Nella scuola superiore “Leonardo da Vinci” di Milano si tenne una lezione speciale sulla sicurezza. Nellaula magna erano riuniti studenti, insegnanti e genitori. Era stato invitato un cinofilo della polizia con il suo pastore tedesco, di nome Thor. I cani poliziotto affascinavano sempre i ragazzi, e quella volta avrebbero anche assistito a una dimostrazione: come Thor sapeva individuare sostanze proibite, reagire allodore delle armi e obbedire al suo conduttore.
Il poliziotto in divisa salì sul palco con sicurezza, Thor al fianco. Il cane era calmo, quasi indolente, ma i suoi occhi scrutavano attentamente la sala. Gli studenti si scambiavano sguardi e sussurri.
“Questo non è un semplice cane,” disse lagente con un sorriso. “È il mio partner. E non sbaglia mai.”
Mostrò alcuni comandi: Thor trovò una pistola finta nascosta in uno zaino e si sdraiò accanto a una persona che aveva una sostanza simulata in tasca. I ragazzi applaudirono.
Ma allimprovviso, tutto cambiò.
Mentre lagente stava per concludere, Thor si irrigidì. Le orecchie si drizzarono, il pelo sul collo si rizzò. Rimase immobile, fissando la folla. Poi, con un ringhio, si lanciò.
“Thor! Fermo!” urlò il conduttore, ma il cane non obbedì.
Con latrati furiosi, si avventò su una ragazza nella terza fila. Era una studentessa timida e silenziosa di nome Beatrice, che di solito sedeva in fondo alla classe, evitando lattenzione. Quel giorno, stringeva un quaderno al petto, apparentemente una normale adolescente riservata.
Ma Thor sembrava impazzito: ringhiava, mostrava i denti, poi la sbatté a terra. Beatrice gridò, il quaderno volò via, e il panico si diffuse. Gli insegnanti cercarono di trattenere il cane.
“Lascia, Thor! A terra!” Lagente afferrò il collare e lo trascinò via, ma Thor continuò a fissare Beatrice, ansimando e ringhiando.
Il poliziotto era sbalordito. “Non agisce così senza motivo. Mai.”
La ragazza tremava, gli occhi pieni di lacrime. Tutti pensarono a un errore, ma lagente insistette: “Signorina, devo chiederle di accompagnarmi in commissariato con i suoi genitori. Cè qualcosa da verificare.”
I genitori protestarono, gridando allo “scandalo”, ma il cane non smise di ringhiare, e discutere con il suo istinto era inutile.
Al commissariato, presero le impronte digitali di Beatrice. E ciò che scoprirono fece rizzare i capelli agli agenti. I dati coincidevano con quelli di una ricercata a livello nazionale.
Lagente si voltò verso la “studentessa”: “Vuoi dirlo tu… o leggo io il dossier?”
Beatrice sospirò, e la sua espressione cambiò. Da ragazza spaventata divenne una donna fredda e sicura. “Basta fingere,” disse con voce bassa e ferma.
Si scoprì che il suo vero nome era Elena, aveva 32 anni, non 16. Una rara malattia genetica le dava laspetto di unadolescente: statura minuta, lineamenti delicati, voce acuta. Ne aveva approfittato per anni, commettendo furti e frodi, cambiando identità e scuole, vivendo con famiglie ignare.
“Nessuno mi avrebbe mai scoperta,” sogghignò. “Se non fosse stato per il tuo maledetto cane.”
Lagente guardò Thor, che non la perdeva di vista. “Vedi, Elena,” disse gelido, “le persone sbagliano. Ma il mio partner… mai.”
La morale? Le apparenze ingannano, ma listinto, quando è puro, non mente mai.