La vecchietta con un fagottino tra le mani si preparava alla solitudine… ma quello che l’aspettava non era un tradimento, bensì la felicità.
A qualsiasi età, la vita sa colpire dolorosamente. Soprattutto nella vecchiaia. Quando hai vissuto tutto ciò che potevi, hai dato il meglio di te, e poi all’improvviso ti ritrovi solo. Indifeso. Dipendente. Inutile. Peggio della solitudine può essere solo la sensazione di essere traditi—da coloro per cui hai vissuto. E Bianca Rossi ne era certa: il suo momento era arrivato.
Quel giorno, seduta nella sua stanza, ascoltava i rumori della cucina oltre il muro, dove la nuora Isabella si affaccendava, e pensava al passato. A suo figlio Luca, scomparso tre anni prima. Al nipote Marco, partito per lavorare a Milano e che ormai chiamava raramente. A se stessa—vecchia, goffa, sempre fuori posto. Si sentiva un peso. E proprio per questo non si stupì quando Isabella entrò nella stanza con un’espressione fredda e una voce tagliente:
“Bianca, fa’ le valigie. Voglio portarti in un posto. Penso che ti piacerà.”
La vecchia sentì un brivido gelido. Il cuore le si strinse, le dita si aggrapparono ai braccioli della poltrona.
“Dove?” riuscì a farfugliare, con voce roca.
“Lo scoprirà presto,” rispose Isabella, evitando il suo sguardo.
Quelle parole confermarono i suoi peggiori sospetti. Bianca sapeva come andavano queste cose. Prima la sopportano, poi si infastidiscono, e infine—senza drammi, in silenzio—ti portano via. In un posto da cui pochi tornano. Dove l’odore di disinfettante si mescola alla tristezza. Dove nessuno ti stringe la mano o ti chiama “mamma”.
Dopo la morte di Luca, Bianca aveva venduto la sua casa—i soldi erano finiti in medicine, ospedali, notti insonni. Con lui se n’era andato tutto. Non aveva più un posto dove andare, e Isabella l’aveva accolta da lei. I loro rapporti erano sempre stati tesi. Ma la nipotina Sofia—la sua luce—la amava sinceramente, e quel piccolo affetto leniva un po’ la sua vecchiaia solitaria.
“Posso salutare Sofia?” chiese Bianca, torcendo il lembo della vestaglia tra le dita.
“Certo,” rispose Isabella, sorpresa. “Ma sbrighiamoci.”
Fece le valigie in fretta. Le sue cose erano poche. Un vecchio fagottino, in cui aveva riposto tutto ciò che le restava. Sulla soglia si fermò un attimo, accarezzò lo stipite, sfiorò le pareti—come per salutarle. Poi seguì Isabella. Passettini lenti, quasi silenziosi.
Per tutto il viaggio, Bianca fissò il pavimento. Non voleva vedere le case, le macchine, la gente che sfrecciava fuori dal finestrino. Non le importava nulla. Era come se andasse al patibolo. Si chiedeva solo perché Isabella l’avesse tollerata così a lungo. Perché non l’avesse cacciata prima.
“Siamo arrivati,” annunciò Isabella.
La vecchia alzò lo sguardo. E non capì. Intorno a lei era tutto bellissimo, come in una cartolina: boschi, un fiume, montagne in lontananza. L’aria profumava di pino e freschezza. Niente recinzioni, guardie o infermiere. Solo una casa, piccola e accogliente, come uscita da un sogno.
“Cos’è?” domandò Bianca, confusa.
Isabella respirò profondamente e disse:
“Luca mi parlava sempre di quanto sognassi una casetta tra i monti, vicino al fiume. Ho pensato a lungo come realizzare il suo desiderio. Ho venduto l’appartamento e abbiamo comprato questa casa. Vivremo qui tutti insieme. Sofia è ormai grande, le prenderemo un appartamento in città perché possa iniziare la sua vita. E lei… qui sarà felice davvero. Mi scusi per non averglielo detto prima—volevo farle una sorpresa.”
Bianca rimase immobile. Non credeva. Non capiva. Stava lì, con quel fagottino stretto come un salvagente, fissando la nuora. Poi scoppiò in lacrime. Non di dolore. Non di paura. Ma perché qualcuno l’aveva ascoltata. Perché ancora qualcuno aveva bisogno di lei. Perché non era stata tradita.
“Perdonami, Isabella… Per tutto. Per i litigi, per il gelo. Avevo torto,” sussurrò, stringendola in un abbraccio.
“Non importa, Bianca. Andrà tutto bene. Siamo una famiglia ora. Sarò sempre qui.”
Rimasero così, nel mezzo del nuovo giardino, in un abbraccio più caldo del sangue. E dietro di loro, il fiume mormorava, gli alberi sussurravano, e cominciava una vita completamente diversa—una in cui la vecchiaia non sarebbe più stata spaventosa, e l’amore non sarebbe mai stato falso.