In età avanzata, mio figlio ha smesso di parlarmi. È tornato dalla donna che una volta gli aveva già spezzato il cuore.
Ogni madre sogna solo il meglio per suo figlio. Che abbia accanto la persona amata, che il lavoro gli dia gioia, che la vita scorra senza dolore né delusioni. Ma, come spesso accade, i figli non ci ascoltano, commettono gli stessi errori, pestano gli stessi razzì. È successo così anche al mio primogenito. Dopo il divorzio, sembrava aver capito tutto. E poi, di nuovo, un passo verso lo stesso abisso.
Quando era ancora giovane, tornò dagli studi e conobbe una ragazza di nome Cinzia. Nella nostra piccola città in Sicilia, le voci arrivarono presto alle mie orecchie: aveva una cattiva reputazione, tanti ragazzi alle spalle, litigi continui con i genitori. Ma decisi di darle una possibilità. Sono pur sempre una madre. Incontrare Cinzia significava capire chi si era preso il cuore del mio ragazzo.
Pulii casa fino a farla splendere, preparai un bel piatto di pasta al forno, apparecchiai la tavola. E lei arrivò… masticando una gomma, con uno sguardo sfacciato e un atteggiamento provocatorio. Né un “buongiorno”, né rispetto nelle parole. Mi lasciò l’impressione di una persona a cui non importa nulla degli altri.
Molti allora mi chiesero: “Maria, non vedi in che pasticcio si sta mettendo?” Lo vedevo. Certo che lo vedevo. Ma Alberto era accecato. Dopo un mese, già presentarono la domanda in Comune. I genitori di Cinzia pagarono tutto. Io tacqui. Speravo che l’amore l’avrebbe migliorata.
Ma il miracolo non avvenne. Cinzia non cucinava, non puliva, ordinava sempre cibo a domicilio e, quando mio figlio tornava stanco, gli faceva scenate. Lui correva da me, piangeva, beveva un caffè e poi tornava da lei. Fino a quando non si lasciarono. In silenzio. Senza drammi. Dopo sei mesi.
Vidi quanto soffriva. Si chiuse in sé stesso. Taceva. Evitava ogni discorso. E io, di nuovo da madre, cercai di aiutarlo. Gli presentai la figlia di una mia vecchia amica. Intelligente, gentile, tranquilla. Non una modella, ma con anima e cuore. Iniziarono a uscire, ridevano, facevano progetti. Io già mi immaginavo a badare ai nipoti. Ma…
Cinzia tornò.
Prima telefonò. Poi arrivò. Poi Alberto ricominciò a sparire. Una mattina andò da quella ragazza, quella che lo aveva aiutato a rimettersi in piedi, e le disse che erano “persone diverse”. Una settimana dopo, mi annunciò che si sarebbe risposato. Con Cinzia.
Non credevo alle mie orecchie. Gli chiesi: “Perché? L’hai già fatto! Sai come finirà”. Lui non disse nulla. E quando trovò il coraggio, mi chiamò e confessò: “Mamma, tu non verrai al matrimonio. So come la pensi su di lei. Non voglio rovinare la festa né a te né a me”.
Mi rifiutò. A me, sua madre, che non aveva dormito notti intere, che gli aveva tenuto la mano quando non aveva più la forza di alzarsi dal letto. Per chi? Per quella che una volta lo aveva distrutto. Per quella che nemmeno i suoi genitori riuscivano a giustificare.
Non sarei andata, lo so. Ma sentirlo dire è stato come prendere uno schiaffo.
Ora penso spesso: avevo due figli. E ora ne ho uno. Anche se entrambi sono vivi. Solo che uno ha deciso di cancellarmi dalla sua vita. E per cosa? Per aver cercato di proteggerlo?
Dicono che un genitore non deve mai abbandonare i propri figli, qualunque cosa accada. Ma cosa fare se è tuo figlio a cancellarti, a ignorarti, a respingerti? Quando le tue parole, le tue cure, diventano un peso di cui vuole liberarsi?
Non lo maledico. Non sono arrabbiata. Sono solo stanca. Stanca di aspettare che apra gli occhi. Stanca di sperare che un giorno mi dica: “Mamma, avevi ragione”. Non aspetto più. Il mio figlio minore è qui con me. Mi aiuta, mi chiama, viene a trovarmi. Ha una famiglia, ha una coscienza.
E Alberto? Ha solo Cinzia.