Allora, mi riporterete all’orfanotrofio?

” Allora, mi riporterete all’orfanotrofio? Quella zia ha detto che vi siete affrettati a prendermi perché non sapevate che sarebbe nato un bambino. Ma io non sono vostro

Lucia stava accanto al fornello, cuocendo le crespelle. Presto suo marito sarebbe tornato dal lavoro e avrebbero cenato insieme, tutti in famiglia.

Davvero strano che Paolo oggi giochi così silenzioso nella sua stanza. Di solito, quando Lucia preparava le sue crespelle preferite, il piccolo le girava intorno, fissandola con occhi imploranti e chiedendo:

Mamma, posso averne ancora una?

Lucia gliene dava una, anche se Paolo ne aveva già mangiate tante, ma poco dopo tornava, con voce dolce e piena di desiderio:

Mammaaa, per favore, ancora una?

Lucia capiva che non era fame, ma il bisogno di pronunciare quella parola così bella e calda: mamma. E spesso, allora, metteva da parte la spatola e lo prendeva in braccionon era ancora troppo pesante, aveva solo cinque anni. Gli diceva: Andiamo a prendere papà dal lavoro?

E Paolo, raggiante, ripeteva:

Sì, mamma, andiamo a prendere papà! Nei suoi occhi brillava una gioia pura. Non era ancora abituato a quelle parole meravigliosenon aveva mai avuto una mamma e un papà, fino a quel momento.

E poi, ora aveva una stanza tutta sua, un letto, e persino una parete attrezzata con altaleneglielaveva comprata papà! E poi macchinine, robot, costruzioni, e tanti altri giochi, tutti solo per lui, solo di Paolo. E la sera, la mamma gli leggeva storie, gli accarezzava i capelli e gli diceva che lo amava. Quel amore lo riempiva quasi del tutto, tanto che aveva quasi dimenticato il passato.

Lucia stava per chiamarlo, quando sentì una piccola spinta nel grembo.

Mise una mano sulla panciae la bambina diede un altro colpetto.

Dio santo, ogni giorno Lucia pregava per quel dono inaspettato. Sperava solo che tutto andasse bene. Avevano già scelto un nome: Antonio aveva detto chiamiamola Caterina, come mia nonna.

A Lucia avevano detto che non avrebbe mai potuto avere figli suoi, e così avevano adottato Paolo dallorfanotrofio. E poi, un anno dopoeccola lì, la loro bambina stava per nascere!

Lucia era così persa nei pensieri che rischiò di bruciare una crespella. Allora chiamò il figlio:

Paolo, amore, vieni qui, perché sei così silenzioso oggi?

Ma nessuna risposta. Possibile che non lavesse sentita?

Spense il fuoco e si diresse verso la sua stanza.

Strano, la luce era spenta. Dovera Paolo?

Poi un fruscio. Lucia accese la luce e lo vide seduto sul letto, con la giacca e il cappotto addosso. In mano stringeva uno zaino, strapieno delle sue macchinine preferite.

Che fai al buio? chiese ridendo. Su, togliti il cappotto, dove pensi di andare? In viaggio? Vieni, le crespelle sono pronte, con panna e nutella, su!

Ma Paolo non sorrise. Fissava il vuoto con uno sguardo troppo adulto, poi domandò:

Posso portarmi via queste macchinine? Tanto a lei non serviranno, no?

Paolo, cosa dici? Cosa ti è successo? Dove vuoi andare? Le parole del bambino le gelarono il cuore. Era forse una cattiva madre? Paolo non sentiva il suo amore? Forse era geloso della sorellina? Ma solo il giorno prima era così felice.

Mi riporterete allorfanotrofio? Quella zia ha detto che vi siete affrettati a prendermi perché non sapevate che sarebbe nato un bambino. Ma io non sono vostro

Gli occhi di Paolo erano lucidi, cercava di non piangere, ma il dolore era troppo grande.

Paolo, tesoro, ma che dici? Quale zia? E allora Lucia ricordò. Qualche giorno prima aveva incontrato la vicina, che aveva detto: Grazie a Dio avrete presto un figlio vostro. Poi aveva stretto le labbra e lanciato unocchiata a Paolo. Vi siete affrettati, Lucia, troppo in fretta!

Lucia aveva pensato che Paolo, così piccolo, non avesse capito. Aveva tagliato corto con la maleducata vicina, senza litigarci davanti al figlio. Ma Paolo aveva capito tutto.

E ora credeva di essere un intruso, un peso.

Lucia lo strinse a sé. Lui prima cercò di respingerla, poi scoppiò in lacrime.

Piccolo mio, quella donna non sa nulla! Io e papà ti amiamo più di ogni altra cosa, non ti manderemo mai via!

Gli tolse il cappotto e lo tenne stretto a lungo, in silenzio.

Quando nacque Caterina, Paolo e Antonio rimasero a casa mentre Lucia era in ospedale. Poi andarono tutti insieme a prenderla.

Paolo era nervoso. E se alla sorellina non fosse piaciuto?

Ma quando la vide, così piccola, sorrise teneramente. Mamma, come farà senza un fratello maggiore? Le insegnerò a giocare con le macchinine, staremo così bene insieme!

Da allora, non si staccava mai da lei, aspettando il giorno in cui avrebbe condiviso con lei la stanza.

Intanto, era laiutante più devoto di sua madre.

Quella sera, Lucia lo chiamò: Paolo, vieni, ho preparato Caterina, andiamo a prendere papà!

Lui era già pronto, in piedi nel corridoio. Mamma, tengo io la porta, esci pure con la carrozzina!

Scesero con lascensore e, mentre uscivano, la stessa vicina entrò nel palazzo.

Paolo strinse più forte la mano di sua madre, ma poi, con aria fiera, disse: Sono un uomo, aiuto io la signora. Le chiamò lascensore e corse a raggiungere la mamma.

Domani era festa, sarebbero andati tutti insieme al parco. Peccato che Caterina fosse ancora troppo piccola, ma presto sarebbero saliti insieme sulle giostre. E Paolo, da bravo fratello maggiore, lavrebbe tenuta stretta se avesse avuto paura. Perché sarebbero stati fratello e sorella, per sempre.

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