Bouquet di Emozioni

**Il Bouquet**

Vittoria giaceva sul letto con gli occhi chiusi. Di fronte, dall’altra parte della stanza, Lucia sedeva a gambe incrociate e leggeva ad alta voce un manuale. All’improvviso, il telefono di Vittoria squillò con una suoneria popolare. Lucia chiuse di colpo il libro e lanciò un’occhiataccia all’amica.

Vittoria rispose a malincuore. Pochi istanti dopo era già in piedi, afferrò lo zaino sportivo e iniziò a buttarci dentro vestiti dall’armadio, frenetica.

— Dove vai? Cos’è successo? — si preoccupò Lucia, alzandosi.

— La vicina mi ha chiamato. Hanno portato mamma all’ospedale, infarto. — Vittoria chiuse la cerniera dello zaino e si diresse verso la porta, dove erano appesi i cappotti delle ragazze, accanto agli stivali e alle scarpe.

— Domani c’è l’esame! È all’ospedale, sarà assistita. Daglielo e poi parti, — disse Lucia, osservando Vittoria infilarsi gli stivali.

— Ascolta, Lu, spiega tutto in segreteria. Sistemerò tutto appena torno. Darò gli esami dopo le vacanze. Devo andare, il pullman parte tra quaranta minuti. — Vittoria stava già chiudendo la giacca.

— Chiamami, fammi sapere come sta tua mamma, — gridò Lucia, ma Vittoria era già fuori dalla stanza. Il rumore dei tacchi si perse nel corridoio.

Lucia scrollò le spalle e rientrò. Notò il caricabatterie di Vittoria sul letto, lo afferrò e corse scalza dietro di lei.

— Vittoria! Aspetta! — urlò scendendo le scale.

La porta d’ingresso sbatté. Lucia saltò tre gradini alla volta, la spinse e quasi inciampò sul marciapiede.

— Vittoria!

La ragazza si voltò, vide il cavo in mano a Lucia e tornò indietro.

— Grazie. — E già ripartiva di corsa.

— Santi, che diavoleria avete combinato? Una quasi sfonda la porta, l’altra esce scalza! Avete fumato chissà cosa? — sbottò l’addetta alla portineria, alzandosi dalla sedia.

— Scusi, signora Gina, non fumiamo, — disse Lucia, tormentandosi i piedi nudi, punzecchiati dai granelli di sabbia e sassolini portati dalle scarpe degli studenti.

— La mamma di Vittoria è in ospedale. Fa freddo, posso andare? — E senza aspettare risposta, risalì le scale.

— Oh, Signore! — La donna si sedette di colpo e si fece il segno della croce. — Santa Madonna, proteggici!

Lucia rientrò in camera, si scrollò di dosso la sabbia, rimise in ordine i vestiti sparsi da Vittoria, infilò le pantofole e prese la teiera per l’acqua. Domani l’esame: un tè caldo e poi di nuovo a studiare.

Era già buio quando bussarono alla porta.

— Chi è? — chiamò Lucia, ma nessuno rispose.

Sospirò, si alzò e aprì.

— Ciao! — Davanti a lei c’era Luca, che teneva in mano un modesto mazzolino di fiori.

— Entra. — Aspettò che Luca varcasse la soglia prima di dirgli che Vittoria era partita.

— Ma domani ha l’esame, — disse lui, sorpreso.

— Andrò in segreteria, spiegherò che sua mamma è malata, darà l’esame più tardi. — Lucia fissava il bouquet.

— Sono per te, — disse Luca, porgendoglielo.

— Grazie. Vuoi un tè? — Prese un vaso dal davanzale.

— Vado a prendere l’acqua, tu accomodati, — sorrise e uscì.

Luca si tolse solo le scarpe, fece due passi e si sedette sul letto di Vittoria. Accarezzò la coperta economica, come se fosse la ragazza stessa.

Lucia tornò, sistemò il vaso con i fiori, si fece indietro per ammirarli.

— Sono belli. Che fiori sono?

— Piselli odorosi, — rispose Luca. — Devo andare. — Si alzò.

— Avevi programmi con Vittoria? — chiese Lucia in fretta, sperando che rimanesse.

— Sì. Avevo i biglietti per un concerto.

— Davvero? Allora portami con te! Non sprechiamoli.

Luca esitò.

— Ma domani hai l’esame.

— E allora? — scosse la mano. — Ho studiato tutto il giorno, è ora di svagarsi.

Luca ci pensò. Vittoria era partita, i biglietti sarebbero andati sprecati. Tra lui e Vittoria era solo l’inizio, niente di serio. Andare al concerto con la sua coinquilina non sarebbe stato un tradimento, no?

— Andiamo, — disse alla fine.

— Evviva! — Lucia saltellò di gioia, battendo le mani. — Aspettami fuori, mi vesto.

— Ah, sì. — Luca infilò le scarpe e uscì.

Cinque minuti dopo, Lucia apparve sulla soglia. Aveva trovato il tempo per mettersi il rossetto e sistemarsi i capelli. Quando aveva fatto tutto?

— Andiamo, sennò facciamo tardi, — la sbrigò lui.

Al concerto, Lucia ballava, saltava e cantava a squarciagola, completamente presa dall’euforia. Ogni tanto guardava Luca, che si lasciò contagiare, si rilassò e iniziò a cantare anche lui.

Poi tornarono a casa a piedi, discutendo animatamente della serata.

— A me è piaciuta soprattutto questa canzone, — canticchiò Lucia.

— Sì! E anche… — Luca intonò un altro motivetto, ripetendo persino qualche parola in inglese.

Arrivarono al dormitorio. Lucia tirò la porta sbarrata.

— Oggi c’è Gina. Non ci apre di sicuro. Che facciamo? — disse, disorientata, cercando lo sguardo di Luca.

— Vieni. — La prese per il braccio e la guidò lungo l’edificio. GiraGirarono l’angolo e videro due ragazze arrampicarsi dalla finestra del piano terra, mentre in lontananza risuonava il fischio del guardiano notturno.

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