Allora, c’è questa piccola bottega alimentare alla periferia di Napoli, proprio un posto modesto ma amato da tutti. Cucina casalinga, porzioni generose e commesse con il sorriso. Raffaella Esposito ci lavora da quindici anni, prima alla pesa, poi responsabile del reparto. Sapeva tutto di tutti: chi prendeva i peperoni ripieni, chi non poteva vivere senza polenta, e a chi serviva sempre un po’ di più, “con il cuore”.
Un giorno, mentre riempiva la vetrina con la carne in gelatina, si accorse di un uomo alto, con un cappotto un po’ consumato e quegli occhi tristi che fissavano il bancone come se cercasse qualcuno.
Raffaella si avvicinò:
“Se cerca Valentina, è a casa con l’influenza. Tornerà la prossima settimana. Vuole il solito? Polpette e costolette?”
Lui sorpreso: “Lei ricorda sempre quello che prendo?”
“Ma certo, signore. Lei è un cliente fisso,” rispose Raffaella, arrossendo un po’.
Lui esitò, poi aggiunse piano: “È a lei che volevo parlare, Raffaella, ma finisco sempre da Valentina. Peccato.”
“Come sa il mio nome?”
“Eh, ce l’ha scritto sul cartellino.”
Dietro di loro, la voce seccata di Giuseppina: “Signore! Dia il cambio, ci sono dieci persone in fila!”
Lui si scosse: “Scusi. Le polpette, grazie…” E poi, più piano, guardandola dritto negli occhi: “Chissà se un giorno una brava donna come lei mi farà delle vere polpette fatte in casa. Scusi, Raffaella… non porta l’anello… se non è sposata, posso accompagnarla alla fine del turno? Abito proprio qui, di fronte. Da solo.”
Lei annuì appena e gli passò il sacchetto. Il cuore le batteva come quando era ragazzina.
“Allora, a stasera,” sorrise lui. “Ah, mi chiamo Tommaso, comunque.”
Quel giorno Raffaella sembrava camminare sulle nuvole. Persino Giuseppina se ne accorse:
“Raffi’, ma stai bene? Hai le guance rosse come una sposina!”
“Tutto a posto, Pina, solo che oggi sono felice.”
Alla fine del turno, Raffaella si mise un po’ di rossetto, si avvolse nella sciarpa e uscì. Tommaso l’aspettava già.
“Facciamo due passi? Magari andiamo al cinema?”
Fuori era un tempo schifoso, la pioggia mista a neve si attaccava alle ciglia. Camminavano sul lungomare, parlando piano come se si conoscessero da sempre. A un certo punto, lui propose:
“Raffi’, vuoi venire da me? Un tè per scaldarci. Abito qui vicino.”
“Ma… non ci conosciamo neanche…”
“Come no? Ti osservo da un anno. Vengo, ti ammiro mentre lavori. Sei gentile, sincera. Con le nonnine sei dolce, coi bambini sorridi sempre. Mi sembra di conoscerti da sempre. E tu… non mi riconosci?”
Lei sorrise: “Va bene, Tommaso. Andiamo, sennò mi sciolgo qui.”
A casa sua era semplice ma accogliente. Lui le tolse il cappotto, mise le scarpe ad asciugare, preparò il tè al limone e tirò fuori dei biscotti.
Quando fuori iniziò a nevicare davvero, improvvisamente disse: “Resta. Io dormo in cucina. Dove vai con questo tempo?”
Raffaella guardò intorno: caldo, tranquillità, e il cuore che le diceva di non scappare.
“Va bene… resto.”
Lei sul divano, lui in cucina. Ma al mattino si svegliarono già insieme.
Quando Valentina tornò dall’influenza, vide subito Tommaso che aspettava Raffaella alla fine del turno.
“Guarda un po’ questa! Io malata e tu che ti porti via il mio ammiratore!” rideva.
Ma in fondo era contenta. Perché Raffaella felice era come il sole: il suo calore scaldava tutti. E la felicità, quando è vera, si vede da lontano. E anche le costolette e le polpette quella settimana andarono a ruba.