Basta! 16 anni di umiliazioni e silenzio…

Mi sentivo alla fine! 16 anni passati a sopportare umiliazioni, e io che non reagivo…


In primavera tutto è cambiato…


Non avrei mai immaginato che qualcosa potesse scuotere il pantano in cui ho vissuto per 16 lunghi anni.


Avevo perso da tempo la speranza. Quando avevo 22 anni mi sono sposato. Credevo di aver trovato l’unica, quella con cui passare tutta la vita. Per me, Lidia era tutto. Mi affascinava, mi attirava con una sorta di forza magnetica. Ero così accecato da lei che persino le sue stranezze mi sembravano adorabili.

Come la sua abitudine invernale di spalancare la finestra e togliermi la coperta per svegliarmi all’alba.


O la sua “battuta” preferita: costringermi a girare su me stesso davanti agli amici, come un modello da valutare prima dell’acquisto.


Lei prendeva decisioni per me.


Scelto dove dovevo lavorare.


Dove andare in vacanza.


Con quali amici mi era permesso parlare e chi dovevo escludere dalla mia vita.


E io glielo permettvo.


Perché pensavo che così dovesse essere, che questo fosse l’amore.


Ero cieco.


Credevo che un figlio avrebbe cambiato tutto… Quando la nostra vita matrimoniale ha cominciato a sgretolarsi, credevo veramente che un figlio avrebbe salvato il nostro matrimonio.


Mi sbagliavo.


Lidia mi ha lasciato solo in questa lotta.


Non le importava nulla delle mie paure, delle mie preoccupazioni, del fatto che i medici non ci davano speranze.


Lei accettava facilmente il fatto di avere già figli dal primo matrimonio, e quindi che forse noi non li avremmo avuti.


Ma per me era un dolore.


E per lei era un’opportunità per umiliarmi ancora di più.


Mi faceva sentire colpevole per tutto.


— Non puoi darmi un figlio!


— Non sai nemmeno cucinare, dalla tua cucina mi verrà un’ulcera!


— Non sei un uomo, se non riesci a risolvere questi problemi piccoli!


Mi sentivo inutile.


Cercavo di combattere. Cercavo medici, facevo analisi, seguivo cure.


Ma era tutto inutile.


Lei mi spezzava e io sopportavo.


Col tempo mi sono arreso.


Mi sono chiuso in me stesso, ho smesso di parlare con le persone, mi sono allontanato da tutti.


Ero l’ombra di me stesso.


Non riconoscevo più quel ragazzo sicuro che una volta sognava una famiglia, la felicità, dei bambini.


Guardavo allo specchio e vedevo solo un uomo patetico, che aveva paura di dire anche solo una parola di fronte alle ingiustizie.


Quando provavo a ribellarmi, dicendo che non meritavo umiliazioni continue, che volevo rispetto, Lidia rideva in faccia:


— Tu? E chi sei tu? Sei patetico! Peggio di un barbone per strada!


Lei sapeva che non avevo dove andare.


Aveva convinto tutti che fossi inutile, debole, senza valore.


E avevo cominciato a crederci anch’io.


Mi diceva che senza di lei sarei andato a fondo, che non avevo una chance di farcela da solo.


E io restavo.


Ma a marzo tutto è cambiato…


Mi era rimasta solo un’amica – Chiara.


Era andata da tempo a lavorare in Grecia, ma in primavera è tornata: suo marito si era aggravato.


Poi lui è venuto a mancare.


Chiara è rimasta sola a casa sua. I suoi figli vivevano già all’estero da tempo.


Ho iniziato a farle visita dopo il lavoro, a volte restavo a dormire da lei.


A Lidia inizialmente non andava, poi ha iniziato a fare scenate, finché non è passata alle minacce.


— Non andrai più lì!


— Ti tirerò per i capelli!


— Ti chiuderò in casa!


— Chiederò il divorzio!


Una sera, Chiara mi ha guardato e ha detto:


— Magari lei chiedesse il divorzio!


Ci siamo guardati negli occhi, e ho capito: quella era la mia occasione.


Chiara mi ha proposto di restare da lei quando avrebbe fatto ritorno in Grecia.


Senza l’affitto da pagare, avrei potuto vivere con il mio stipendio.


Ho accettato.


Me ne sono andato. Ho scelto me stesso.


Da allora vivo nel suo appartamento.


La mattina mi sveglio, mi avvicino alla finestra, guardo la nostra vecchia casa dove una volta vivevo con Lidia, e silenziosamente dico:


— Buongiorno, Stefano!

Guardo alla mia vita e capisco: sono libero.


Non ho più paura.


Ho ricominciato a sorridere.


Ho imparato a vivere di nuovo.


Guardo verso la casa di Lidia e le dico mentalmente:


“C’è sempre una via di fuga, cara!”

Indosso una camicia pulita, esco di casa, cammino per strada con la testa alta.


Adesso, non mi spezzeranno più.

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