«Avresti rovinato tutto»: per anni mio marito ha nascosto che le mogli potevano venire alle feste dell’azienda
Sembrerebbe che in una famiglia non dovrebbero esserci segreti. Soprattutto quelli privi di significato. Eppure mio marito mi ha mentito per anni, con freddezza, sicurezza, quasi quotidianamente. Diceva che ai loro eventi aziendali era vietato portare le consorti. Una presunta politica dell’azienda. Io ci credevo. E davvero non insistevo. Non sono mai stata amante dei festeggiamenti rumorosi, e dopo la nascita di mio figlio mi sono chiusa ancora di più nel ritmo domestico.
Ma la verità è emersa all’improvviso. E non solo ha fatto male: mi ha resa un’estranea nel mio stesso matrimonio.
Io e Luca siamo sposati da soli cinque anni. Subito dopo il matrimonio sono rimasta incinta, nostro figlio ora ha quattro anni. Gli anni sono volati tra pannolini, notti insonni e visite mediche. Sono tornata a lavorare appena possibile. Ci aiutavano le nonne, economicamente stavamo meglio. Cerco sempre di tornare a casa presto, di esserci. Ma Luca… Ultimamente resta fuori sempre più tardi, a volte rientra solo all’alba, assonnato, con lo sguardo annebbiato. Spiega che in ufficio c’è un “finto problema”.
Tre anni fa ha iniziato a lavorare per un’azienda importante. Buona posizione, stipendio raddoppiato. Era più tranquillo, nessuna lamentela sui capi o sui colleghi. Solo una cosa mi dava fastidio: non mi aveva mai invitata a un evento aziendale. Né alle gite fuori porta, né alle cene di Natale. Ripeteva sempre: «Da non è usanza. Senza mogli. Niente di personale».
Io ci credevo. Volevo crederci. Se avesse voluto nascondermi qualcosa, non avrebbe neanche cercato di spiegare. Invece sembrava onesto. E poi, non avevo tempo per divertimenti. Le mie amiche — chi sposata, chi no — vivevano le loro vite. Le chiacchiere erano sempre meno frequenti. Ero stanca. Niente emozioni. I weekend? Lavatrici, pentole, asilo, pediatra.
Poi, l’altro giorno, in farmacia ho incontrato una mia ex compagna di scuola — Chiara. Abbiamo chiacchierato, siamo andate al bar, parlato a lungo. Scopro che suo marito lavora nella stessa azienda di Luca. Abbiamo persino riso — che piccolo mondo. Le ho proposto di vederci venerdì.
«Non posso», ha detto. «Abbiamo la festa dell’azienda con mio marito.»
Ho chiesto: «Tu ci vai?» E lei, sorpresa: «Certo, no? Si può sempre andare in coppia.»
Ed è come se mi si gelasse il sangue. Ho finto di saperlo, ho scherzato, balbettato qualcosa sugli impegni, ma dentro sentivo tutto ribaltarsi. Dunque, aveva mentito. Tutti questi anni. Tornando a casa, non sentivo più la terra sotto i piedi. Non per la festa in sé. Per la menzogna. Per quella sensazione di essere un peso. Qualcosa di cui vergognarsi.
A cena, cercando di mantenere la voce ferma, ho iniziato a parlare:
«Sai, Chiara va alla festa aziendale con suo marito. Dice che da te è la norma.»
Si è bloccato. Mi ha guardato di traverso. Poi ha iniziato a versarsi il tè, a stropicciare il tovagliolo, a distogliere lo sguardo.
«Be’… è per i nuovi. A loro non si nega. Noi del gruppo storico ci conosciamo da tempo.»
«Ma nemmeno prima mi hai invitata. Tre anni non ti rendono un nuovo.»
Ha sospirato, guardato altrove, e poi ha detto:
«Volevo solo divertirmi. Senza coppie. Senza quei discorsi da “famiglia”. Senza mariti sobri e mogli che li controllano. Sono stanco. Voglio svagarmi.»
Mi è sembrato un pugno. Dunque, ero d’intralcio. Con gli altri poteva essere sé stesso, con me no. Sono brutta? Stupida? Non so conversare? O forse pensa che rovinerei il suo “divertimento”?
Avrebbe fatto meglio a tacere. La bugia fa male, ma la verità detta dopo anni è come sputare sull’anima. Non ho fatto scenate. Ho solo deciso: non lo inviterò più ai miei eventi. Tra una settimana c’è un festa da me. Ci andrò da sola. Mi vestirò con eleganza. Riderò, parlerò, ballerò.
Forse non è la soluzione perfetta. Ma capirà: non si tratta così una moglie. Né quella vestita a festa, né quella a casa con il bambino malato. Non siamo nemici. Ma ora mi sento un’estranea. E gli estranei non si invitano.