Oggi ho voglia di raccontarvi una storia che mi ha fatto riflettere molto. Come dice il vecchio proverbio: “Chi compra il gatto nel sacco, ci mette la zampa”.
Nella nostra bella cittadina di Montepulciano viveva una donna laboriosa e generosa, Antonella Bianchi. La sua giornata era sempre piena: curava lorto, teneva la casa così pulita che il pavimento luccicava e cucinava una minestra che avrebbe fatto leccare i baffi anche ai santi. Suo figlio, Vittorio, era un ragazzo dorobravo con le mani, di buon cuore e sempre pronto ad aiutare. Ma aveva un difetto: era troppo buono, soprattutto con le ragazze, e si lasciava abbindolare facilmente.
Un giorno, portò a casa una sua conoscenza, Alice. Bella come una modella, con ciglia finte lunghe un metro, labbra dipinte e unghie lucide come specchi. A prima vista, sembrava uscita da una rivista. Ma, come dice il proverbio, “Labito non fa il monaco”.
Antonella, fin dal primo momento, non si fidava. Il cuore di una madre è come un cane da guardia: fiuta subito chi non è sincero. Disse piano a Vittorio:
“Figlio mio, questa qui non mi convince. Mi sa che pensa solo ai soldi e ai divertimenti.”
E aveva ragione. La prima cosa che fece Alice in casa fu buttare un piatto sporco nel lavandino e sedersi senza fare nulla. Antonella, abituata allordine, le disse gentilmente:
“Lava quello che hai usato.”
Ma lei non batté ciglio:
“Non voglio sporcarmi le mani.”
Antonella pensò che scherzasse, ma noquel piatto rimase lì, unto e bisunto, nonostante i suoi tentativi di lavarlo.
“Vittorio, dimmi che non hai intenzione di sposarla,” chiese speranzosa.
Ma lui sorrise sognante:
“Certo che sì! La amo!”
E così fu. Passarono pochi mesi e si sposarono. Antonella, anche se con il cuore pesante, diede loro le chiavi di un appartamento di famiglia: che vivessero da soli.
Con il tempo, Antonella andò a far visita ai novelli sposi. E che spettacolo! Polvere sui mobili, piatti sporchi ammucchiati nel lavandino, calzini sparsi per terra come funghi dopo la pioggia. Alice, intanto, era sul divano a limarsi le unghie, sospirando:
“Sto cercando me stessa.”
Intanto, Vittorio aveva già tre prestiti da pagare. Alice voleva una macchina nuova, luccicante, per far vedere a tutti che era una signora.
“E chi la paga?” chiese Antonella.
“Non sono affari vostri,” rispose seccata. “Mio marito deve mantenermi, io devo essere bella.”
A quel punto, Antonella decise: “Basta, non darò più un centesimo.”
Passò altro tempo, e Vittorio tornò dalla madre:
“Mamma, fai un prestito per me.”
Ma lei rispose con calma:
“No, figlio mio. Chi ha promesso, ora se la cavi da solo.”
Tornato a casa, disse alla moglie che la macchina non ci sarebbe stata. E allora scoppiò linfernourla, pianti, porte sbattute con tale forza che i vicini si fecero il segno della croce. Alice strillava che senza macchina la sua vita non valeva nulla, finché Vittorio non ne poté più e la cacciò di casa. Poco dopo, divorziarono.
Morale della storia, cari miei? “Non è bella la casa dorata, ma quella dove regna la pace.” Perché a che serve una donna che sa solo curare il trucco, se non sa tenere una casa? Lamore non sono solo belle parole, ma anche sostegno e lavoro per il bene comune. E meglio vivere modestamente, ma in armonia, che nella ricchezza, ma tra litigi e disperazione.






