Cane poliziotto attacca una studentessa di 16 anni e abbaia furiosamente: quando gli agenti hanno preso le impronte, hanno scoperto qualcosa di terribile

Nella scuola superiore “Galileo Galilei” di Firenze si tenne una lezione speciale sulla sicurezza. L’aula magna era piena di studenti, insegnanti e genitori. Tra gli ospiti c’era un agente cinofilo con il suo pastore tedesco di nome Leone. I cani poliziotto affascinavano sempre i ragazzi, e quella volta avrebbero assistito a una dimostrazione: come fiutare droghe, reagire allodore delle armi, obbedire agli ordini.
L’agente in divisa salì sul palco con Leone al fianco. Il cane sembrava calmo, quasi pigro, ma i suoi occhi scrutavano la sala senza sosta. Gli studenti si scambiavano sguardi e sussurri.
“Questo non è un semplice cane,” disse lagente sorridendo. “È il mio compagno. E non sbaglia mai.”
Mostrò alcuni comandi: Leone trovò una pistola finta nascosta in uno zaino e si sedette accanto a un ragazzo con una bustina speciale in tasca. I ragazzi applaudirono.
Poi, allimprovviso, tutto cambiò.
Mentre lagente stava per concludere, Leone si irrigidì. Le orecchie si drizzarono, il pelo si rizzò lungo la schiena. Rimase immobile, fissando la folla. Poi, con un ringhio, si lanciò.
“Leone! Fermo!” gridò luomo, ma il cane non obbedì.
Con un abbaio furioso, si avventò su una ragazza seduta in terza fila. Era una studentessa timida di nome Ginevra Bianchi, sempre silenziosa, che prendeva appunti in fondo allaula. Quel giorno stava con le amiche, stringendo un quaderno al petto. Sembrava una normale adolescente insicura.
Ma Leone la aggredì come impazzito, ringhiando e mostrando i denti. La fece cadere a terra tra le urla. Gli insegnanti cercarono di allontanarlo.
“Basta, Leone! A terra!” Lagente afferrò il guinzaglio, trascinando indietro il cane, ma Leone continuava a fissare Ginevra, ansimando, i muscoli tesi.
Lagente era sconvolto: “Non ha mai reagito così senza motivo. Mai.”
La ragazza tremava, gli occhi pieni di lacrime. Tutti pensarono a un errore, ma lagente insistette: “Signorina, lei e i suoi genitori devono venire in questura. Cè qualcosa da verificare.”
I genitori protestarono, parlando di “vergogna”, ma il cane non smise di ringhiare. E discutere con il suo istinto era inutile.
In questura, presero le impronte digitali di Ginevra. E quando i risultati arrivarono, gli agenti impallidirono.
Le impronte corrispondevano a quelle di una donna ricercata a livello nazionale.
Lagente si voltò verso la “studentessa” tremante: “Vuoi dirmelo tu o leggo il dossier?”
Ginevra sospirò, e allimprovviso la sua espressione cambiò. Da timida ragazzina, diventò una donna fredda, con occhi che avevano visto troppo.
“Basta fingere,” disse con voce profonda.
Si scoprì che il suo vero nome era Elena, aveva 32 anni, non 16. Una rara malattia genetica le dava laspetto di unadolescente: bassa statua, lineamenti infantili, voce sottile. E ne aveva approfittato.
Per anni era sfuggita alla polizia, coinvolta in furti, truffe, rapine di gioiellerie. Le sue impronte erano state trovate ovunque, ma nessuno sospettava mai di una “ragazzina”.
Era entrata in scuole diverse, vissuta con famiglie fingendosi orfana, cambiato identità più volte.
“Nessuno mi avrebbe mai scoperta,” sogghignò. “Se non fosse stato per il tuo maledetto cane.”
Lagente guardò Leone, che non la perdeva di vista.
“Vedi, Elena,” disse gelido. “Le persone sbagliano. Ma il mio compagno, no.”

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