«Aspettando un bambino, ma pensa solo a saloni e feste»

L’ultimo mese di gravidanza, e nella sua testa solo centri estetici e feste. Come se non stesse per partorire un bambino…

Mariangela Rossi sedeva in cucina, fissando la finestra dove i primi fiocchi di dicembre danzavano nell’aria. Non era il freddo a stringerle il cuore, ma l’ansia—per la figlia, per il nipote, per il domani. Beatrice, la sua unica figlia, portava in grembo un bambino. Trentottesima settimana: il parto ormai vicino. Eppure, invece di pensare a fasce e culle, a poppate e notti insonni, la sua mente era piena di appuntamenti per manicure, massaggi, servizi fotografici, caffè con le amiche e vacanze di Capodanno.

Mariangela non riusciva a crederci. Ma come? Dov’era l’istinto materno? Quel tremore sacro che perfino le gatte selvatiche sentono prima del parto? Dov’erano la cura, l’agitazione, perfino la paura? Beatrice aveva solo una lista di centri benessere e un calendario dove aveva inserito… la nonna. Cioè lei. A lei toccava stare col neonato mentre la giovane madre si sarebbe “rimessa in forma”.

—Mamma, tanto sei libera. Tieni tu il piccolo, io corro a farmi i capelli e le unghie. Non posso mica farmi le foto col bebè in vestaglia!

Mariangela aveva quasi soffocato. Figlia mia, ma stai per partorire un bambino o un accessorio per Instagram?

Beatrice era sposata da sei anni. Si erano uniti all’università. Il marito, bravo ragazzo, tranquillo, rispettoso. Lavoro stabile, mutuo per l’appartamento coi aiuti dei genitori. Avevano aspettato a fare figli, prima la carriera, prima sistemarsi. E finalmente, la gravidanza tanto attesa. Le nonne, ovviamente, esultavano. Ma la futura mamma si avvicinava a questo momento con un atteggiamento… diverso.

All’inizio Mariangela pensava—forse è solo una fase. Forse ha paura, si nasconde dietro le battute. Ma capì tutto quando la vide passare ore a cercare su internet una tata… per un neonato! Il bambino non era ancora nato, e lei già cercava a chi affidarlo.

—Beatrice, ma sei seria? Una tata? Con un neonato devi esserci tu! Orari, poppate, legami! Non è un gattino a cui butti le crocchette e basta!

—Mamma, tu non capisci. In Europa tutti hanno la tata dalla nascita. La mamma non è una schiava. Anch’io ho diritto a vivere. Dai, con la fascia ci vai ovunque. Oggi i bambini li portano dappertutto, la vita continua!

Quelle parole le straziarono il cuore. Ai suoi tempi si partoriva a vent’anni. E nessuno pensava che fosse un ostacolo. Anzi, era la vita stessa. Notti insonni, corse dal lavoro, spese fino all’ultimo euro per il latte in polvere. Niente Instagram, niente foto in ospedale. Solo amore, paura, responsabilità. E felicità—vera, non recitata. Ma ora…

Tutto il corredino lo comprarono solo perché Mariangela insistette. Lei e l’altra nonna trascinarono Beatrice per negozi, a scegliere carrozzine, culle, body. Beatrice acconsentiva, svogliata—purché la lasciassero in pace. Tutto lavato, stirato, sistemato—dalle nonne. Mentre la figlia sognava… le vacanze di Capodanno.

—Con le amiche stavamo pensando, se tutto va bene, di uscire a Capodanno almeno per cena. Mica sono in galera adesso!

Mariangela non trattenne più le parole. Le disse tutto—senza filtri. Che non ci si comporta così. Che la maternità non è shopping, ma responsabilità. Che un neonato non è un pupazzo. Che non si pensa ai servizi fotografici prima di affrontare il parto, le notti insonni, le coliche, il latte che non viene. Che una madre è prima di tutto l’anima del bambino, non una macchina per allattare.

Ma a Beatrice quelle parole entrarono da un orecchio e uscirono dall’altro.

—Drammatizzi, mamma. Oggi è tutto diverso. Abbiamo altri valori. L’importante è essere felici, e le mamme felici sono quelle belle.

Ogni sera Mariangela si chiede: dove ha sbagliato? L’ha viziata troppo? Non le ha insegnato l’essenziale? O è solo questo il tempo—in cui le donne diventano madri prima, e forse crescono dopo?

Eppure crede che quando Beatrice vedrà quel minuscolo batuffolo in ospedale, quando le stringerà il dito con la manina, quando si sveglierà di notte al suo pianto—qualcosa cambierà. Uno scatto nel cuore. E al primo posto non ci saranno più i centri estetici, ma quel piccolino per cui lei sarà l’intero universo.

Intanto… Mariangela prega. Per la figlia. Per il nipote. E perché nel cuore della sua ragazza adulta sbocci una maternità vera—non da foto, ma dall’amore.

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