Bianco nella barba. Una storia di vita vissuta

Federico, Federico? Come va al lavoro? Tutto bene?
Normalmente. Come sempre.
Federico, Fede, andiamo a cena! Ho preparato i tortellini, come ti piacciono. Dai, andiamo?
Non ho fame.
Federico, Fede, ma come? Ho aspettato te per cena, non ho voluto sedermi senza di te.
Senti, Tania, cosa vuoi da me? Ti attacchi come una zecca, ti giuro! Sei sempre lì, non mi dai tregua! Mi hai stancato, non ne posso più. Sei una bambina? Non riesci a mangiare senza di me? La forchetta non la sai usare?
Federico, non arrabbiarti, dai
Federico! Basta! Mi fai ribrezzo! Non ti rendi conto, Tania? Perché ti umili così davanti a me? Non capisci niente? Mi soffochi con le tue attenzioni, capisci? Con te mi manca laria, presto non potrò più respirare. Sei opprimente, e questa tua cura, questa tua Non ne posso più, Tania, sono esausto. Con te non vivo, sopravvivo. Questo tuo “Federico, Federico!” Quante volte devo dirti che ti sento? Non serve ripeterlo!
Federico, Fede. Prenditi un bicchierino, ti farà bene. Devi riposarti, sei stanco. Tania lo guardava con occhi colpevoli, torcendo il bordo del grembiule tra le mani.
Sei stupida o fai finta? E questo grembiule addosso! Cè unaltra, capisci? Unaltra donna! Lei sì che la amo, con lei respiro! Me ne vado, Tania.
Te ne vai? Ci hai pensato bene? Non credere che perché sono mite ci sia un ritorno. Mi conosci. Se vai, vai, ma sappi che non ti riprenderò. E poi, credi di essere davvero necessario a unaltra? Pensi che per me sia facile sedermi a tavola con te sapendo che cè unaltra? Guarda, Federico, pensaci bene: il tuo amore è così forte da distruggere una famiglia in un attimo?
Non tornerò, non illuderti.

Federico, senza togliersi le scarpe, entrò in camera. Sulle pulite tovaglie fatte a mano restarono impronte di fango dai suoi stivali. Prese uno zaino e cominciò a riempirlo con le sue poche cose. Dopo unultima occhiata alla stanza, uscì senza degnare Tania di uno sguardo. Mentre attraversava il paese, i pensieri gli si accavallavano nella mente.

Perché così? Sta facendo la cosa giusta, lasciando la moglie? Dopotutto, hanno vissuto insieme più di ventanni, hanno un figlio, un bravo ragazzo, militare. Vive lontano, ormai si sentono solo al telefono. Con quella distanza, non si fanno molte visite. Chissà come prenderà il divorzio? Ma non è più un bambino, capirà. Tutto in Federico si è spento, non cè più nulla, neanche rispetto per la moglie. Proprio per quel suo “Federico, Federico!” Sa da tempo, eppure tace, lo fissa negli occhi. Unaltra gli avrebbe graffiato la faccia, avrebbe urlato, ma lei si limita a guardarlo in silenzio, a volte con rimprovero. E per questo dovrebbe rispettarla, quando lei per prima non ha rispetto di sé? E poi questa sua fissazione per lantico. È impazzita del tutto. Era una donna normale, e invece no, si è messa in testa che le servisse una cucina di legno rustico, con tappeti fatti a mano e una stufa a legna. Come unidiota, davvero, ha raccolto quei tappeti in giro per il paese, ha sventrato il pavimento per rifarlo in legno.

No, Stella è completamente diversa. Il suo nome già dice tutto. Una donna con una presa di ferro. E non diresti, è ancora giovane. Solo un po più grande di suo figlio. Poteva essere sua nuora, e invece no, diventerà sua moglie, eppure così familiare, con lei Federico si sente di nuovo giovane, ha imparato a respirare di nuovo. Niente torte, minestre o tappeti con stufe. Non parla nemmeno come Tania. Con tutte quelle sue manie dantico, ha perso la testa, non solo in casa, ma anche nella mente. Con Stella tutto è moderno. Armadi colorati, vestiti alla moda. E poi la sua figura non è certo come quella di Tania. Lei si è lasciata andare, si è sciupata tutta, una chiatta, sempre lì a cercare di compiacere Federico, a guardargli in bocca. Bravo lui ad andarsene. Doveva farlo da tempo. Pazienza, ora tutto sarà diverso.

***

Tania sedeva in mezzo alla cucina, fissava le macchie sporche e brutte sui tappeti e piangeva in silenzio. Lui non aveva capito nulla! Non aveva capito il senso di quegli oggetti antichi, dei tappeti, della stufa. E lei, sciocca, ci aveva sperato! E quelle macchie, come un coltello sporco che le aveva trafitto lanima!

Si guardò intorno, si alzò da terra e con rabbia cominciò a strappare i tappeti sporchi. Ma a chi servono? Non ricorda niente, non ha più nulla di sacro! Quella poi è una mocciosa, lui la ricorda piccola, è poco più grande di loro figlio, quella Stellina. Tornata al paese, tutta modaiola, giovane, bella. E subito è riuscita a infilarsi negli uffici della cooperativa. Trovato un posto, figurati, è una specialista, ai giovani bisogna dare spazio. In due anni è diventata capo economista. Il presidente della cooperativa se nè innam

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