Sentendo la conversazione tra mio padre e il mio fidanzato, la sposa è scappata via dal matrimonio
A volte basta una sola frase, una parola fortuita, perché il mondo che hai costruito per anni crolli in un attimo. È esattamente quello che è successo a me. Ancora non credo che tutto ciò sia avvenuto nella mia vita reale e non in una serie televisiva.
Mi chiamo Alessia, e fino a qualche giorno fa ero una sposa. Felice, innamorata, nell’attesa del capitolo più importante e luminoso della mia vita. Io e Marco stavamo insieme da quasi tre anni. Non che fosse tutto perfetto, d’altronde, chi vive una vita perfetta oggi? Eravamo come due metà della stessa mela — litigavamo, ci riconciliavamo, sognavamo. E quando sono rimasta incinta, Marco non è scappato, come molti avrebbero fatto, non ha iniziato a inventare scuse o rifugiarsi dietro false promesse. Mi ha chiesto di sposarlo, e abbiamo cominciato a preparare il matrimonio. Era tutto come un sogno.
Ho impiegato tanto tempo a scegliere l’abito, con le mani tremanti che sfioravano il pizzo. Ristorante, menù, musica — tutto era studiato nei minimi dettagli. Mia madre piangeva di gioia, e mio padre… Mio padre era di poche parole, ma pensavo fosse per l’emozione. Quella mattina mi sono svegliata presto, mi guardavo allo specchio e non credevo — ecco, la mia favola.
Abbiamo firmato i documenti in Comune, tutti applaudivano felici, gridavano «Evviva gli sposi!». Poi è iniziato il banchetto in un elegante ristorante nel centro di Napoli. Musica ad alto volume, brindisi, balli. Tutti si divertivano. Tutti, tranne me.
Circa un’ora dopo l’inizio del ricevimento, sono uscita fuori a prendere aria. E per puro caso mi sono trovata ad ascoltare una conversazione che ha cambiato tutto. Mio padre era con Marco, fumavano dietro l’angolo. Non stavo cercando di origliare, ma quando ho sentito la voce di papà mi sono fermata.
«Anche io una volta ci sono caduto, — diceva con un sorrisetto, — ho dovuto sposare sua madre perché era incinta. Né amore, né felicità. Solo un eterno senso del dovere. Hai fatto un errore, Marco. Lei, come sua madre, rovinerà la vita a te e a se stessa».
Ero paralizzata. Non ricordo come ho fatto a muovermi. Non ci credevo. Non era solo un colpo. Era un tradimento che veniva da entrambi i lati. Mio padre, che idolatravo, che era per me il modello ideale di famiglia, l’uomo di cui mi fidavo più di chiunque altro. E il mio fidanzato. Non ha opposto resistenza. È rimasto in silenzio, annuendo. Lo sapeva. Lo sapevano entrambi. E nessuno si è fermato, nessuno ha rimpianto di averlo detto ad alta voce.
Sono fuggita. Senza spiegazioni. Senza voltarmi indietro. Andavo solo dove mi portavano i piedi. Non piangevo — singhiozzavo. Tremavo. Dentro di me tutto si contraeva dal dolore. Non c’erano più casa, famiglia, amore. Tutto era diventato estraneo, sporco, ingannevole. Pensavo che la mia famiglia fosse un esempio. E invece, era solo un’illusione in cui sono cresciuta.
Sono sparita. Sono tornata a casa solo dopo due giorni. Senza parlare con nessuno. Ho posato le chiavi della macchina, che mio padre mi aveva regalato, sul tavolo. Poi ho chiamato Marco. Gli ho detto solo una cosa: «Oggi chiedo il divorzio. Non siamo più marito e moglie». Inizialmente non mi ha creduto, ha iniziato a gridare, a pregare, a giustificarsi. Ma era tutto finito. L’ho cancellato dalla mia vita.
Sì, è difficile. Ma forse proprio questa verità mi ha salvato. Perché se non avessi sentito quella conversazione, avrei vissuto nell’inganno, costruendo un futuro con una persona che dall’inizio non desiderava questa vita. Che mi percepiva come un onere, come un errore.
Ora sono sola. Con una cicatrice nel cuore e un bambino nel grembo. Ma sono libera. E non permetterò mai più a nessuno di tradirmi. A volte è meglio fuggire dal matrimonio piuttosto che vivere un’intera vita nella menzogna di qualcun altro.