchieri con fare materno. – Poi andrete pure dove volete.

– Bene, allora – Enzo mormorò a Marco. – Ce la mettiamo tutta. Comunque, dopo pranzo me ne vado anch’io.

E si misero intorno al tavolo con tovaglia a fiori. Marco sorrise, ma con gli occhi spinse i denti.

– Ti ricordi, figa, quando hai recitato il canto in festival? – Antonia iniziò la sua battaglia delle memorie.

– Sì, mamma, ho vinto il premio…

– Secondo, non primo! – Antonia lo corresse. – Il primo era una ragazza noiosa, ma aveva rapporti con la dirigente.

Marco bevve la grappa, buonissima. Mentalmente contò fino a dieci, come gli disse lo psicologo un amico russo che discuteva spesso del suoceri.

– Ricordi il vestito che ti feci quando andavi al liceo? – si ricordò Antonia.

– Certo, mammà – Letizia annuì.

– No, non giallo, verde! – scattò Antonia. – Ma ti sei dimenticata?

Marco contò fino a venti, ma non ci fece niente. Notò Enzo che faceva finta di leggere il giornale ma era deformato.

– Però, quando ci farete i nipoti? – Antonia sporse la testa all’improvviso.

Marco si strozzò. Letizia arrossì e disse cose di lavoro e case.

– Sì, anch’io ci penso – Marco si stupì.

– Ma voi uomini non capite! – Antonia lo guardò male. – A voi va bene restare padri a sessanta anni, mentre le donne no!

– Letizia ha ventisette anni – Marco disse piano.

– Ma a me ventisette eri già mamma! – Antonia alzò le braccia. – Avevi tre anni!

– Forse siamo un po’ troppo tempo – disse Marco.

– Poco tempo! – Antonia grrr. – Ho i vestiti che non uso da sette anni!

Enzo, con un colpo, mise giù il giornale.

– Marco, Love, andiamo a pesca – disse. – Che possiamo non parlare di cronaca rosa.

– Via, fate pure – Antonia annuì. – Letizia e io abbiamo un discorso serio.

Sorriso a Marco, che vide gli occhi tristi di sua moglie. Non poteva farci niente.

Fuori faceva fresco. Marco inspirò l’aria salmastra.

– Non stare in pensiero – disse Enzo. – Con lei non ci si scontrosa, nessuno ci capisce.

– Com’è che fate voi? – sorrise Marco.

– Niente, mi nascondo in garage o a pesca – Enzo scrollò le spalle. – Lei la sua, io la mia. Così da trent’anni.

– Trent’anni? – Marco sorrise. – E voi… siete felici?

– E che devo fare? – Enzo sorrise. – Si, devi dire, fa del minestrone e mantiene pulita la casa. L’altra è una storia a parte.

A cena tornarono con quattro pesci. Antonia era delusa.

– E questi? – disse. – Li abbia mangiato un gatto?

– Sono già abbastanza – Enzo rifiutò.

Nel pomeriggio Antonia mostrarono i lavori fatti in casa: mobili nuovi, tende, piante. Antonia parlava come una padrona di gala.

– Hai visto, Letizia, ho spostato il mobiletto qua, il telecomando là. Meglio così, no?

Letizia annuì, Marco guardò fuori: Enzo stava tentando con un gioco da giardino.

Alle 19 ci fu il pranzo. Antonia mise tutti i contorni: cetrioli, funghi, sardine, e naturalmente il minestrone.

– Marco, perché non mangi? – Antonia prese una ciotola. – In città avete tutto fast food?

– No, cari – Marco sorrise. – Letizia cucina benissimo.

– Io le ho insegnato – Antonia disse con orgoglio. – Ma non sa mai quando usare i tempi.

– Lei lavora come freelance – Marco provò.

– Gli orari flessibili sono scuse – Antonia tagliò. – Prima io stavo all’8, passavo il tempo e facevo la cena.

Marco notò che Letizia lo guardava con occhi pianti traslucidi. Rifiutò e capì come Enzo.

Nella stanza da letto, alle 23.

– Scusami – mormorò Letizia. – Giuro, non ci contavo così.

