Eh, senti un po’ questa storia che ti racconto, perché è una di quelle che ti fa fermare pure i gatti a miagolare per la curiosità. Sai quel detto: «Chi bella vuole apparire, un po’ deve soffrire».
C’era una volta, nel nostro paesino in Sicilia, una donna buona e lavoratrice—Maria Rosa. Era sempre indaffarata: l’orto curato, la casa lustra come uno specchio, e il sugo che faceva? Roba da leccarsi i baffi! Suo figlio, Luca, anche lui non era da meno—bravo ragazzo, mani d’oro e cuore grande. Peccato che avesse un difettuccio: troppo buono, soprattutto con le ragazze.
E un bel giorno, porta a casa la sua nuova fiamma—Ginevra. Una bella ragazza, sembrava uscita da una rivista di moda: occhi grandi, labbra rosse, ciglia finte lunghe un palmo, unghie laccate come artigli. Insomma, una bambolina. Ma come dice la nonna: «L’abito non fa il monaco».
Maria Rosa, al primo sguardo, sentì che qualcosa non andava. Il cuore di una donna è come il naso di un cane—fiuta subito chi non è sincero. E allora sussurra a Luca:
«Figlio mio, questa qui non mi convince. Mi sa che pensa solo ai soldi e ai divertimenti».
E aveva ragione. La prima cosa che fece Ginevra in casa? Buttò il piatto sporco nel lavandino e si sedette. Maria Rosa, abituata all’ordine, le dice gentilmente:
«Lava almeno il tuo piatto».
E quella, senza scomporsi:
«Non ho voglia di sporcarmi le mani».
Maria pensò: «Forse scherza». Ma no—quel piatto rimase lì, unto e bisunto.
«Luca, dimmi che non hai intenzione di sposarla», disse la madre speranzosa.
Ma lui, con un sorriso sognante:
«Certo che la sposo! La amo!».
Ecco la prova che «L’amore è cieco». Passano pochi mesi, e si sposano. Maria Rosa, anche se con il cuore pesante, gli dà le chiavi della casa della nonna—che vivano pure da soli.
Passa un po’ di tempo, e la suocera decide di far loro visita. Madonna santa… cosa vide! Polvere sui mobili alta un dito, piatti sporchi ammucchiati nel lavandino, calzini sparsi per terra come funghi dopo la pioggia. Ginevra era sul divano a limarsi le unghie, tutta imbronciata:
«Io devo pensare a me stessa».
Intanto, Luca aveva già tre prestiti in banca. Lei voleva la macchina nuova, luccicante, per far vedere a tutti che era una signora.
«E chi li paga i soldi?», chiese Maria Rosa.
«Non sono affari suoi», rispose Ginevra. «Mio marito deve mantenermi, io devo essere bella».
E lì la suocera giurò: «Basta, non do più un euro».
Passa altro tempo, e Luca va dalla madre:
«Mamma, fai un prestito per me».
E lei, tranquilla:
«No, figlio mio. Chi ha fatto il debito, lo paghi».
Torna a casa e dice a Ginevra che la macchina non ci sarà. E allora, credimi, scoppia il finimondo! Urla, pianti, porte sbattute—i vicini si facevano il segno della croce. Ginevra strillava che senza macchina la sua vita non valeva nulla, finché Luca non ne poté più e la cacciò di casa. Poco dopo, divorzio fatto.
Morale della favola, ricordatelo: «Non è bella la casa di marmo, ma quella dove si ride». Perché a cosa serve una donna se l’unica cosa che sa fare è tenersi le unghie perfette? L’amore non sono solo parole dolci, ma anche cura e lavoro insieme. E meglio vivere modestamente, ma in pace, che nella ricchezza tra litigi e stress.