Afferrando una grossa gallina colorata, la immerse rabbiosamente in una vasca d’acqua.

Costanza Vianello, afferrata per le ali una grossa gallina variopinta, la immergeva arrabbiata in una grande vasca d’acqua. La gallina gridava disperatamente e cercava di liberarsi. Terminato il bagno, la padrona lanciava Pina, la sfortunata gallina, nel cortile coperto d’erba. La poveretta fuggiva, perdendo piume bianconere che il vento di settembre si divertiva a portare lontano.

Costanza prese la pesante vasca e riversò l’acqua sui pomodori che giacevano pigri lungo la staccionata. Poi entrò in casa e chiuse la porta dietro di sé con un colpo secco.

Non che Costanza fosse crudele o che torturasse la povera Pina. Semplicemente, Pina aveva deciso per la terza volta in estate di covare le uova. Due generazioni di pulcini già scorazzavano per le strade polverose del paese, e oramai era settembre; i nuovi pulcini non avrebbero avuto tempo di crescere prima dell’arrivo del lungo inverno freddo. Così la padrona ricorse al rimedio popolare di immergere la chioccia in acqua fredda.

Assisa sulla staccionata, la gatta Maria, l’animale preferito dalla padrona, osservava tutto quel trambusto con occhi d’oro, in perfetta calma.

“Che sciocca…” pensava tra sé e sé mentre si puliva il musetto già lindo, “ha fatto l’uovo e ora fa tanto chiasso… Se restasse in silenzio, potrebbe far nascere i suoi pulcini. Io, zitta zitta, già vedo crescere i miei quattro gattini nel fieno… E chissà, presto faranno felice la nostra padrona…”

Aprilando la schiena, la gatta sbadigliò, mostrando la lingua rosa, e si diresse verso la stalla, dove l’attendevano i suoi soffici micetti di diverse tonalità.

Il giorno seguente, Costanza andò nella stalla con il cuore pesante. La sua amata gatta Maria era morta e doveva darle un giusto addio, posandola nel fieno fresco. Maria era caduta preda di una delle volpi che abbondavano attorno al villaggio. Aveva comunque trovato la forza di sfuggire ai denti della volpe per tornare a casa e fare un ultimo saluto alla sua padrona. Mentre Costanza stava per strappare una manciata di profumato fieno morbido, vide Pina.

Era seduta in un nido piuttosto grande, piumata in ogni direzione, e canticchiava soddisfatta.

Gridando forte, Costanza si preparò ad afferrare la gallina per la coda e buttarla fuori dal nido. Ma Pina si gonfiò come un pallone e soffiò come una papera arrabbiata. Colta alla sprovvista, Costanza ritrasse la mano, e da sotto le piume spuntarono… faccine di gattini curiosi! Uno, due, tre… e presto vennero alla luce, con forti miagolii, tutti i quattro cuccioli di Maria! Proprio come un arcobaleno: uno nero, uno bianco, uno tigrato e una dolce tricolore, identica alla defunta mamma…

Da quel giorno, Costanza andava ogni giorno nella stalla, portando un secchiello di granaglie per Pina e una ciotola di latte per i suoi “pulcini” a quattro zampe.

Presto Pina cominciò a guidare il suo vivace gruppetto a passeggio. Piumata con orgoglio, vegliava su di loro e li invitava insistentemente a beccare qualche chicco o a gustare un verme particolarmente appetitoso. Ma i piccoli si rotolavano sull’erba e correvano nel cortile, agitando le code a carota.

Arrivò l’inverno. Tutti e quattro i piccoli di Maria si trasferirono nella spaziosa casa di Costanza, mentre per Pina venne preparato un ampio cesto sotto la panca, dato che i gattini ormai cresciuti acconsentivano a dormire solo sotto l’ala calda della loro “mamma”.

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