– Andiamo, siamo vivi – Marco la abbracciò. – Enzo ha detto che ci porta al lago entro domani, che dice bene.

– Se mamma ci permette – sospirò.

– Chiediamo pure il permesso – Marco sorrise.

La mattina si preparavano a uscire, ma Antonia comparì con un kimono.

– Dove andate? – chiese.

– A pesca – Enzo rispose.

– E io qui? – Antonia si irruppe. – Letizia appena arrivata che si scappa?

Letizia arrossì, Marco vide un cenno: vattene. Fece un cenno a Enzo e se ne andò.

Al lago fu diverso. I due uomini parlavano, pesca, ricordi, storie. Marco iniziò a capire Enzo.

– Perché non vieni qui? – chiese Marco. – Ti conviene vivere lì?

– Perché io mi trovo bene. Sto de’ vecchi, aiuto un paio di negozi, e Antonia… sai com’è – Enzo scrollò spalle.

Rientrata a casa, trovarono Letizia in lacrime e Antonia col broncio in cucina.

– Che succede? – Marco corse.

– Niente… – Letizia guardò fuori.

– I bambini? – indovinò.

Letizia annuì.

– Forse possiamo andarci via? – sugerì Marco. – Diamo un’altra volta, un problema urgente?

– No – disse Letizia. – Se ne andiamo domani, ti fai male.

Marco sospirò. Sapeva che aveva ragione.

La sera ci fu il giro ricominciò. Antonia criticava tutto: i giovani, il sindaco, i vicini, e naturalmente i cognati.

– La figlia di Mirella ha già due figli – Antonia disse.

– Mamma… – Letizia lo disse.

– Già, hai sempre delle scuse – Antonia sbraitò. – Tu sei egoista, non sei una brava madre!

– Antonia, no! – Marco si alzò. – Noi ci stiamo provando. Dottori, test, cicli… Non ne combiniamo.

Silenzio. Antonia mise la forchetta giù. Letizia si coprì il viso con le mani.

– Perché… perché non mi hai detto? – Antonia lo guardò con un occhio sorridente.

– Perché ti rompe la testa! – Marco disse. – Sai quanto è brutto sentirlo quando ti butti giù?

– Marco… – Letizia lo tirò fuori.

– No, che sappia! – Marco gridò. – Sai quanto ne so che piange dopo? E i test devono dire: chill, ma come chiill!

Enzo si spinse verso Antonia:

– T’ho detto, Tonia, basta. Se li va bene a loro.

Antonia non disse niente. Andò in cucina a preparare il the.

La giornata seguente, Marco si svegliò senza Letizia. Ascoltò in corridoio. Le due stavano parlando.

– Scusami, cara – disse Antonia. – Non lo sapevo…

– È tutto okay – disse Letizia. – Solo, non chiedi più, va bene?

Antonia annuì con gli occhi lucidi.

Gli ultimi giorni furono tranquilli. Antonia non fece commenti. Marco si svegliò abbracciato da lei.

– Arrivederci, cara suocera – disse Marco con un sorriso.

– No, arrivederci, cognato – Antonia rispose. – Tu… abbi cura di lei, okay?

– Okay.

Nel treno, Letizia sorrise.

– Ti ringrazio – disse.

– Per cosa?

– Per dire la verità. So che lei l’ha capito…

– E forse non era male – Marco la abbracciò. – L’ha capito che l’amore non è sempre comandare.

Letizia annuì.

– Ti manda un messaggio – sorrise. – E non ci verrà più a trovare per più di tre giorni.

– Ecco i miracoli! – Marco rise.

Il treno tornò a Roma, ma qualcosa era cambiato. Marco sapeva che erano dieci anni che non era contento. E mentre guardavano fuori dal finestrino, pensò che forse il destino aveva qualcosa in serbo per loro.

E a casa, Antonia lo chiamò:

– Letizia… credo che finalmente ce l’abbiamo fatta.

Dicembro, sorrisi, entusiasmi, e questa volta, i due non si aspettavano niente di più, perché stavano insieme e sapevano di poter contare l’una sull’altro.

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