Anna Petroni sedeva su una panchina nel parco dell’ospedale, in lacrime. Oggi compie 80 anni, ma né suo figlio né sua figlia sono venuti a farle gli auguri.

Anna Rossi era seduta sulla panchina del giardino dellospedale di Milano, con gli occhi colmi di lacrime. Oggi compiva ottanta anni, ma né il figlio né la figlia erano venuti a farle gli auguri. Lunica a congratularsi fu la compagna di stanza, Egidia Serafini, che le regalò un piccolo pensierino, e la giovane infermiera Maria le offrì una mela in segno di compleanno. La residenza sanitaria di Verona era dignitosa, ma il personale rimaneva perlopiù indifferente.

Tutti sapevano che gli anziani venivano portati lì dai figli, che li consideravano un peso. Luca, il figlio di Anna, la portò dicendo che doveva riposare e curarsi, ma in realtà la sua presenza disturbava la nuora. Lappartamento era di Anna; più tardi Luca la convinse a firmare una donazione, promettendole che avrebbe continuato a vivere come prima. In realtà la famiglia si trasferì subito nella sua casa e scoppiò una guerra con la nuora, sempre insoddisfatta, che lasciava sporcizia in bagno e non faceva nulla di buono. Luca inizialmente la difendeva, poi smise, iniziando a urlare. Anna notò che i due parlottavano a bassa voce e taciavano non appena lei entrava nella stanza.

Una mattina Luca iniziò a parlare del fatto che doveva riposare e curarsi. La madre lo guardò negli occhi e, con amarezza, chiese: «Mi mandi in una casa di riposo, figlio mio?». Lui arrossì, balbettò e rispose: «Mamma, è solo una struttura sanitaria. Starai qui un mese e poi torneremo a casa». Portò Anna, firmò frettolosamente i documenti e se ne andò, promettendo di tornare presto. Apparve una sola volta: due mele, due arance, chiese come stava e, senza attendere risposta, ripartì.

Anna trascorse lì due anni. Passato un mese, il figlio non fece più ritorno; telefonò al suo vecchio numero di casa e rispose gente sconosciuta: Luca aveva venduto lappartamento e nessuno sapeva dove fosse. Anna pianse per due notti, consapevole che non sarebbe più tornata a casa, e che, anni prima, aveva ferito la figlia per il bene del figlio.

Anna era nata in un piccolo borgo, Borgo San Giovanni. Si sposò con il compagno di classe, Pietro, e vissero in una grande casa con fattoria. Non erano ricchi, ma non mancavano mai. Un giorno un amico di città, Marco, venne a trovarli e raccontò a Pietro quanto fosse bella la vita a Roma: salario alto, casa già pronta. Pietro si infiammò, vendette tutto e si trasferì in città. Gli fu subito data una piccola stanza, comprarono mobili e una vecchia Fiat 500. Con quellauto Pietro ebbe un grave incidente.

Due giorni dopo, al secondo giorno di ricovero, Pietro morì. Dopo il funerale, Anna rimase sola con due figli. Per mettere il cibo in tavola e vestire i bambini, doveva lavare i corridoi degli edifici la sera. Sperava che i figli crescessero e lavrebbero aiutata, ma non avvenne. Il figlio si cacciò in guai, Anna dovette prendere in prestito denaro per evitare la prigione e passò due anni a ripagare i debiti. La figlia, Ginevra, si sposò, ebbe un bambino e per un anno andò tutto bene, poi il figlio cadde spesso malato. Anna lasciò il lavoro per accompagnarlo in ospedale; i medici non riuscivano a fare una diagnosi. Alla fine scoprirono una malattia curabile solo in un unico istituto, con una lunga lista dattesa. Mentre Ginevra andava in ospedale, il marito la abbandonò, lasciandole lappartamento. In un reparto, Anna incontrò un vedovo il cui figlio aveva la stessa malattia. Si piacquero, vissero insieme e, cinque anni dopo, lui si ammalò; aveva bisogno di soldi per lintervento. Anna aveva risparmi e voleva darli al figlio come anticipo per una casa.

Quando Ginevra le chiese i soldi, Anna si sentì in colpa a spenderli per uno sconosciuto, mentre suo figlio ne aveva più bisogno. Li rifiutò. Ginevra ne rimase profondamente offesa e, al momento delladdio, disse che non lavrebbe più considerata madre e che, se avesse avuto bisogno, non sarebbe tornata da lei. Da allora non si parlarono per ventanni.

Ginevra curò il marito, portarono i figli e si trasferirono al mare. Se potesse tornare indietro, Anna farebbe tutto diversamente, ma il passato non si può cambiare.

Anna si alzò lentamente dalla panchina e si diresse verso la residenza. Improvvisamente udì: «Mamma!». Il cuore le balzò in petto. Si girò e vide Ginevra, le gambe traballanti, quasi cadde, ma la figlia la sorprese e la sostenne. «Finalmente ti ho trovata Il fratello non voleva darmi lindirizzo. Lho minacciato in tribunale, così è rimasto in silenzio»

Entrarono nelledificio e si sedettero sul divano del foyer. Ginevra le disse: «Scusami, mamma, per non averti scritto per così tanto tempo. Prima ero offesa, poi rimandavo, era vergognoso. Una settimana fa ti ho sognata, camminavi nel bosco e piangevi».

«Mi alzai, il peso sul cuore era enorme. Lho raccontato a mio marito, mi ha detto di venire e riconciliarti. Sono venuta, ma cerano estranei, nessuno sapeva nulla».

«Ho cercato lindirizzo del fratello, lho trovato. Sono qui. Preparati, andremo insieme. Sai qual è la casa? Una grande villa sulla riva del mare. Mio marito mi ha ordinato: se la mamma sta male, portala da noi».

Anna si strinse alla figlia, piangeva, ma erano lacrime di gioia. «Rispettate i vostri genitori e le vostre madri, così i vostri giorni saranno lunghi sulla terra che Dio vi dona».

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Anna Petroni sedeva su una panchina nel parco dell’ospedale, in lacrime. Oggi compie 80 anni, ma né suo figlio né sua figlia sono venuti a farle gli auguri.