Lamore è arrivato allimprovviso, ma qualcosa è andato storto
Una sera, mentre tornava dal lavoro passando come al solito da un piccolo parco, a Caterina cadde letteralmente tra i piedi, sbucando da un cespuglio, un cagnolino minuscolo. Era paffuto e tondo come una palla di burro.
«Oddio, ma da dove spunti, tesorino?» si stupì, chinandosi verso di lui.
Lui guaiva felice, scodinzolando con la sua coda minuscola e strofinandole il muso contro le scarpe da ginnastica. Caterina lo sollevò tra le braccia, e quello la fissò con occhi così devoti e malinconici che non poté lasciarlo lì.
Arrivò a casa con il cucciolo in braccio, aprì la porta dellappartamento e lo posò a terra. Lui iniziò subito a esplorare la nuova dimora.
«E adesso cosa faccio con te? Non ho la minima esperienza con i cani oh, e poi devo pure trovarti un nome!» Si mise a pensare a come chiamarlo, senza neanche sapere che razza fosse e quanto sarebbe cresciuto. Intanto lui continuava a annusare ogni angolo. Quando si voltò per controllare dove fosse, non lo vide subito.
«Ehi, dove ti sei cacciato, eh, Ciccio?» lo chiamò, e lui rotolò fuori da dietro il mobile del televisore. «Oh, allora sei Ciccio! Hai risposto al nome, quindi dora in poi sarai Ciccino, e se diventerai gigante, ti chiameremo Pacifico.»
Il cucciolo aveva fame e piagnucolava. Caterina andò in cucina, e lui la seguì. Apri il frigo, ma non trovò nulla di adatto per lui.
«Devo almeno comprare del latte,» pensò, «anzi, meglio andare al negozio di animali, che è proprio di fronte a casa, e chiedere consiglio.»
«Allora, Ciccio, vado a fare spesa, tu hai fame, torno subito, aspettami,» gli disse, agitando la mano prima di uscire e chiudere con cura la porta. Il cagnolino avrebbe voluto seguirla.
Al negozio, Caterina si rivolse al commesso, spiegando la sua situazione complicata.
«Non ho idea di cosa dargli da mangiare, mi sono presa una responsabilità enorme.»
«Nessun problema, ce la farà! Le spiego tutto, e poi cè sempre internet per aiutarla.»
Tornò a casa con le borse piene di cibo per cuccioli, seguendo i consigli del negozio. Giorno dopo giorno, il piccolo cresceva, e Caterina imparava sempre di più su come prendersi cura di lui, persino a portarlo a spasso con il guinzaglio, terrorizzata allidea di perderlo.
«Ciccio, no! Ciccio, basta!» gli insegnava i comandi.
La sua preoccupazione più grande era quando era al lavoro:
«Chissà cosa combinerà stavolta Ciccio cosa si sarà mangiato?»
Ciccio diventò un grande Pacifico. Non proprio un gigante, ma comunque un cane robusto, di razza indefinita, marrone e a pelo corto. La vicina di casa, Rosaria, che aveva un pastore tedesco di razza e se ne intendeva, le disse:
«Caterina, probabilmente è un incrocio tra un labrador e chissà cosa, ma somiglia molto a un labrador.»
«Be, pazienza, è quello che è,» rispose Caterina sorridendo. «Non sono io che ho scelto lui, è lui che ha scelto me.»
Passò un anno, e continuava a chiamarlo Ciccio, tranne quando era severa: allora diventava Pacifico. Era un cane ubbidiente, seguiva ogni comando. La mattina e la sera portava a spasso la padrona, come lei stessa diceva a tutti ridendo.
«Pacifico, per colpa tua non posso dormire nemmeno nel weekend. Mi svegli puntuale come una sveglia. Eh, sei il mio allarme personale,» gli diceva carezzandogli la testa e la schiena.
Ma Pacifico adorava i fine settimana, quando andavano al parco vicino al lago, dove cera unarea cani. Lì si scatenava, e tornava a casa lentamente, con la lingua penzoloni. Pacifico era un amico fedele, la consolava nei momenti tristi e viceversa. Caterina non riusciva più a immaginare la sua vita senza di lui.
Poco prima che Pacifico la trovasse nel parco, aveva lasciato il suo ragazzo, Luca. Avevano vissuto insieme per un anno nel suo appartamento, litigando senza sosta. Caterina non riusciva a far capire a Luca limportanza dellordine. Appena tornava dal lavoro, si toglieva le scarpe in ingresso e le lasciava in mezzo alla strada. La giacca non la appendava mai, la buttava sul divano. Allinizio Caterina sistemava tutto da sola, ma poi glielo fece notare.
«Luca, cè un posto per ogni cosa, per favore metti la giacca al suo posto e le scarpe anche. Non sono la tua governante.»
«Ma che fretta cè? Tanto domani le rimetto,» rispondeva lui.
Non aveva mai conosciuto nessuno così disordinato. Se si lavava i denti, il dentifricio finiva ovunque: sul lavandino, sullo specchio, persino sul pavimento del bagno. Lasciugamano non lo rimetteva mai al suo posto. Non lavava i piatti dopo aver mangiato. Non riuscì mai a cambiarlo, e dopo unennesima lite, lo cacciò di casa per evitare guai peggiori, visto che ormai reagiva male a ogni rimprovero. In più, era terribilmente geloso: la controllava, le chiedeva dove fosse stata, chi lavesse chiamata.
Lappartamento di tre stanze in centro le era stato lasciato dalla nonna, che ora, malata, viveva con i genitori di Caterina. Lappartamento era stato del nonno Gregorio, un chirurgo, morto giovane per un infarto.
Caterina lavorava in un ufficio vicino a casa, e ne era felice, perché così poteva tornare presto da Pacifico. Al suo arrivo, lui era già seduto davanti alla porta, paziente. Lei gli metteva il guinzaglio e uscivano. Cercava di fare la spesa durante la pausa pranzo, così il cane non doveva aspettare troppo.
Nella sua vita era apparso allimprovviso Massimo, proprio quando non voleva saperne di relazioni, ancora scottata dalla precedente. Ma, come si suol dire, lamore arriva quando meno te laspetti, e il suo cuore si sciolse.
La storia con Massimo fu travolgente. Caterina aveva ventisei anni, lui trenta. Si innamorò e si sentì incredibilmente felice.
«Ma è possibile?» si chiedeva. «Niente litigi, niente interrogatori, tutto semplice e leggero.»
Massimo non faceva scenate, era taciturno, parlava solo quando necessario e le faceva sorprese. Dopo qualche tempo si sposarono. Ma cera una cosa che rattristava Caterina: il suo rapporto con Pacifico.
Dopo il matrimonio, si pose il problema di dove vivere. Litigarono per la prima volta. Il suo appartamento era in centro, e affittandolo, avrebbero potuto vivere senza lavorare. Quello di Massimo invece era modesto, ma con una ristrutturazione poteva andare bene.
«Facciamo i lavori da te e traslochiamo,» propose lei, ma lui si oppose.
«Solo senza il cane. Non mi piacciono gli animali, e il tuo Pacifico non fa eccezione.»
Caterina non capiva come si potesse non amare gli animali. E Pacifico, tra laltro, era totalmente indifferente a Massimo. Ovviamente non aveva intenzione di abbandonare il suo fedele amico, e dopo lunghe discussioni, rimasero nel suo appartamento. Lui però le disse subito:
«Non