**PROTETTI DALL’AMORE**
L’incontro tra Chiara e Matteo era scritto nel destino, disegnato tra le stelle.
Matteo non aveva mai conosciuto suo padre. Era cresciuto con la madre e la nonna. Quando, da piccolo, chiedeva del papà, sua madre borbottava qualcosa di vago: «Tuo padre è un geologo, sempre in giro per il mondo a cercare minerali preziosi». Una volta, però, esasperata, gli aveva urlato: «Matteo, tu un padre non l’hai mai avuto!».
Da bambino, Matteo aveva accettato quelle spiegazioni senza dubbi. Ma, crescendo, aveva voluto sapere la verità. Dopotutto, non era nato per miracolo! La nonna, in segreto, gli aveva svelato che sua madre, anni prima, era tornata da un viaggio di lavoro con un bambino in grembo: lui.
Matteo aveva sorriso, sollevato. Almeno non era stato trovato sotto un cavolo! Aveva deciso che, prima o poi, avrebbe conosciuto suo padre, che lui lo volesse o no. «Sono pur sempre suo figlio!». E, in cuor suo, aveva fatto una promessa: «Avrò una famiglia vera. Una moglie, dei figli. Una sola moglie, e tanti bambini».
Anche Chiara non aveva conosciuto l’affetto di un padre. I suoi genitori si erano separati quando lei non aveva nemmeno due anni. Al posto del papà, era arrivato il patrigno. Un uomo buono, ma… aveva sempre paragonato Chiara ai suoi figli del primo matrimione. La cosa la irritava. L’unico amore che Chiara poteva contare era quello della madre.
Crescendo, Chiara aveva pensato: «Se mi sposerò, sarà una volta sola. E per sempre. Basterebbe trovare l’uomo giusto».
E l’uomo giusto arrivò.
Era la vigilia di Natale. Gennaio, il freddo mordeva l’aria, la sera. Una libreria. Chiara e Matteo in fila alla cassa, entrambi con in mano un libro di Alessandro Manzoni. I loro sguardi si incrociarono. E Matteo non esitò. La tempestò di complimenti, di domande garbate. Non poteva lasciarla andare. Quella doveva essere sua moglie. Lei. Nessun’altra.
Chiara non flirtò. Si sentiva a casa con quel giovane impetuoso. Come se lo conoscesse da una vita. Ma, ragazza perbene, non era abituata a fare conoscenze strane. Matteo apprezzò la sua riservatezza e propose di scambiarsi i numeri. Chiara prese il suo, ma non gli diede il suo. «Ti chiamo dopo le feste», promise, evasiva.
Matteo non poteva perdere quel dono del cielo. Si salutarono, ma lui la seguì di nascosto, scoprendo dove abitava.
Le feste passarono in un turbinio di emozioni. Matteo camminava sulle nuvole. Aveva trovato il suo amore e l’avrebbe amata per sempre.
Ma le feste finirono, e Chiara non chiamò. Matteo si agitò e passò all’azione. Mise il suo libro di Manzoni nella buca delle lettere di Chiara. Lei avrebbe capito?
Quella sera stessa, Chiara lo chiamò, indignata:
«Ciao, Matteo! Perché non mi hai chiamato? Ti stavo aspettando!»
«Chiara, io non ho il tuo numero. Ti avrei chiamato subito. Non ricordi? In libreria, non me l’hai voluto dare». Matteo sorrideva, felice.
«Eppure mi hai trovato lo stesso!» ribatté lei.
«Logica femminile», pensò Matteo. Ma era felice: Chiara non era indifferente.
Non persero tempo. Si sposarono in chiesa e in municipio. Come poteva essere altrimenti? Avevano tutto in comune: un amore puro e profondo, il desiderio di una famiglia numerosa, la passione per Manzoni. Non bastava?
Su quelle solide basi, costruirono la loro vita.
Chiara insegnava letteratura all’università, Matteo era un programmatore di talento.
