Sei anni di solitudine: la prova degli anni senza lamore.
Giulia si sentiva stanca, esausta. Era sola ormai da sei anni, da quando suo marito laveva lasciata. Sua figlia si era sposata lanno prima e si era trasferita in unaltra città.
Giulia aveva appena quarantadue anniunetà meravigliosa per una donna. Una seconda giovinezza. Era unottima padrona di casa, cucinava divinamente, e i suoi cetrioli sottaceto con pomodori erano considerati dei capolavori. Ma a chi servivano, adesso? Sul balcone, file di barattoli vuoti polverosi aspettavano inutilizzati.
“Morirò sola, io, così bella?” diceva spesso Giulia alle amiche. E loro rispondevano: “No! Cerca un uomo. Ce ne sono tanti di single.”
Una di loro le consigliò di rivolgersi allagenzia “LUomo Perfetto”. Giulia trovò lidea un po assurda e imbarazzanteandare in unagenzia? Ma daltronde, quarantadue anni erano un numero che la infastidiva. Gli antichi orologi della nonna battevano le ore con un ticchettio ansioso, come per ricordarle il tempo che passava.
E così, Giulia si presentò allagenzia. Una signora gentile, con occhiali color lampone, le disse:
“Da noi troverai solo il meglio. Vediamo insieme il database, siediti pure!”
“Sì, sono tutti bellissimi,” sorrise Giulia. “Ma come faccio a capire se è quello giusto?”
“Tutto è organizzato,” rispose la donna. “Ti diamo una settimana. È abbastanza per capire se è lui o no. Vale la pena continuare? O cercare un altro?”
“Che cosa mi date?”
“Un uomo!”
“Come?”
“Così! Una settimana vive con te. Senti, qui non siamo spose timide, parliamo chiaro. Non abbiamo maniaci né pazzi.”
A Giulia piacque subito lidea. Insieme alla signora degli occhiali, scelse cinque candidati. Pagò una piccola somma e tornò di corsa a casa. Il primo sarebbe arrivato quella sera stessa.
Indossò un vestito verdeil colore della speranza. E gli orecchini con diamanti, che tirava fuori dal cassetto così raramente.
Ding-dong! Il campanello suonò.
Giulia guardò dallo spioncino e vide delle rose. Sussultò di gioia. Aprì la porta. Luomo era elegante, proprio come in foto.
Si sedettero a tavola, Giulia aveva preparato di tutto. Mise il mazzo di fiori al centro. Lo osservava di nascosto, pensando: “Basta. Non servono altri. È lui!”
Iniziò con linsalata. Il futuro marito aggrottò la fronte: “Perché è così aceta?” Giulia, imbarazzata, sorrise e gli servì un arrosto. Lui ne prese un boccone: “Duro…” Non gli piacque niente. Nella confusione, Giulia dimenticò il vino che aveva scelto con cura. Ne versò un bicchiere: “Alla nostra conoscenza!” Luomo annusò, bevve un sorso: “Robaccia.” Si alzò: “Be, vediamo comè qui da te…”
Giulia prese le rose e gliele restituì: “Non mi piacciono affatto. Arrivederci.”
Quella notte, Giulia pianse un po. Le faceva male il cuore. Ma ne restavano ancora quattro.
Il secondo arrivò la sera dopo. Entrò sicuro di sé: “Ehilà!” Puzzava di grappa. Giulia chiese: “Hai già parlato del nostro incontro con qualcuno?” Lui sorrise: “Ma dai! Hai la televisione? Iniziano le partite, Inter contro Milan. Parleremo dopo.”
“La televisione la guardi a casa tua,” rispose secca Giulia.
Anche quella notte, pianti solitari.
Il terzo candidato non era un bel vedere: giacca logora, unghie sporche, scarpe fangose. Giulia stava già pensando a come mandarlo via educatamente, ma decise prima di offrirgli da mangiare. Lui mangiò con gusto, lodandola senza ritegno. Giulia si vergognò quasi. Tirò fuori i cetrioli sottaceto.
“Mamma mia!” esclamò. “La cosa più buona che abbia mai mangiato!”
Ed ecco che gli orologi della nonna batterono. Luomo si concentrò: “Che rumore è?” Andò in camera, salì su una sedia e li esaminò: “Li sistemo subito! Hai degli attrezzi?”
Poco dopo, gli orologi suonarono puliti e nitidi. Giulia fu felice di sentire quel suono delicato. Pensò che fosse un segno. Quelluomo doveva diventare suo marito. Era bravo, capace, e se le scarpe e le unghie non erano perfettepoco male, si lavano. Inoltre, era il terzo, un numero fortunato.
Quella notte, Giulia si preparò. Andò dal parrucchiere, stese lenzuola di seta con rose ricamate (in fondo, le amava davvero). Quando uscì dal bagno, lui già russava, vestito. Non le importò. Lo guardò con tenerezza: “Poverino, è stanco.” E si coricò accanto a lui, con delicatezza.
Poi iniziò lincubo. Russava. Maestosamente, rumorosamente, senza sosta. Giulia si coprì con il cuscino, poi glielo mise addosso, lo giròniente. Non dormì tutta la notte.
Al mattino, luomo entrò in cucina, dove Giulia era seduta stravolta: “Allora? Quando porto le mie cose?”
“No, mi dispiace. Sei gentile, ma… no.”
Il quarto, barbuto, le sembrò leroe di un vecchio film sugli esploratori. Gli permise persino di fumare in cucina. Lui tirò una boccata e disse: “Giulia, mettiamoci daccordo subito. Io sono un uomo libero. Amo pescare, uscire con gli amici. E odio quando mi chiedono: dove sei, dove sei? Va bene?”
Giulia lo guardò scuotere la cenere nel vaso dellorchidea. “E con le donne?” chiese.
Lui sorrise: “E perché no? Ho detto che sono libero, no? Normale, per un uomo.”
Dopo di lui, Giulia arieggiò la cucina a lungo. Le doleva la testa, si sentiva svuotata, come se tutta la vita le fosse uscita dal corpo. Non ebbe neanche la forza di lavare i piatti.
Al mattino, aprì gli occhi. Dietro le tende splendeva il sole, i passeri cinguettavano felici. Allimprovviso, si sentì bene. Sabato. Nessuna fretta, nessuno che la disturbava, nessuno che borbottava, russava, fumava. I piatti? Li avrebbe lavati quando voleva. Pace e libertà.
E poi squillò il telefono: “Giulia! Sono de LUomo Perfetto. Oggi cè lultimo candidato, ricordi? È fantastico, sarà sicuramente lui!”
Giulia quasi urlò nel ricevitore: “Cancellatemi! Eliminatemi dallarchivio! Basta! Luomo perfetto è quello che non cè!”
E ridendo, scostò le tende.



