AMORE SVANITO.

**L’AMORE È FINITO**

— Perché sei così quieta e pensierosa stasera? — chiese Luca alla moglie, seduto al tavolo della cucina a tarda notte.

La moglie, Silvia, gli servì in silenzio la cena riscaldata.

— Oggi sei tornato di nuovo tardi… — sussurrò lei.

— Avevo del lavoro extra… alla fine del trimestre avrò il bonus.

Luca, un impiegato di banca di trentacinque anni, un uomo ben piantato e dall’aspetto giovanile, era appena rientrato dal lavoro. A casa lo aspettava la famiglia: la moglie e tre figlie — di sei, quattro anni e una neonata. Ultimamente, da quasi due anni ormai, non aveva più voglia di tornare a casa. Si fermava in ufficio oltre l’orario, passeggiava per le strade di Milano… e rientrava solo a notte fonda. Lo stavano stancando le urla delle bambine, il caos, i pannolini, le tutine… il pianto notturno e la moglie, sempre presa dai figli, trasandata: in un vecchio accappatoio, con i capelli raccolti in una coda, silenziosa e con le occhiaie viola.

Quando sette anni prima aveva sposato quella bellissima e vivace ragazza del suo reparto, avrebbe mai immaginato che la vita coniugale sarebbe diventata un peso così grande? Un tale fallimento? No, i primi anni erano stati felici: era nata la prima figlia. Cercava di aiutare la moglie con le faccende, di darle qualche ora libera nel weekend per andare dal parrucchiere, a farsi le unghie. Dopo un anno, però, Silvia era rimasta incinta di nuovo — avevano deciso di avere subito due figli, per togliersi il pensiero. La secondogenita era stata una bambina irrequieta: piangeva disperatamente fino ai sei mesi, e lui arrivava in ufficio con gli occhi rossi per la stanchezza. Passati quei mesi, la piccola si era calmata, e la vita era tornata più dolce. Le bambine erano state iscritte all’asilo, e Silvia aveva ripreso a lavorare… finché la sorpresa: un’altra gravidanza.

Lui si era opposto. Ma lei aveva pianto lacrime di coccodrillo, era andata su tutte le furie. Aveva resistito a lungo: «Dove lo mettiamo un altro figlio? — la supplicava. — Queste sono ancora piccole… Oggi ci sono metodi moderni, operazioni minime… Possiamo permettercelo.»

Ma Silvia era stata irremovibile. Alla fine lui aveva ceduto — si sarebbe sobbarcato un terzo figlio. Sperava in un maschio.

La gravidanza era stata complicata, lei spesso ricoverata. E lui era rimasto con le due bambine: l’asilo, le passeggiate, il bucato, le pulizie… Nessuno ad aiutarlo: i suoi genitori vivevano a migliaia di chilometri, nel Nord. Lui aveva solo la madre anziana e malata, che già aveva bisogno di cure.

Anche il terzo bambino era stato difficile — piangeva di notte, si calmava solo in braccio a Silvia, che non lo posava mai.

Pian piano, Luca aveva cominciato a non voler più tornare a casa.

«Che ho visto in questi sette anni? Il primo anno ancora andavamo al cinema, al bar, a qualche mostra, persino in vacanza al mare… e poi??? Bambini, pianti, pannolini, tutine…» gli ronzava in testa.

Non desiderava più sua moglie come donna, l’intimità con lei non lo attirava… La sera cercava di rientrare tardi, quando le figlie erano già a letto… non sopportava neanche di guardarla. Le faceva pena — che fine aveva fatto la bella ragazza di un tempo? Ma ancora di più faceva pena a se stesso — doveva decidere qualcosa. Non poteva sopportare quella vita.

Al lavoro, i colleghi si vantavano dei viaggi, delle vacanze alle Maldive, e tutti gli chiedevano quando lui, padre di famiglia, avrebbe portato le sue donne al mare, visto che il suo stipendio non era male. Lui non rispondeva: come poteva dire che era pronto a scappare lontano da loro anche solo per qualche giorno, meglio ancora per mesi?

— Luca… sono incinta di nuovo — disse Silvia piano, sedendosi lentamente sulla sedia.

L’uomo rimase pietrificato, il cucchiaio di minestra sospeso a mezz’aria.

— Ma sei impazzita? Non ricordo nemmeno l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore! — urlò.

— Sono già dodici settimane… non si può fare più nulla — continuò lei a bassa voce.

— Hai perso la testa! Basta, ne ho abbastanza. Non è vita, è un inferno! Guardati un po’… cosa sei diventata? Quand’è l’ultima volta che sei andata dal parrucchiere?

Dicevi che prendevi le precauzioni!!! Sembri una mummia… Non ti voglio più vedere. Me ne vado. Resta pure sola con i bambini e arrangiati!

— Dove vai? E noi? — mormorò Silvia, con una lacrima solitaria che le scivolò sulla guancia.

— Ti lascio l’appartamento e tutto quello che c’è dentro. Prenderò solo la macchina e andrò da mia madre — vivrò lì. Non ti sopporto più — gridò ancora più forte.

Si alzò di scatto e si diresse verso la porta d’ingresso.

— Nei peggiori incubi non avrei immaginato una cosa del genere. Non è vita, è una condanna — urlò mentre usciva in fretta dall’appartamento.

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