Ale, guarda che meraviglia! esclamò Beatrice, con la pelle dorata dal sole e gli occhi scintillanti di energia. Allargando le braccia, sembrava abbracciare lintero mare. I suoi ricci castani, sbiaditi dai raggi del sole, danzavano vivaci nel vento. Te lho detto che questo mese sarebbe stato il più bello della nostra vita!
Alessandro, accanto a lei sulla sabbia bianca, aggiustò il cappello di paglia e sorrise. Nonostante lapparente serenità, il suo cuore era stretto dallansia. Il pensiero che potesse essere lultima occasione per riconquistare la felicità perduta non gli dava tregua.
Sì, Bea, sarà il mese più bello rispose, cercando di mantenere un tono leggero. Hai sempre saputo avere ragione.
Ma il peso delle parole del medico due mesi prima restava: «Tumore, stadio avanzato, due o tre mesi». E così erano arrivati qui, al mare, perché Beatrice aveva deciso di vivere, non di arrendersi.
Andiamo a nuotare? gli prese la mano con gli occhi che brillavano. Su, Ale, non fare il musone! Ricordi quando da ragazzi ci tuffavamo nel fiume dalla nonna? Avevi paura che la corrente ti portasse via i calzoni!
Alessandro scoppiò a ridere, e per un attimo il dolore svanì. Era così che Beatrice lo strappava dalle grinfie della tristezza.
Non avevo paura, ero solo prudente replicò scherzoso. Va bene, corriamo, ma se uno squalo mi mangia, la colpa è tua.
Ridendo come due adolescenti, si diressero verso lacqua. Beatrice giocava tra le onde, mentre Alessandro la osservava trattenendo il respiro. Il suo cuore era pieno damore e, insieme, di dolore. Lei era bellissima, e lui lamava più di ogni cosa. Perderla sembrava impossibile, eppure la paura era lì.
Lamore dà la forza di sperare, anche quando il tempo sembra contro di noi.
La loro storia era iniziata in terza liceo, in un paesino di provincia dove tutti si conoscevano. Beatrice era apparsa a scuola come una cometa luminosa la nuova arrivata, con un sorriso che poteva sciogliere anche il cuore più freddo. Trasferitasi con la famiglia dalla città vicina, era subito diventata il centro dellattenzione. Alessandro, alto e goffo, sempre con un libro in mano, non credeva che avrebbe mai notato lui. Ma una sera, durante una festa scolastica, si era fatto coraggio e laveva invitata a ballare.
Sei diverso gli aveva detto, fissandolo negli occhi. Non cerchi di sembrare migliore degli altri.
E tu non hai paura che ti calpesti i piedi? aveva risposto lui con un sorriso. La sua risata era esplosa, e da quella sera erano diventati inseparabili.
Dopo il liceo, Alessandro era partito per Milano a studiare ingegneria, mentre Beatrice si era iscritta a lettere a Bologna. Si scrivevano lunghe lettere e, durante le vacanze, passavano ogni momento insieme. La distanza aveva rafforzato i loro sentimenti. A ventidue anni, appena laureati, si erano sposati. Il matrimonio era stato semplice, nella sala comunale addobbata con fiori di plastica, mentre sullo sfondo risuonavano le canzoni di Mina. Erano felici, e poco importava il resto.
Poi era arrivata la vita di tutti i giorni, a volte dura. Affittavano un piccolo appartamento, lavoravano senza sosta, sognando una casa e una caffetteria loro. La stanchezza e le difficoltà quotidiane avevano portato litigi.
Piccole discussioni per sciocchezze: chi non aveva lavato i piatti, chi aveva dimenticato di pagare una bolletta. Una volta, accecato dalla rabbia, Alessandro aveva sbattuto la porta e gridato:
Forse è meglio che ci separiamo!
Beatrice si era seduta sul divano in silenzio, poi aveva sussurrato:
Ale, ti amo troppo per perderti. Proviamo a vivere diversamente.
Decisero di dedicare un giorno alla settimana solo a loro. Niente lavoro, niente telefoni, niente tensioni. Passeggiate, tè sul balcone, ricordi della gioventù. E così il loro amore era rifiorito, come un fiore dopo linverno.
Dopo cinque anni, comprarono una casa con giardino e aprirono una caffetteria. Poi arrivarono le figlie Giulia e Sofia, gemelle che riempirono la casa di gioia e caos. Beatrice era una madre perfetta dolce, paziente, sempre pronta a raccontare storie la sera. Alessandro pensava spesso: Che fortuna ho.
Ma il tempo passò. Le figlie crebbero e partirono per luniversità, lasciando la casa vuota. Per colmare la solitudine, i due si buttarono di nuovo nel lavoro. Apri






