Dopo il matrimonio, la vita tra me e mia moglie è andata a meraviglia. Ci siamo sposati con lidea di vivere con i suoi genitori. In quel periodo, i miei genitori si trasferivano al mare e vendevano il loro appartamento, dividendo i soldi tra me e mia sorella. Con quei soldi e con laiuto economico di mio suocero, siamo riusciti a comprare un grande monolocale a Milano, dove abbiamo costruito una parete divisoria per creare due stanze. Pensavamo che una sarebbe stata per un bambino, ma per qualche motivo non è mai successo.
Allinizio semplicemente non volevamo, poi le nostre carriere hanno preso il volo e non avevamo tempo. Poi, alla fine, non ci siamo riusciti, e mia moglie si è rifiutata di andare dal medico. Anche io non ero particolarmente entusiasta allidea di avere figli. Vivevamo felici insieme e nessuno dei due si preoccupava troppo di chi ci avrebbe portato un bicchiere dacqua in vecchiaia. Anche gli amici che già avevano figli hanno avuto un ruolo importante: erano sommersi dai debiti e non sembravano felici. Così, alla fine, abbiamo deciso che potevamo farne a meno, se le cose stavano prendendo quella direzione.
Quando entrambi avevamo trentatré anni, io e mia moglie abbiamo investito in un piccolo condominio a Firenze. La somma non era enorme, quindi abbiamo deciso di rischiare, anche se molti ci sconsigliavano. Nonostante tutto, a trentasette anni avevamo un appartamento pronto per essere affittato. Abbiamo fatto piccoli lavori per renderlo perfetto. Mia moglie diceva che era unassicurazione per il futuro, nel caso avessimo figli, oppure, in caso contrario, avremmo lasciato tutto ai nipoti.
Per il momento, abbiamo deciso di affittarlo. Abbiamo provato a gestirlo da soli, senza un agente immobiliare. Per avere più visibilità, ne abbiamo parlato con alcuni amici, chiedendo consigli su dove pubblicare lannuncio. E allimprovviso è arrivata la domanda scomoda: se i nostri amici con figli potessero trasferirsi lì. Vivono da anni in affitti in condizioni disastrose, e ora vedevano un edificio nuovo, ben ristrutturato, e speravano persino in uno “sconto”.
È stato un errore parlarne con loro. Non immaginavamo che qualcuno avrebbe voluto affittarlo.
“Cè solo una stanza, siete una famiglia troppo numerosa,” ha provato a dire mia moglie.
“E allora? Viviamo in un monolocale. Dalle vostre foto si vede che il vostro è più spazioso.”
“Ma è nuovo, e voi avete bambini e un gatto…”
“Che, pensate che siamo dei selvaggi e lo distruggeremo?”
Abbiamo detto che dovevamo pensarci, anche se io, personalmente, non avevo dubbi. Ero stato a casa loro e avevo visto il caos. Alla fine, mia moglie mi ha scaricato il compito di chiamarli e rifiutare, inventando scuse banali.
La risposta che ho ricevuto è stata questa:
“Avete un secondo appartamento, i vostri genitori un giorno vi lasceranno il loro, e ancora non vi basta? Sarete lì, con le vostre case, a invecchiare senza figli, senza amici e senza gioia!”
Ma è una risposta giusta? Non gli dobbiamo nulla. Non è colpa nostra se hanno figli senza avere una casa stabile o il sostegno dei genitori, e ora non sanno dove andare. Ognuno vive come vuole, perché noi non possiamo affittare a uno sconosciuto a prezzo di mercato, invece di fare sconti e favori agli amici?
Alla fine, la lezione è chiara: a volte, anche le relazioni più strette possono diventare complicate quando si parla di soldi e proprietà. È giusto fissare dei limiti e non sentirsi in colpa per le scelte che fanno stare bene la propria famiglia.





