Appuntamento Inaspettato

Appuntamento per errore

Anna uscì dall’ufficio e respirò a fondo l’aria fresca, carica dell’odore delle foglie cadute. Era un pomeriggio tiepido, tipico della stagione di San Martino. Le notti cominciavano a essere fredde, ma di giorno si poteva ancora indossare vestiti leggeri.

Mentre camminava, si chiese cosa fare per prima cosa: andare a prendere il piccolo Luca all’asilo e poi fare la spesa insieme a lui, oppure prima al supermercato e poi dal bambino? Al “Conad” c’erano sempre quei giochini economici che Luca sempre implorava di avere, e lei sapeva che si sarebbe stufato dopo cinque minuti. E poi, con lo stipendio ancora lontano, ogni euro contava.

Guardò l’orologio. Se si sbrigava, aveva abbastanza tempo per fare la spesa, riportare le buste a casa e poi correre all’asilo. Così affrettò il passo.

Camminava senza guardare nessuno, persa nei suoi pensieri, facendo mentalmente la lista della spesa. “Non dimenticare il sale!” Per qualche motivo finiva sempre all’improvviso. Due giorni prima era andata al negozio proprio per quello, e invece si era dimenticata. “Allora… carote, latte, burro…” Continuava a ripeterselo, distratta.

“Anna, Anna Rinaldi!” Una voce la chiamò.
Anna fece ancora qualche passo per essere certa che fosse rivolto a lei, poi si girò e incrociò lo sguardo di una donna.

“Non mi riconosci? E chi era che giurava che saremmo state amiche per sempre?” disse quella con un sorriso.

Anna sentì le parole “giurare” e capì subito chi potesse essere. Poi le tornò in mente: era Carlotta, la sua amica delle scuole medie. Non più la ragazzina magrolina con i capelli neri, ma una donna elegante e curata.

Carlotta era arrivata nella loro classe in seconda media, si era seduta accanto a lei, e da lì erano diventate inseparabili. In terza si erano promesse di essere amiche per sempre. Poi la vita le aveva allontanate. Niente dura per sempre, nemmeno l’amicizia, figurarsi l’amore.

“Che faccia preoccupata! Sembra che a casa ti aspettino sette figli,” disse Carlotta, osservando il look stanco e semplice di Anna, tipico da ufficio.
Anna sentì che agli occhi di Carlotta doveva sembrare una zitella sfatta.

“Tu invece sembri star bene,” cambiò discorso Anna, per evitare domande scomode.

“Non mi lamento. Sono sposata per la seconda volta. Ma niente figli, per ora. E tu?”

Anna colse una nota di tristezza nella voce dell’amica e decise di non approfondire.

“Io non sono sposata, ma non sono sola. Ho un figlio,” disse con un pizzico di orgoglio.

“Avrà finito le superiori, no? O è già all’università?” chiese Carlotta.

“No, va ancora all’asilo,” sorrise Anna.

“Ma dai! Eri così bella, pensavo che saresti stata la prima a sposarti. Tutti ormai hanno figli grandi, alcuni già fuori casa, e tu hai ancora un bambino all’asilo. Ma sempre stata così studiosa, seria, con la testa sui libri…”

Anna si offese e non lo nascose. Carlotta capì di aver toccato un tasto dolente.

“Dai, non fare così. Sai come sono, parlo senza pensare.”

“Scusami, devo andare a prendere Luca.” Anna fece per andarsene.

“Aspetta,” Carlotta tirò fuori il telefono, “dimmi il tuo numero, ci sentiamo, usciamo, chiacchieriamo un po’.” La fissava in attesa.
Anna dettò il numero solo per togliersela di torno, salutò in fretta e si avviò verso l’asilo.

Ma Carlotta non perse tempo. Il giorno dopo chiamò e propose di vedersi sabato in un posto neutro.

