**Diario di oggi**
” Ascoltami bene, continuò il mio coinquilino. O tua figlia mi dà la macchina, o se ne vada! Non vivrò in una casa dove non sono rispettato!”
” E dove dovrebbe andare?”
” Non è un problema tuo! È adulta, è ora che impari a cavarsela da sola”
Giorgia stava nel corridoio della casa dei genitori, ascoltando sua madre che, da dietro la porta del bagno, le spiegava perché avrebbe dovuto cedere la sua auto.
” Giorgia, ragiona un po’! Andrea ha bisogno della macchina per andare al lavoro ogni giorno. Tu sei una studentessa, puoi prendere lautobus, no?”
La ragazza si appoggiò al muro e chiuse gli occhi. Quellauto glielaveva regalata il nonno per il suo ventesimo compleanno. Vecchia, ma sua. La prima della sua vita. Il nonno le aveva detto: “Perché non dipenda da nessuno. Perché possa decidere tu stessa dove andare.”
” Mamma, lauto è intestata a me, rispose Giorgia con calma.”
” E allora? Siamo una famiglia! la voce della madre si fece più acuta. Andrea è come un padre per te. Ti ricordi quando ti aiutava con la matematica in quarta liceo?”
Giorgia lo ricordava. Ricordava come le urlava per ogni errore, come lanciava il libro sul tavolo quando non capiva al primo tentativo.
” Sei stupida come un sughero! Hai preso tutto da tua madre!”
Dal bagno arrivò il rumore del phon la madre si stava preparando per uscire. Tra cinque minuti sarebbe uscita e la conversazione sarebbe ripresa. Giorgia non voleva.
” Ci penserò, mentì, e si ritirò nella sua stanza.”
Ma non cera molto da pensare. Lauto non lavrebbe data. Il problema era capire cosa fare dopo.
Giorgia studiava allultimo anno di università e dava lezioni private dinglese per arrotondare. I soldi erano pochi, ma bastavano per vivere.
A meno che “vivere” non significasse stare in una casa dove ogni suo passo veniva criticato e discusso.
Andrea era entrato nella loro vita quando Giorgia aveva undici anni. La madre lo aveva conosciuto al lavoro. Alto, con la barba, parlava con sicurezza e senza sosta.
Alla madre piaceva. Suo padre era diverso silenzioso, riflessivo. Dopo il divorzio, si era trasferito a Roma e chiamava di rado.
Allinizio, Andrea ci aveva provato. Portava cioccolatini, le chiedeva della scuola, laveva persino portata al cinema un paio di volte. Giorgia aveva pensato: “Forse non è male.” Ma non durò.
Appena si sistemò definitivamente in casa, tutto cambiò. Cominciò a comandare. Non chiedeva, non proponeva ordinava. Come se Giorgia non fosse la figlia della padrona di casa, ma la domestica.
” Fammi il tè. Ripulisci. Non pestare i piedi. Non sbattere le porte. Abbassa la televisione.” La lista cresceva ogni giorno.
E la madre la madre era diventata lavvocato di Andrea. Ogni sua lamentela veniva subito fatta propria e amplificata.
” Giorgia, Andrea è stanco dal lavoro. Non puoi camminare più piano?”
” Giorgia, ha ragione lui, perché devi mettere la musica così alta?”
” Giorgia, pensa agli altri.”
“Agli altri” significava Andrea. Perché quando Giorgia studiava per gli esami e chiedeva di abbassare la TV, nessuno si curava della sua richiesta.
” Non siamo in biblioteca, rispondeva Andrea. Se vuoi silenzio, vai in camera tua.”
La stanza di Giorgia era minuscola, un ex ripostiglio. Ci stavano solo un letto e una scrivania. Quando si rifugiava lì, le pareti sembravano chiudersi, laria mancava. Ma non cera alternativa.
Col tempo, Giorgia imparò a rendersi invisibile. Tornava a casa quando Andrea dormiva o era fuori. Mangiava in cucina quando nessuno cera. Non partecipava alle conversazioni di famiglia.
Funzionò, finché non iniziò la storia della macchina.
La mattina dopo, la madre bussò alla sua porta.
” Giorgia, sei sveglia? Dobbiamo parlare.”
Giorgia si sedette sul letto. La madre indossava un vestito nuovo, sicuramente costoso. I capelli erano perfetti. Stava per uscire.
” Dimmi.”
” Andrea è rimasto male ieri. Pensava che avresti accettato senza problemi per la macchina.”
” E perché lo pensava?”
La madre sedette sul letto, guardando fuori dalla finestra.
” Giorgia, sai Io e Andrea stiamo organizzando il matrimonio. Vogliamo fare le cose bene, invitare gente. Ma i soldi sai comè adesso.”
Giorgia tacque.
” Andrea ha bisogno della macchina per lavoro. Ha una nuova posizione, deve spostarsi spesso. Con i mezzi è scomodo.”
” Che se la compri.”
” Con cosa? la voce della madre si alzò, ma si controllò subito. Giorgia, non siamo estranei. Siamo famiglia! Andrea ha fatto così tanto per te”
” Cosa ha fatto esattamente?”
La madre esitò. Cercò le parole.
” Beh ti ha cresciuta. Come un padre. Ti aiutava con i compiti”
” Urlava contro di me, vuoi dire.”
” Non parlare così! La madre si alzò di scatto. Ci provava! Tu sei sempre stata ingrata. Tuo padre ti ha viziata, ecco il risultato.”
Nella stanza cadde il silenzio. Giorgia guardò sua madre e non la riconobbe. Una volta erano state vicine. Una volta la madre la difendeva, non un estraneo.
” Non gli darò la macchina, disse Giorgia.”
” Allora trovati un altro posto dove vivere, rispose fredda la madre, uscendo.”
Giorgia rimase sola. Il petto le si strinse, il respiro si fece pesante. Non aveva mai pensato che sarebbero arrivati a questo.
Quella sera, quando Andrea tornò, iniziò lo spettacolo. Giorgia li sentì parlare attraverso il muro sottile.
” Allora, hai parlato con tua figlia?”
” Sì. Non vuole.”
” Capisco. Abbiamo sbagliato a viziarla.”
” E adesso?”
” O ci dà la macchina, o se ne va. Non vivrò in una casa dove non sono rispettato!”
Due giorni dopo, la madre entrò nella sua stanza con aria seria.
” Io e Andrea abbiamo deciso. Se non vuoi collaborare, vivi da unaltra parte.”
” Davvero?”
” Davvero. Sei adulta, lavori, puoi pagarti un affitto.”
Giorgia la fissò a lungo.
” Bene. Me ne vado.”
La madre sembrava aspettarsi lacrime, suppliche, forse un litigio. Non questa calma accettazione.
” Forse potresti ripensarci”
” Cosa cè da ripensare? Hai fatto la tua scelta. Ora faccio la mia.”
Trovare una stanza fu facile. Una piccola casa vicino alluniversità, pulita e spaziosa. La padrona, unanziana insegnante, le piacque subito. Par