**Diario personale: “Il salame della discordia”**
Quel pomeriggio di luglio, la mamma di Beatrice, Maria Grazia, aveva già lavato i vetri, sistemato i cuscini, e continuava a ripetere alla figlia che era ora di fare un salto nella casa di campagna in Puglia – l’aglio era pronto per essere raccolto. Beatrice cercò di tirarsi indietro: il lavoro, gli impegni, i bambini… Ma sua madre, testarda come sempre, non demordeva.
“L’estate sta finendo e voi siete ancora qui a marcire in città!” sbottò al telefono. “I pomodori marciranno, l’uva passerà, e voi continuate a fissare quei telefoni!”
Alla fine, si misero d’accordo: sarebbero venuti nel weekend, avrebbero aiutato nell’orto e, naturalmente, avrebbero passato una serata a chiacchierare.
Luca non aveva molta voglia di partire. L’ultima volta era finita male – un episodio, a quanto pareva, ancora fresco nella sua memoria. Aveva solo chiesto un po’ di salame per accompagnare il risotto, e lei, la suocera, gliel’aveva quasi strappato di mano. Così all’improvviso che lui era rimasto a bocca aperta.
Sabato partirono di buon’ora. Sistemarono tutto in fretta: l’aglio raccolto, selezionato e messo via. Ora ci si poteva rilassare, cenare, godersi la serata. Dopo la doccia, Luca entrò in cucina. Beatrice e sua madre apparecchiavano la tavola. Il profumo del risotto era invitante. Lui, per togliersi un po’ di fame, aprì il frigorifero e prese una fetta di salame. Ma appena stava per tagliarla…
“Non osare!” La voce di Maria Grazia risuonò come uno schiaffo.
Il salame tornò al suo posto di corsa. Luca rimase immobile, confuso.
“Mamma, ma che succede?” chiese Beatrice, sconcertata.
“Il salame è per la colazione, col pane! Adesso c’è il risotto. Non rovinarti l’appetito!” tagliò corto la suocera.
Luca sedette, assaggiò il risotto… ma di carne neanche l’ombra. Chiese allora almeno un pezzetto di salame. Ma la risposta fu la stessa.
“Ma perché questa fissazione?” sbuffò Maria Grazia. “Avete già finito mezza confezione! Hai idea di quanto costa? L’ho comprata per tutta la settimana!”
Luca posò la forchetta. L’appetito era svanito. Uscì in giardino, seguito poco dopo da Beatrice. Suo marito era sdraiato sul divano, fissando il soffitto.
“Andiamocene. Non ce la faccio più. Ogni mio gesto viene controllato come se fossi un ladro. Se spalmo un po’ più di burro sul pane, ho paura che me lo strappi di mano.”
“Qui non c’è nemmeno un negozio,” disse Beatrice, imbarazzata. “Solo il furgoncino che passa una volta a settimana.”
“Avremmo dovuto portare da mangiare, non solo ciliegie e albicocche,” borbottò Luca. “Domani me ne vado. Poi torno a prendervi. Senza carne, non resisterei a lungo.”
“Andiamo via insieme,” disse Beatrice con decisione.
Il giorno dopo se ne andarono. Beatrice inventò una scusa: Luca era stato richiamato a Milano per lavoro. Maria Grazia li salutò con uno sguardo di disapprovazione.
Passò quasi un anno. Non tornarono in Puglia. Ma lei, Maria Grazia, iniziò a far loro visita. E la cosa più strana? Aprendo il loro frigo come se fosse casa sua. Prendeva quello che voleva, senza chiedere. Persino Luca rise una volta:
“Guarda, il salame! A quanto pare, qui si può…”
Ma con la primavera, ricominciarono le telefonate.
“Allora, quando venite? L’orto non aspetta.”
Luca temporeggiò, ma Beatrice ebbe un’idea:
“Portiamo noi la spesa. Così la mamma non starà a contare ogni fetta di salame.”
Luca accettò – a patto di passare prima dal supermercato. E così si ritrovarono sulla soglia della casa in campagna, con le buste della spesa.
“Cos’avete portato? Altre albicocche?” fece la suocera, storcendo la bocca. Ma quando vide dentro i sacchetti formaggio, carne e salame, rimase senza parole.
“Così non dovrà contare i grammi che mangio,” sorrise Luca.
Maria Grazia sbuffò, ma non replicò. Più tardi, in cucina, quando nessuno poteva sentirla, sussurrò a Beatrice:
“Sarebbe meglio se veniste sempre con la spesa. Più comodo per me, più tranquillo per voi.”
Beatrice annuì in silenzio. Era sia offesa sia divertita. Ma almeno Luca era di nuovo disposto a tornare. Anche se con la spesa. Senza litigi, senza rimproveri. E alla fine, questo – come aveva dimostrato l’esperienza – era pur sempre una forma di felicità familiare.