AMORE CHE È SVANITO.

L’AMORE È FINITO.

«Perché sei così silenziosa e pensierosa stasera?» chiese Vittorio alla moglie, seduto al tavolo della cucina in un tardo pomeriggio.
La moglie, Gemma, gli porse senza parlare la cena riscaldata.
«Anche oggi torni tardi?» sussurrò lei, con voce stanca.
«Ho preso degli straordinari… alla fine del trimestre avrò il bonus.»

Vittorio, un impiegato di banca di trentacinque anni, dall’aspetto robusto e ancora giovane, era appena rientrato dal lavoro. A casa lo aspettavano la moglie e le loro tre figlie: di sei, quattro anni e una appena nata. Da un po’ di tempo, anzi, da quasi due anni ormai, cercava di rimanere il più possibile lontano da quell’appartamento: si fermava in ufficio, camminava senza meta per le strade di Roma… solo a notte fonda rientrava. Non sopportava più le urla delle bambine, il caos, i pannolini, le tutine… il pianto notturno e la moglie, sempre occupata con le figlie, trascurata: avvolta in un vecchio accappatoio, i capelli raccolti in una coda malferma, silenziosa, con profonde occhiaie viola.

Quando si era sposato, sette anni prima, con quella splendida e vivace collega, avrebbe mai immaginato che la vita coniugale si sarebbe trasformata in un peso così opprimente? No, i primi anni erano stati felici: era nata la prima figlia. Lui aveva cercato di aiutare Gemma in casa, di darle qualche ora di libertà nel weekend, così che potesse andare dal parrucchiere o farsi la manicure. Poi, passato un anno, lei era rimasta incinta di nuovo: avevano deciso di sbrigarsela subito con due figli, per non pensarci più. Ma la seconda bambina era stata difficile: pianti inconsolabili fino all’alba, e Vittorio arrivava in ufficio con gli occhi arrossati dalla stanchezza. Dopo sei mesi, la piccola si era calmata, e la vita era diventata più sopportabile. Le bambine erano andate all’asilo, la moglie aveva ripreso a lavorare… e poi, sorpresa: Gemma era incinta di nuovo.

Lui si era opposto, ma lei aveva cominciato a versare lacrime di coccodrillo, montando una scenata. «Un altro figlio? Dove lo mettiamo?» l’aveva supplicata. «Ci sono metodi moderni, operazioni minime… possiamo pagare una clinica privata.» Ma Gemma era stata irremovibile. Alla fine si era arreso, sperando almeno in un maschio.

La gravidanza era stata complicata, con la moglie spesso ricoverata. E lui era rimasto solo con le due bambine: asilo, passeggiate, lavatrici, pulizie… Nessun aiuto: i suoi genitori vivevano lontanissimi, in un paesino delle Dolomiti, e sua madre, anziana e malata, aveva bisogno più di cure che di dare sostegno.

E poi era arrivata la terza, un’altra neonata instancabile, che si calmava solo tra le braccia di Gemma. La moglie non la lasciava mai.

Piano piano, Vittorio aveva cominciato a capire che non gli andava più di tornare a casa.

«Che ho visto in questi sette anni? Il primo anno andavamo ancora al cinema, alle mostre, nei caffè, perfino al mare in vacanza… e poi? Solo figlie, pianti, pannolini…» gli ronzava in testa.

Non desiderava più sua moglie, l’intimità con lei non lo attirava… Tornava tardi, quando le bambine erano già nei lettini… Evitava di guardarla, le faceva pena: ma ancor più gli faceva pena sé stesso. Doveva decidere qualcosa. Non poteva continuare così.

In ufficio, i colleghi vantavano viaggi alle Maldive, weekend a Venezia, e tutti gli chiedevano quando avrebbe portato la sua famiglia al mare, visto che lo stipendio non era male. Lui abbassava lo sguardo: come poteva dire che era pronto a scappare, anche solo per qualche giorno?

«Vittorio… sono incinta di nuovo» disse Gemma a bassa voce, lasciandosi cadere sulla sedia.

L’uomo si bloccò, il cucchiaio di minestra sospeso a mezz’aria.

«Ma sei impazzita? Non ricordo nemmeno l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore!» urlò.

«Sono già alla dodicesima settimana… non si può più fare nulla.»

«Hai perso la testa! Basta, ne ho abbastanza. Questa non è vita, è un incubo! Guardati… che fine hai fatto? Quand’è l’ultima volta che sei andata dal parrucchiere? Dicevi che prendevi le precauzioni! Sembri una mummia… non ti sopporto più. Me ne vado. Resta pure qui con le bambine, fa’ quello che vuoi!»

«Dove vai? E noi?» Gemma aveva la voce spezzata, una lacrima che le scivolava lungo la guancia.

«Tieni l’appartamento e tutto il resto. Prenderò solo la macchina e andrò da mia madre. Non ti voglio più vedere» urlò lui, ancora più forte.

Si alzò di scatto e attraversò la stanza a passi rapidi, diretto alla porta.

«Nemmeno nei peggiori incubi avrei immaginato una cosa del genere. Non è vita, è una galera» ruggì, uscendo di casa in fretta.

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