Brioche con carattere

14 ottobre 2025

Oggi mi trovo davanti alla porta scrostata di un locale che ora si chiama Caffè Accoglienza. Le lettere sono storte; la U sembra quasi un segno di dubbio. Accanto al portico crescono ancora i rami secchi di lillà, un cassonetto stracolmo e due piccioni che si crogiolano al sole dautunno.

«Eccoci, nuova vita», mormoro a me stessa e inserisco la chiave nella serratura.

Il profumo che mi accoglie è di umidità, muffa e spezie antiche. Starnutisco, apro le finestre, respiro a fondo e mi butto al lavoro.

«Sei impazzita!», urla al telefono la mia amica Stefania. «Hai comprato un bar? Qui in zona? È stato il licenziamento a spingerti così?»

«Meglio impastare pagnotte che contare i soldi altrui», sospiro mentre pulisco i tavoli. «E poi, ho sempre sognato questo. Ti ricordi la nonna?»

«Sì, ma sogni e realtà sono due cose diverse», risponde Stefania. «Questo posto sembra più un capannone.»

«Non è un capannone, è la mia panetteria.»

Lho chiamata Pane allArancia perché la nonna Giulia, che vive ancora accanto, aggiungeva sempre scorza darancia grattugiata alle sue brioche alla cannella. Dinverno la casa sua profumava di agrumi e dolci appena sfornati. Desidero riavvolgere quel calore intorno a me.

La prima settimana è stata deserta. Il caffè è fuori dal centro, dove passano solo chi conosce le scorciatoie. Mi alzo alle cinque, impasto, cuocio, lavo, sperimento ricette. Il profumo di cannella, vaniglia e caffè si mescola nellaria. Metto un vaso di arance sul davanzale e attacco un cartello al vetro: «Entrate, non ve ne pentirete».

«Nonna, aiutami», sussurro mentre sistemò una nuova partita di brioche a forma di chiocciola.

Come risposta, quella stessa sera, è comparsa la nonna Giulia, proveniente dalla casa accanto.

«Stai cuocendo qui? Passavo e ho sentito lodore. Fammi assaggiare.»

Le porgo un pezzo, lei lo guarda con gli occhi socchiusi, mastica e annuisce.

«Buono, davvero buono. Domani porto le ragazze a giocare a dama. Metti il caffè pronto.»

Il giorno dopo arrivano le ragazzine: tre signore anziane con una vita di storie da raccontare. Una settimana dopo, tre studenti universitari. Poi un corriere, poi mia madre con il passeggino. Il passaparola si diffonde piano ma sicuro nel quartiere.

Rinnovo linsegna. Al posto di Accoglienza ora recita: «Panetteria profumata darancia». Mi aiuta Marco, uno degli studenti.

«Che fai, sei designer?»

«Non ancora, studio. Ma le tue brioche sono divine, vorrei dare un tocco anche allinsegna.»

Per la prima volta dopo tanto tempo sento di essere necessaria a qualcuno. La sera, Marco porta una ragazza: «Questa è Chiara, fotografa. Vogliamo lanciare i social per il locale». Quasi mi viene da piangere.

«Buongiorno», dice una voce tremante alla porta. «Sonia»

Mi volto. È Luca, il mio ex, quello che un anno fa è sparito per riflettere e ha iniziato una relazione con una collega.

«Che ci fai qui?», chiedo, la voce secca.

«Ho saputo che hai aperto il caffè. Volevo dare unocchiata.»

«Hai guardato. Ora basta.»

«Aspetta. Un tempo»

«Mi dicevi che ero noiosa. Ora ti manca, vero?»

Sorrido amaramente.

«Non è per questo. Ho sentito che hai investito. Sai, finché non siamo divorziati legalmente, tutto quello che possiedi è considerato patrimonio comune.»

«Sul serio?»

«Non voglio litigare, ma potremmo trovare un accordo. Ti aiuto con le ristrutturazioni, prendo qualche percento»

Resto in silenzio, poi tolgo il grembiule, apro la porta più ampia.

«Luca, vai via. Non voglio più rivederti.»

Luca fa un passo verso di me, ma appare la nonna Giulia con due amiche.

«Chi è questo che fa il casino? Via, ragazzo, qui è regno delle donne.»

Luca borbotta e se ne va.

«Era il tuo ex, vero?», chiede una delle amiche.

«Voleva la sua quota.»

«E non gli basta?», ride la nonna, afferrando unaltra brioche dal vassoio.

Il telefono squilla. È mia madre.

«Che cosa hai combinato? Luca mi ha chiamato, dice che lhai rimproverato.»

«Mamma, è venuto a chiedere una parte del caffè. È normale?»

«È tuo marito, quasi. Forse vi riconcilerete. Non sei più giovane»

«Mamma, ho avviato da zero la mia attività e sono felice. Puoi gioire per me?»

«Ti prego, pensaci. Il caffè è in un quartiere difficile, il divorzio, i risparmi non è vita.»

«Questa è la mia vita, mamma. Lho scelta.»

«Se bruci, non chiamarmi.»

Spengo il telefono, resto a fissare la tazza vuota.

«Posso entrare?», compare Chiara alla soglia. «Abbiamo finito il servizio fotografico Piangi?»

Asciugo la lacrima.

«No, solo ricordo. La nonna mi diceva: se limpasto si attacca, bisogna avere pazienza. Non è ancora pronto.»

«Sei forte, Sonia. Siamo con te.»

Mi abbraccia, poi mi mostra il telefono.

«Guarda, abbiamo pubblicato le prime foto. Già cento follower.»

In primavera la fila per le brioche allarancia arriva fino allangolo. Aggiungiamo rotoli al papavero, ricci di ricotta, strudel di mele. La panetteria prende vita.

Una sera suonano alla porta.

«Posso entrare?», dice un uomo anziano con un mazzo di fiori.

«Sì, prego.»

«Sono il padre di Chiara. È andata a Milano, ma mi raccontava tutto. Io ero panettiere, ora in pensione, non ho più cosa fare. Vi serve aiuto?»

Annuisco.

Da quel giorno, ogni mattina impastiamo insieme. Lui racconta storie, io ascolto e imparo. Alcuni clienti entrano per mangiare, altri per nascondersi dal mondo.

«Sonia, ciao», suona di nuovo Stefania. «Sto pensando e se lasciassi la contabilità?»

«Ti piacciono le brioche?»

«Non è una parola. Vuoi che ti assuma?»

Guardo il locale ampio, appena ridipinto. Tavoli pieni, laroma darancia nellaria, una cartella con i piani di espansione.

«Ti assumerò. Ma compra il tuo grembiule.»

Sorrido.

Fuori piove una leggera pioggia di primavera. La panetteria respira. Le persone entrano e restano. Per la prima volta non temo il futuro, perché ho qualcosa di vero.

Il mio risveglio avviene prima della sveglia.

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