Anna non ha mai fidato del suo marito

15 aprile 2023
Oggi, con la penna in mano, mi sovviene la storia di Ginevra, la donna che ho sposato e che ha vissuto tutta la sua vita con la prudenza di chi non può più credere negli altri. Non posso fare a meno di chiedermi se, forse, il suo scetticismo fosse la sua più grande forza.

Ginevra non si è mai fidata di me; così ha dovuto contare solo su sé stessa, e questo è stato il tessuto dei nostri primi anni di matrimonio. Io, Vittorio, ero bello come un campo di papaveri in piena fioritura, sempre il cuore della festa, con un bicchiere di vino rosso alla mano, non fumatore, poco interessato al calcio, alla pesca o alla caccia. Bravo, quasi un principe, dicevano gli amici.

Queste mie doti, però, mi rendevano sospetto agli occhi di Ginevra: pensava che trovassi consolazione fuori dalle mura di casa. Uomo di buona famiglia, non era facile trovare una casa di fuoco così. E, come dice il proverbio, chi non ha lombra, vede il sole. Credeva che le cacciatrici fossero sempre in agguato.

Lunica cosa che la rasserenava era il nostro figlio, Stefano. Io lo adoravo con una passione che sembrava quasi sacra; passavo ogni momento libero al suo fianco. Questo amore paterno, la convinceva che fosse sufficiente a tenere insieme la famiglia.

Da bambina, Ginevra era stata soprannominata Ginevrettina a scuola per i suoi capelli rosso fuoco e le lentiggini disseminate sul viso come petali di rose. Sua madre, Bella, una bellezza classica, le ripeteva: Ginevra, sei come lanatra brutta. Scusa il paragone, ma è la cruda verità. Nessuno ti prenderà in moglie, quindi dovrai imparare a stare in piedi da sola. Studia, lavora, e se qualche uomo ti troverà degna, sii una moglie docile.

Ginevra ha impresso queste parole per tutta la vita. Dopo il diploma doro, è entrata alluniversità di Bologna, dove ha incrociato il mio sguardo. Non sapevo perché mi fosse piaciuta; solo più tardi mi ha confidato che era lunica ragazza a cui non avesse avuto paura di avvicinarsi. Non usavo trucchi né trucchi da balia, vestivo modestamente, e non mi piaceva fare il corteggiatore. Quando ho capito linteresse suo, ho deciso di prendere liniziativa: le ho chiesto di sposarmi. Lofferta, per una donna così riservata, è stata uno shock, ma io le ho promesso di essere umile, fedele e docile. Lamore arriverà col tempo, le ho detto. Alla fine, ho accettato, incoraggiato dalla madre di mia moglie, la signora Vittoria Orazia, che al primo incontro lha guardata con disprezzo: Che brutto viso, come il sole al tramonto. Ma la sua opinione è cambiata dopo che le ho offerto il mio tè.

Vittoria Orazia era una donna sola: il primo marito laveva abbandonata per una nuova fiamma, poi era tornato, esausto e sfinito, e la famiglia non lha più accettata. Per anni si è chiesta se perdonare ladulterio o lasciarsi alle spalle. Con il figlio unico a carico, ha infine deciso di sostenere la scelta di Ginevra, consapevole che il nostro amore sarebbe stato messo alla prova.

Un anno dopo, è nato Stefano, un piccolo riflesso del padre: occhi azzurri, capelli scuri, sorriso che ha conquistato la nonna Vittoria. Io mi sono trasformato in una farfalla impazzita sopra di lui, il suo unico scopo di vita. Ma lamore per Ginevra non si è mai risvegliato. Le nostre giornate erano una routine: stiravo le sue camicie, preparavo la cena, lo salutavo con un bacio sulla guancia. Io versavo il mio stipendio intero a casa, le regalavo fiori per il suo compleanno, la baciavo al mattino. Sembrava più un rituale che una storia damore.

Cinque anni dopo, ho incontrato Beatrice, una donna di bellezza celestiale, e mi sono innamorato perdutamente. Il nostro rapporto segreto è durato sei mesi, svolgendosi tra caffè, panchine e appartamenti di amici. Le bugie mi hanno avvolto come una nebbia, e Stefano ha iniziato a vedere in me un padre irritato più che affettuoso. Beatrice mi ha imposto una scelta: Vittorio, o ti sposi con me, o rimaniamo amici. Non ho tempo per vecchie mogli.

Diviso, ho preso il bagaglio e, senza alcuna riflessione, ho lasciato Ginevra e Stefano. Ginevra, tuttavia, non ha dimenticato le parole della madre. Ha capito che il suo dolore non avrebbe dovuto spezzarla, ma guidarla. Ha affrontato il vuoto con la forza di chi ha imparato a contare solo su sé stessa.

Gli anni sono volati. Dopo dodici lunghi anni, Ginevra ha chiuso quel capitolo e, con una nuova energia, è partita per una vacanza al mare, dove ha incontrato temporaneamente un amante senza impegni. Nove mesi dopo, Stefano, ormai giovane adulto, è stato benedetto da una sorellina, Maddalena. Le amiche di Ginevra, rimaste stupite, lhanno accolta al reparto ostetrico con gioia. Con un sorriso, Ginevra ha mostrato il suo neonato avvolto in un fasciatoio rosa: Ciao ragazze, accogliete la piccola Maddalena!.

Un giorno, mentre Ginevra apriva la porta di casa, sentì un trillo insospettabile. Era io, Vittorio, con due valigie strapiene. Maddalena, confusa, ha urlato: È il mio papà!. Ginevra, con gli occhi lucidi, ha risposto: Sì, tesoro, è lui. Io ho preso la bambina tra le braccia, le ho dato un bacio sul naso lentiginoso e ho detto: Ciao, raggiante.

Mi sono inginocchiato, chiedendo perdono, ma Ginevra mi ha fermato, prendendomi il braccio: Benvenuto, caro amaro miele. Sono passati diciassette anni, ma non porto rancore. Abbiamo bisogno di un padre. Stefano, con gli occhi spalancati, osservava la scena.

Da quel momento, il profumo del caffè caldo, le pantofole posate al corridoio, i piccoli gesti quotidiani mi hanno ricordato quanto fosse fragile la nostra vita. Mi sono chiesto più volte: Come posso uscire da questa follia senza ferire chi amo? Le risposte non sono mai venute.

Il vero insegnamento che ho tratto, dopo tutti questi anni di speranze infrante e di ritorni tardivi, è che la fiducia è un dono che si costruisce giorno per giorno, e che non si può pretendere di coltivare un amore dove non cè stato rispetto. Ho imparato che il rispetto per i sentimenti altrui è la base di ogni relazione, e che, quando si infrange il patto, il solo rimedio è la sincerità e lonestà, non le scuse né le scappatoie. Questa è la lezione che porto nel cuore, sperando che chi legge possa evitare le mie stesse trame travagliate.

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