Una vecchietta con un fagottino tra le mani si preparava alla solitudine… ma ciò che l’attendeva non era il tradimento, bensì la felicità.
A ogni età la vita sa colpire duramente. Soprattutto nella vecchiaia. Quando hai dato tutto ciò che potevi, e poi all’improvviso ti ritrovi solo. Indifeso. Dipendente. Inutile. Peggio della solitudine c’è solo la sensazione di essere stato tradito—da quelli per cui hai vissuto. E Bianca Rossi era certa: il suo momento era arrivato.
Quel giorno, seduta nella sua stanza, ascoltava i rumori provenienti dalla cucina, dove la nuora Luisa si affaccendava, e ripensava al passato. A suo figlio Marco, scomparso ormai da tre anni. Al nipote, partito per Milano per lavoro e che quasi mai chiamava. A se stessa—vecchia, goffa, sempre fuori posto. Si sentiva un peso. Per questo non si stupì quando Luisa entrò nella stanza con un’espressione rigida e una voce fredda:
“Bianca, preparati. Voglio portarti in un posto. Credo ti piacerà.”
La vecchina sentì un brivido lungo la schiena. Il cuore le si strinse, le dita afferrarono i braccioli della poltrona.
“Dove?” riuscì a chiedere con voce roca.
“Lo scoprirà presto,” rispose evasivamente Luisa, evitando il suo sguardo.
Quelle parole confermarono i suoi peggiori sospetti. Bianca sapeva come andavano queste cose. Prima si sopporta, poi ci si infastidisce, e infine—senza clamore—si porta via. In un posto da cui pochi tornano. Dove l’odore di medicine si mescola alla malinconia. Dove nessuno ti stringe la mano o ti chiama “mamma”.
Dopo la morte di Marco, Bianca aveva venduto la sua casa—i soldi erano andati per le cure, gli ospedali, le notti insonni. Quando lui se n’era andato, era rimasta completamente sola. Non aveva dove andare, e Luisa le aveva permesso di restare da lei. I loro rapporti erano sempre stati tesi. Ma la nipotina Elena—la sua luce—amava la nonna sinceramente, e quel affetto rendeva meno amara la sua vecchiaia solitaria.
“Posso salutare Elena?” chiese Bianca, torcendo il lembo della vestaglia tra le dita.
“Certo,” rispose Luisa, sorpresa. “Ma sbrighiamoci.”
Si preparò in fretta. Le sue cose erano poche. Un vecchio fagottino, dove aveva riposto con cura tutto ciò che le era rimasto. Sulla soglia si fermò un attimo, sfiorò lo stipite con una mano, tastò le pareti—come per salutare. Poi seguì Luisa. Con passi minuscoli, lenti, quasi silenziosi.
Per tutto il viaggio, Bianca fissò il pavimento. Non voleva vedere le case, le macchine, le persone che sfrecciavano oltre. Non le importava nulla. Si sentiva come se stesse andando incontro alla sua condanna. Si chiedeva solo perché Luisa l’avesse tollerata così a lungo. Perché non l’avesse cacciata prima.
“Siamo arrivate,” disse Luisa.
La vecchina alzò lo sguardo. E non capì. Intorno a lei, tutto era bello come un quadro: un bosco, un ruscello, le montagne in lontananza. Nell’aria, odore di pino e freschezza. Nessun recinto grigio, nessuna guardia, nessun infermiere. Solo una casa, piccola e accogliente, come uscita da una cartolina d’altri tempi.
“Cos’è questo?” chiese Bianca, confusa.
Luisa inspirò profondamente e rispose:
“Marco mi parlava sempre del tuo sogno di vivere in una casetta tra i monti, vicino a un ruscello. Ho pensato a lungo come realizzarlo. Ho venduto il nostro appartamento, e con i soldi abbiamo comprato questa casa. Vivremo qui tutti insieme. Elena è ormai grande—le compreremo un appartamento in città, così potrà iniziare la sua vita. Ma tu… qui sarai davvero felice. Scusami se non te l’ho detto subito—volevo farti una sorpresa.”
Bianca rimase immobile. Non credeva. Non capiva. Stava lì, con quel fagottino stretto come un salvagente, e fissava la nuora. Poi scoppiò a piangere. Non di dolore. Non di paura. Ma perché si era sentita ascoltata. Perché, dopotutto, a qualcuno importava di lei. Perché non era stata tradita.
“Perdonami, Luisa… Per tutto. Per le liti, per la freddezza. Avevo torto io,” sussurrò, abbracciandola.
“Non dire così, Bianca. Andrà tutto bene. Siamo una famiglia, ora. Io sarò sempre al tuo fianco.”
Rimasero lì, nel nuovo cortile, abbracciate più strette che mai. E dietro di loro, il ruscello mormorava, gli alberi sussurravano, e una vita del tutto nuova cominciava—una in cui la vecchiaia non sarebbe più stata spaventosa, e l’amore non sarebbe mai stato finto.