“Va bene, ma devo vedere se mia madre può tenere Luca. Ti richiamo,” rispose Anna, contrariata.
“Ecco, ora mi tocca perdere il mio unico giorno libero,” pensò mentre componeva il numero della madre. “Tanto ormai non abbiamo più nulla in comune. Che ci troveremo mai da dirci?”

Sabato si incontrarono in un bar alla moda. Anna non c’era mai stata, anzi, da quando era nato Luca non era più uscita. Si sentiva fuori posto. Carlotta se ne accorse e ordinò del vino per farla rilassare. Il vino era buono.
Bevvero e ricordarono i vecchi tempi, i compagni di classe. Carlotta sapeva tutto di tutti: chi si era sposato, che lavoro faceva, quanti figli aveva…

Anna ascoltava e beveva. Quando i ricordi finirono, Carlotta cambiò discorso.

“Senti, una mia collega ha un figlio della nostra età. Marina si lamenta che sta sempre al computer. È un programmatore. Non esce mai, zero vita sociale. Niente vizi, guadagna bene, insomma, un buon partito. E Marina sogna dei nipotini. Hai capito dove voglio arrivare? Dovrei presentarveli.”

“No, grazie,” Anna posò bruscamente il bicchiere. “Ti sembro disperata? Pronta a buttarmi sul primo uomo che neanche sua madre vuole?”

“Non essere così prevenuta. Non l’hai nemmeno visto,” cercò di calmarla Carlotta.

“Se è così perfetto, perché vive ancora con la mamma? C’è qualcosa che non va?” chiese Anna, ammorbidendosi.

“Ha avuto una brutta storia. Hai presente quando si dice che il latte una volta versato non si raccoglie più? Ha paura di sbagliare di nuovo. Come te, credo,” osservò l’amica.

“Questo è un suo problema. Io non ci sto. Gli incontri dovrebbero essere spontanei, non pianificati. Non sei mica un’agenzia matrimoniale!” Anna cominciava a offendersi.

“Pensaci. Luca ha bisogno di una figura paterna…”

“Appunto, ho già un figlio, non mi serve un altro bambino da accudire. Basta, non parliamone più.”

“Non arrabbiarti, volevo solo aiutarti. Se non ti va, pace.” Carlotta riempì di nuovo i bicchieri.

“Ti guardi mai allo specchio? Sei stanca, spenta, sempre chiusa in te stessa. Se trovassi un uomo, rinasceresti. Prova, no? Un appuntamento, che ti costa?”

Alla fine, Anna cedette. Perché no?

La domenica successiva portò Luca dalla nonna, si pettinò con cura, si coprì le occhiaie e scelse un abito semplice. Non voleva fare colpo su nessuno.

Stava per uscire quando si rese conto di non sapere il nome del tipo. Come l’avrebbe riconosciuto? Chiamò Carlotta.

“Diamine! Non ricordo. Matteo? O forse Giovanni. So che aveva un nome biblico.”

“Un santo? Ma dai!” esclamò Anna.

“Ho una pessima memoria per i nomi. Li associo alle cose.”

“Allora sarà Pietro o Paolo? Cristo aveva dodici apostoli,” rise Anna.

“Chiamo Marina e chiedo.”

“Lascia stare. Tanto sarà l’unico uomo solo lì.”

Entrò nel bar. Si fermò sulla porta, incerta. Di giorno c’era poca gente, per fortuna. Vide due uomini soli, entrambi in jeans e giacca di pelle.

Quello più vicino a lei incrociò il suo sguardo e sorrise. Anna si avvicinò. Salutò e si sedette.

L’uomo aveva un bicchiere di vino davanti. Anna si sentì intimidita. Un sorso le avrebbe dato coraggio. Lui sembrò capire e chiamò il cameriere.

Poco dopo, un altro bicchiere arrivò. Anna bevve avidamente. Il vino era buono, se lo finì tutto.

Con il vino, si sciolse. Parlava senza freni, raccontando diDopo qualche secondo di silenzio, lui sorrise e disse: “Sai, Anna, non sono il tuo appuntamento organizzato… ma forse è destino che ci siamo incontrati così.”

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