La Cartolina Dimenticata
Tatiana Rossi tornò a casa con il cuore appesantito.
— Ciao! Hai già cenato? — la accolse il marito Nicola nell’ingresso, sorridendo.
— E tu, hai preparato qualcosa? Di solito non metti piede in cucina — rispose lei, stupita.
— Oggi è il tuo compleanno. Ho pensato che in un giorno così non dovessi stare ai fornelli — replicò lui, allegro.
Tatiana si sedette sul pouf del corridoio e, all’improvviso, scoppiò in lacrime.
— Tatiana, che succede? — si spaventò il marito.
— Non mi ha detto neanche una parola… Nemmeno un augurio… — sussurrò tra i singhiozzi.
— Chi? Di chi parli? — Nicola era confuso. Non capiva cosa avesse scatenato quel pianto in un giorno che avrebbe dovuto essere sereno.
Fin dal mattino, Tatiana era di malumore. Oggi compiva sessant’anni. A casa avevano deciso di non fare festa, preferendo qualcosa di più intimo. Ma al lavoro aveva dovuto comunque organizzare un rinfresco, accettare auguri, ascoltare brindisi. La stanchezza per tutto quel trambusto l’aveva spinta a desiderare solo di rientrare, distendersi e stare un po’ in silenzio con se stessa.
La sera, la sorella le telefonò.
— Allora, Tati, ti hanno festeggiata? — chiese curiosa.
— Sì, al lavoro è andato tutto bene. Nicola mi ha portato dei fiori e un soggiorno termale — regalo per l’estate — rispose Tatiana con tono neutro.
— Magnifico! Alla nostra età dobbiamo coccolarci. E i figli? Dario è ancora in trasferta?
— Sì, resterà lì un altro mese. Stamattina mi ha chiamato, e poi mi ha mandato un’orchidea in vaso — bellissima.
— E tua nuora? Abita qui vicino. È passata a farti gli auguri?
— Non ha nemmeno scritto… — esalò Tatiana, con voce amara. — Abbiamo fatto tanto per loro, e lei… Non mi ha neanche mandato una cartolina.
— Ma davvero? — si indignò la sorella. — Io ho due nuore, e per quanto siano svogliate, non si sarebbero mai permesse una cosa simile. Niente di niente?
Quasi a mezzanotte, il telefono di Tatiana emise un bip. Un messaggio: un’immagine generica trovata su internet con la scritta «Buon compleanno». Nessuna parola di suo pugno. Nessuna chiamata. Nessun gesto di affetto. Solo un’immagine inoltrata.
— Ecco il suo pensiero — disse Tatiana al marito, prima di dormire. — Ha già dimenticato che vivono nell’appartamento che abbiamo regalato senza chiedere nulla in cambio.
— Non esagerare — cercò di calmarla Nicola. — Oggi i giovani fanno così: condividono una foto, mettono un like e pensano di aver fatto il loro dovere.
— No, Nicola. Non è normale. È mancanza di rispetto. Un compleanno così non è una data qualsiasi. È una pietra miliare. E un gesto del genere dice molto.
Il mattino seguente, l’umore di Tatiana non era migliorato. Il rancore cresceva. Continuava a ripensare alla giornata precedente, rimuginando sui dettagli, esagerandoli, fino a versare altre lacrime. Nicola lo notava, ma non poteva farci nulla. Chiamò persino il figlio.
— Mamma è di nuovo arrabbiata — iniziò Dario, stanco. — È ancora incollerita con Livia?
— Non sono incollerita. È solo che fa male quando una persona che vive a cento metri neanche alza il telefono per un augurio — intervenne Tatiana, prendendo il ricevitore. — Dì a tua moglie che ricordo tutto. Anche questo giorno.
— Mamma, forse era stanca. Lavora tanto — provò a giustificare la moglie Dario.
— Ma lascia stare! — sbuffò la madre. — Ha avuto tempo per quell’immagine, ma non per due parole? Comodo, no?
Più tardi, Dario ne parlò con Livia.
— Mi ero completamente dimenticata… — si scusò lei. — È stata una giornata terribile, il lavoro era una matassa, tornata a casa non ne potevo più. Allora ho mandato almeno quello. Pensavo di passare nel weekend con un regalo.
— Ora è tardi — rispose cupo il marito. — Mamma si è offesa. E non passerà presto.
Sabato, Livia non riuscì ancora a farsi vedere — troppo lavoro — e domenica preferì riposare. Ricordò la visita solo a notte fonda.
— Pazienza — disse al marito. — Passeremo un’altra volta. Non è la fine del mondo.
Ma Tatiana fu irremovibile.
— Non servono visite di circostanza — dichiarò freddamente al figlio. — Gli auguri si fanno a tempo debito. Punto. Troppo tardi.
— Quindi non vuoi che veniamo?
— No — tagliò corto Tatiana. — Non mi servono cerimonie. Voglio rispetto. E se non c’è, non fingano.
Livia, dal canto suo, non vedeva nulla di così grave nel suo gesto. Ma sapeva che con la suocera bisognava essere più accorti. Così, per l’anniversario di matrimonio di Tatiana e Nicola, insistette per andare con un dono.
— Diremo che volevamo festeggiarvi insieme, ecco perché non sono venuta prima — spiegò al marito, strizzando l’occhio. — Dobbiamo aggiustare le cose.
Ad aprire la porta fu Tatiana.
— Ah, finalmente vi siete ricordati — commentò con sarcasmo. — All’anniversario almeno siete arrivati.
— Mamma, basta — sospirò Dario. — Non vi dimentichiamo. A volte le cose non vanno come previsto.
Livia sorrise, aiutò a preparare la tavola, sparecchiò, parlò con gentilezza. A un certo punto, aggiunse perfino:
— Stiamo pensando di ristrutturare. Vogliamo cambiare la carta da parati nel corridoio. Tu hai così tanto buon gusto, potresti aiutarci a scegliere?
— Certo, con piacere — rispose Tatiana, illuminandosi in un sorriso.
Sulla strada di casa, Dario la guardò sospettoso.
— Da quando abbiamo dei lavori in programma?
— Non abbiamo nulla da ristrutturare — rise Livia. — Ma se tua madre si sentirà utile, forse la ferita si rimarginerà.
E così fu. Una settimana dopo, Tatiana raccontava già alla vicina che i giovani, senza il suo gusto, non sarebbero nemmeno capaci di scegliere la carta da parati. Il rancore sembrava svanito. Ma basta un pretesto, e tutto potrebbe ripetersi…