**Lo Specchio Antico, ovvero come il Genero e la Suocera Fecero Pace**
Ero seduto in cucina, sfogliando distrattamente il giornale, quando Angela rientrò tardi. La casa era stranamente silenziosa. Niente voci, niente brontolii familiari.
“Mamma? Luca?” chiamò, sbirciando nelle stanze. Niente.
“Luca sarà nel garage,” pensai. “Ma la suocera… sarà forse partita offesa?”
Misi giù il caffè e uscii in cortile. Dalle porte semiaperte del garage filtrava una luce gialla e si sentivano risate. Entrando, rimasi senza parole.
Luca e mia suocera, Beatrice, erano immersi nel restauro di un antico specchio. Lui verniciava la cornice, mentre lei, con un foulard annodato in testa e un vecchio grembiule, gesticolava spiegando qualcosa con entusiasmo.
“Guarda come risplende il legno!” esclamò Beatrice. “Luca, hai un vero talento!”
“Troppo buona, signora… sono solo piccoli lavori,” rispose lui imbarazzato.
“Piccoli lavori?” sbuffò lei. “Questa è arte pura!”
Mi sedetti su uno sgabello, ancora incredulo. La mattina stessa avevano quasi litigato…
Tutto era iniziato quando Beatrice si era trasferita da noi “temporaneamente” dopo la chiusura della casa di riposo dove viveva da due anni.
“Mamma starà qui solo un paio di settimane,” aveva assicurato Angela. “Finché non riaprono i posti disponibili.”
“Un paio di settimane,” borbottai irritato. “Ma a conviverci sono io.”
Giravo per la cucina, stringendo i pugni, finché non scoppiai: “Potremmo prenderle una stanza in affitto! Ho quasi finito il progetto, ci saranno i soldi.”
“Sei pazzo?” Angela si infuriò. “Vuoi farle credere che la figlia la caccia di casa?”
Poi il campanello suonò. Beatrice era arrivata un’ora prima, “per sistemare tutto.”
Appena varcata la soglia, iniziò subito: “Angela, tesoro, questi tendaggi sono distrutti! E Luca, questo mobile traballa, dovresti aggiustarlo.”
Io me ne andai in bagno senza dire una parola.
In una settimana, la suocera aveva riorganizzato i mobili, lucidato ogni superficie, sistemato tutti i piatti… e rovistato tra i miei documenti.
“Signora Beatrice!” esplosi quando non trovai una cartella importante. “Dove sono le mie carte?”
“Le ho buttate via,” rispose serena. “Erano in disordine. Ora sono tutte nuove e in ordine alfabetico!”
Uscii sbattendo la porta.
Angela cercava di concentrarsi al lavoro, ma i pensieri la riportavano sempre a casa. La mamma inflessibile, il marito testardo… e lei in mezzo.
Quel giorno tornò subito dopo il lavoro. La casa era vuota. Un attimo di panico, poi sentì le voci provenire dal garage.
E ora li osservavo, ancora stupito: quelle due persone che la mattina sembravano nemici ora discutevano di vernici e impregnanti, ridendo come vecchi amici.
“Mamma?” chiamò Angela incerta.
“Eccola finalmente!” Beatrice sorrideva raggiante. “Vedi che mani d’oro ha Luca? E io che brontolavo come una vecchia pazza…”
Prese un piatto di frittelle dal banco da lavoro:
“Le ho fatte per fare pace… e poi ho scoperto un maestro!”
“Non immagini!” esclamò Luca eccitato. “Tua madre sa tutto sul restauro! Io mi rompevo la testa per la finitura, e lei: ‘Usa l’olio di lino’, e subito tutto brillava!”
“Mamma?” fissai incredulo. “Ma hai sempre lavorato in un ufficio…”
“Un hobby, niente di più,” fece lei con un gesto della mano.
“Ma dai!” Luca prese una scatola dipinta. “Guarda i colori che ha tirato fuori! Io ci avrei messo giorni.”
“Ne hai altri pezzi così in campagna?” chiese curioso.
“La casa ne è piena! Cassapanche, armadi, vetrine… Venite a vederli!”
“Andiamoci quest’estate!” si rivolse ad Angela. “Immagina quanti progetti possiamo fare!”
Beatrice batté le mani:
“Davvero? Verrete?”
“Assolutamente!”
Ci sedemmo attorno a un tavolo improvvisato, coperto da una tovaglia a quadri. C’erano le frittelle, una teiera e un vasetto di marmellata.
“Finiamo e vi mostro un altro trucco,” sussurrò la suocera con un occhiolino. “Ho un’idea per la cornice.”
Li guardai, così diversi eppure così uniti. Sentii un nodo alla gola: a volte, la felicità si nasconde nei posti più inaspettati… come in un garage pieno di legno e vernice, dove un genero e una suocera hanno trovato finalmente un terreno comune. **La lezione? Non sempre i contrasti sono quello che sembrano. A volte bastano un vecchio specchio e un po’ di pazienza.**