**La Cartolina Dimenticata**
Alessandra Ferri tornò a casa con il cuore pesante.
— Ciao! Hai cenato? — la accolse sorridendo il marito, Enrico, nell’ingresso.
— Aspetta, tu hai cucinato? Di solito non ti avvicini neanche ai fornelli, — disse lei, stupita.
— Oggi è il tuo compleanno. Pensavo che almeno oggi non dovessi stare ai fornelli, — rispose lui allegramente.
Alessandra si sedette sullo sgabello nel corridoio e, all’improvviso, scoppiò a piangere.
— Ale, che succede? — si spaventò Enrico.
— Non mi ha neanche detto buon compleanno… Nemmeno una parola… — sussurrò tra i singhiozzi.
— Chi? Di chi parli? — lui era confuso. Non capiva cosa avesse fatto scoppiare in lacrime sua moglie proprio nel giorno che avrebbe dovuto essere felice.
Fin dal mattino, Alessandra era di malumore. Oggi compiva 60 anni. A casa avevano deciso di non fare festa, per non dar nell’occhio, ma al lavoro avevano organizzato un pranzo con brindisi e auguri. Era stanca di tutta quella confusione e sognava solo di tornare, staccare e stare un po’ in pace.
La sera, la sorella le telefonò.
— Allora, ti hanno fatto gli auguri? — chiese.
— Sì, al lavoro è andato tutto bene. Enrico mi ha portato dei fiori e un voucher per una settimana alle terme — ci andremo d’estate, — rispose lei con tono piatto.
— Perfetto! A questa età dobbiamo concederci qualche piacere. E i ragazzi? Matteo è ancora al lavoro?
— Sì, rimarrà via ancora un mese. Stamattina mi ha chiamato, e poi ha mandato un’orchidea in vaso.
— E tua nuora? Vabbe’, lei abita vicino. È passata almeno a farti gli auguri?
— Non mi ha scritto neanche un messaggio… — sospirò Alessandra, amareggiata. — Abbiamo fatto tanto per loro, e lei… Non ha nemmeno mandato una carta.
— Ma davvero?! — si indignò la sorella. — Io ho due nueri, e per quanto a volte siano distratti, non sono mai arrivati a tanto. Proprio niente?
Quasi a mezzanotte, il telefono di Alessandra vibrò. Un messaggio. Un’immagine rubata da internet con sopra scritto “Buon compleanno”, senza una parola in più. Niente chiamata, niente attenzione. Solo un’immagine fredda, buttata lì.
— Ecco come mi considera, — disse ad Enrico prima di dormire. — Ha già dimenticato che vivono nell’appartamento che abbiamo regalato loro senza neanche discutere.
— Dai, non ti agitare. I giovani oggi sono così: una foto, un like, e pensano di aver fatto abbastanza, — provò a calmarla lui.
— No, Enrico. Non è normale. È mancanza di rispetto. Un compleanno come questo non è una data qualunque. È un traguardo. E un gesto così dice tutto.
Il mattino dopo, il rancore di Alessandra era ancora più forte. Rivangava i dettagli, li ingigantiva, si tormentava fino alle lacrime. Enrico lo vedeva, ma non sapeva come aiutarla. Chiamò persino il figlio.
— Mamma è di nuovo arrabbiata, — disse Matteo, stanco. — Ancora con Sara?
— Non sono arrabbiata. Ma è brutto quando qualcuno che abita a cento metri non ti dedica nemmeno due parole, — intervenne Alessandra, prendendo il telefono. — Di’ a tua moglie che ricorderò anche questo.
— Mamma, forse era stanca. Lavora tanto, — provò a difenderla Matteo.
— Ma per favore! — sbuffò lei. — Ha trovato il tempo per una cartolina vuota, ma non per due parole sincere? Comodo, eh?
Più tardi, Matteo ne parlò con Sara.
— Mi era proprio sfuggito… — si giustificò. — Era un giorno infernale, ero distrutta, e ho pensato di mandare almeno qualcosa. Volevo passare nel weekend con un regalo.
— Ora è tardi, — rispose lui cupo. — Mamma si è offesa. E per un bel po’.
Sabato Sara non riuscì a passare — troppo lavoro — e domenica decise di riposarsi. Ripensò alla visita solo a sera.
— Pazienza, — disse a Matteo. — Passeremo un’altra volta. Non è mica la fine del mondo.
Ma Alessandra fu irremovibile.
— Non serve fare visite di circostanza, — tagliò corto con il figlio. — Gli auguri vanno fatti a tempo. È troppo tardi.
— Quindi non vuoi che veniamo?
— No, — rispose secca. — Non mi servono cerimonie. Voglio rispetto. Se non c’è, non fingete.
Sara, dal canto suo, non vedeva cosa ci fosse di così grave. Ma capì che con la suocera bisognava giocare di astuzia. Così, all’anniversario di matrimonio di Alessandra ed Enrico, insistette per andare con un regalo.
— Diremo che aspettavamo Matteo per festeggiare insieme, — suggerì al marito. — Bisogna aggiustare la situazione.
Ad aprire fu Alessandra.
— Finalmente vi ricordate di noi, — commentò acidamente. — Meno male che l’anniversario ve lo siete segnato.
— Mamma, basta così, — sospirò Matteo. — Non ti dimentichiamo. A volte il tempo scappa.
Sara sorrideva, aiutò a preparare la tavola, sparecchiò, parlò con gentilezza. Poi, a un certo punto, aggiunse:
— Stiamo pensando di ristrutturare. Vogliamo cambiare la carta da parati in corridoio. Tu hai tanto gusto, potresti aiutarci a scegliere?
— Certo, con piacere! — sorrise Alessandra, finalmente compiaciuta.
Sulla strada di casa, Matteo la guardò storto:
— Da quando abbiamo intenzione di fare lavori?
— Ma no, — rise Sara. — Ma se tua madre si sentirà utile, forse passerà il broncio.
E così fu. Una settimana dopo, Alessandra raccontava già alla vicina che senza il suo aiuto i ragazzi non sapevano nemmeno scegliere la tappezzeria. L’amarezza sembrava svanita. Ma basta un altro passo falso, e tutto potrebbe ricominciare…
*Quante volte diamo per scontato chi ci ama, e ci accorgiamo del loro valore solo quando ci sentiamo trascurati.*