Dopo un anno, nacque Sofia. Due anni dopo, arrivò Leonardo. Tutto filava liscio.
Matteo non aveva dimenticato suo padre. Grazie a internet, lo trovò tra decine di omonimi. Vivevano a Roma. Si scrissero, e il padre lo invitò a casa.
L’incontro fu commovente. Suo padre aveva un’altra famiglia, ma non aveva mai dimenticato Matteo.
«Sono felice che tu mi abbia trovato, figlio mio. Ora ci terremo in contatto», lo abbracciò.
Matteo, orgoglioso, gli presentò la sua famiglia. «Guarda, papà, sei già nonno due volte. E non è finita qui».
Suo padre era un professore di medicina.
Matteo tornò a casa raggiante. Suo padre gli era piaciuto: un uomo sincero, affettuoso.
Ma le responsabilità familiari rendevano difficile vedersi spesso. Col tempo, i contatti si diradarono.
Sofia e Leonardo crebbero. Chiara decise di completare il dottorato. La nonna e la madre erano dottoresse in filosofia. Lei non voleva essere da meno.
Scelse un argomento simbolico: Manzoni. Preparò tutto con cura, raccolse materiali.
Matteo la sostenne, aiutò in casa. Tre anni di sacrifici. E in quel periodo, nacque Vittoria.
Il dottorato fu rimandato.
Quando Vittoria iniziò l’asilo, Chiara riprese la ricerca. La laurea era a portata di mano…
Ma all’improvviso, Matteo si ammalò. Una malattia rara, pericolosa. I medici non sapevano cosa fare. Matteo peggiorava giorno dopo giorno. A Chiara dissero che le speranze erano poche. Matteo aveva solo quarant’anni.
Il dolore di Chiara era indicibile. Matteo, consapevole della fine, le chiese perdono: «Mi dispiace non poterti aiutare con i bambini…».
Chiara piangeva in silenzio. E sapeva che dentro di lei c’era una nuova vita. Non glielo disse, per non farlo soffrire ancora.
Nel cuore, rifiutava di credere che la felicità potesse finire così. Perché?
«Matteo, guarirai! Non ci lascerai soli! Devi vivere!» singhiozzava al suo fianco.
Chiamò il padre di Matteo, quella «luce» della medicina. Lui arrivò di corsa.
Visitò Matteo, scosse la testa. Prese Chiara da parte.
«La medicina ufficiale non può aiutarlo. Gli darò qualche cura palliativa, ma…».
Chiara sperava in una magia, in una pillola miracolosa. Ma nulla.
Scoppiò in lacrime. L’ultima speranza era svanita.
«Basta piangere», disse il professore. «Ti darò l’indirizzo di un erborista. Lui mi ha salvato anni fa. Prova».
Il mattino dopo, Chiara andò dall’erborista. Gli mostrò le analisi.
L’uomo le diede delle boccette con un liquido verde. «Seguite questa cura. Tra dieci giorni, tornate con tuo marito. Continueremo».
«Con lui? È a letto!»
«Ragazza, hai sentito? Non c’è medicina per la morte, ma tuo marito è vivo. Tornerai con lui. Te lo prometto».
Chiara uscì, tentata di buttare tutto. «Erbe? Assurdo!». Ma ci provò.
Dieci giorni dopo, Matteo e Chiara tornarono insieme. Un mese dopo, lui tornò al lavoro. Un miracolo? L’erborista non rivelò mai la diagnosi. Ripeteva solo: «Perdonate tutti, non invidiate nessuno».
Chiara diede alla luce un altro bambino: Lorenzo.
Sofia, Leonardo, Vittoria, Lorenzo. Sembrava una famiglia uscita da un romanzo dell’Ottocento!
Matteo e Chiara erano felici. CustE vissero per sempre protetti dall’amore, sapendo che ogni giorno insieme era un dono prezioso.






