**Ce la faremo**
Quando le lacrime si esauriscono, quando non resta più la forza per sopportare il dolore della perdita, bisogna costringersi a vivere. Vivere, a tutti i costi, per portare bene e felicità alle persone intorno. E, soprattutto, sapere che qualcuno ha ancora bisogno di te.
Luigi e sua moglie Laura piangevano sul loro figlio nella stanza d’ospedale, dove il tredicenne Matteo era stato portato dopo essere stato investito da un’auto. Era il loro unico figlio, un ragazzino brillante e buono, che i genitori adoravano.
*«Dottore, ci dica… Matteo sopravviverà?»* chiese Laura, fissando il medico con speranza, mentre lui evitava il suo sguardo e non prometteva nulla.
*«Facciamo tutto il possibile»*, fu la risposta del dottore.
Luigi e Laura non erano ricchi, ma erano pronti a trovare tutti i soldi necessari pur di salvare il figlio. Ma né il denaro né l’amore dei genitori potevano fermare l’inevitabile: Matteo stava morendo. Era incosciente, con pochissimo tempo davanti.
Nella stanza accanto c’era Marco, un ragazzino di quattordici anni. Orfano, la vita non era stata generosa con lui. Respirava a fatica, debole e consapevole che gli restava poco. Per lui, abbandonato e con un cuore malato che poteva fermarsi da un momento all’altro, non c’era un donatore disponibile.
Quando il medico anziano lo visitava, senza guardarlo negli occhi, ripeteva sempre la stessa cosa:
*«Andrà tutto bene, Marco, troveremo un cuore per te. Devi solo sperare e aspettare.»*
Ma Marco sapeva che il dottore lo stava solo rassicurando. Non piangeva.
*«Il tempo passa e niente cambia»*, pensava. *«Devo accettare la realtà. Guarderò ancora il cielo azzurro, l’erba verde, il sole che scalda tutti… presto non potrò più.»*
I suoi insegnanti e il direttore dell’orfanotrofio venivano a trovarlo, gli dicevano che tutto sarebbe andato bene, e anche loro evitavano il suo sguardo. Lui annuiva, senza dirgli che capiva tutto.
Una volta, fingendo di dormire, Marco sentì l’educatrice parlare col dottore.
*«Se c’è una possibilità, salvatelo. È un ragazzo buono. So che trovare un cuore è difficile, ma se c’è anche la minima possibilità… porteremo tutti i documenti necessari.»*
*«Sa che non è in mio potere. Lo aiuterei volentieri»*, sospirò il medico, senza promettere nulla.
Marco chiuse gli occhi, pensando: *«Quando arriverà il momento, spero solo non faccia troppo male…»*
Il suo amico Paolo, dall’orfanotrofio, veniva a trovarlo e piangeva. Ma era Marco a consolarlo:
*«Non preoccuparti, Paolo. Magari là fuori c’è un’altra vita. Ci rivedremo, anche se non presto.»*
Si sdraiava e rifletteva come un adulto. *«So che la mia vita è appesa a un filo. Che può finire in qualsiasi momento. Che peccato non vedrò più la pioggia calda, il sole brillante, la neve che scricchiola d’inverno…»*
Non sperava più in un miracolo. Così, quando il dottore entrò e questa volta lo guardò negli occhi, dicendo:
*«Preparati, Marco. L’operazione è fissata. Speriamo vada bene.»*
…lui rimase impassibile. Non credeva più a niente. Ignorava che, nel frattempo, nello studio del medico, i genitori di Matteo vivevano la loro tragedia. Non sapeva nemmeno chi fosse quel ragazzo. Laura, la madre, urlava disperata:
*«Mai permetterò che il cuore di mio figlio vada a qualcun altro!»*
Luigi taceva, indeciso. Ma il dottore insistette:
*«Non possiamo salvare vostro figlio. Ma possiamo dare una vita a un altro bambino. Il tempo stringe, decidete.»*
Alla fine, Luigi fissò il medico con occhi spenti:
*«Sia così. Che il cuore di mio figlio batta in un altro ragazzo. Che almeno lui viva.»* Laura non disse nulla, troppo straziata per parlare.
Marco chiuse gli occhi in sala operatoria. Non aveva paura. Pensava solo che presto avrebbe rivisto i suoi genitori, morti in un incidente anni prima. Nessuno gli aveva detto del trapianto. Non sperava più nei miracoli.
*Ora tutto andrà bene, ora sì.*
Si svegliò e vide il dottore chinarsi su di lui, guardandolo finalmente negli occhi.
*«Eccoti qui. Ora sì che andrà tutto bene.»*
Per la prima volta, Marco sentì un barlume di speranza.
*«Forse è vero… forse ho un cuore nuovo»*, pensò, prima di riaddormentarsi.
I genitori di Matteo aspettarono fuori. Sapevano che il figlio non c’era più, ma speravano che il suo cuore vivesse in qualcun altro.
Il dottore uscì e si avvicinò:
*«L’operazione è riuscita. Grazie per aver salvato Marco. Il cuore di vostro figlio batte in lui.»*
Laura scoppiò di nuovo in lacrime. Luigi non riuscì a parlare, annuì soltanto.
Il tempo passò. Marco stava meglio. Ora sapeva del trapianto, aveva conosciuto i genitori di Matteo, che lo visitavano quasi ogni giorno. Dopo l’ospedale, aveva bisogno di cure e riposo. Un giorno, Luigi e Laura lo invitano:
*«Marco, abbiamo deciso di adottarti, se vuoi.»*
Lui non sapeva se gioire o riflettere, ma di sicuro non voleva tornare all’orfanotrofio.
*«Sì»*, sussurrò.
Non sapeva quanto fosse stato difficile per loro. Laura aveva resistito, rifiutandosi di portarlo a casa. Ma il cuore di Matteo in quel ragazzo la convinse. Litigarono, poi piansero abbracciati. Decisero che Marco avrebbe in qualche modo preso il posto del figlio.
Marco si sentiva a disagio. La prima volta che lo visitarono, si chiese se lo odiassero per il cuore che aveva. Notò come Laura lo osservasse, cercando forse un pezzo di Matteo in lui. E nei suoi occhi c’erano lacrime.
Traslocò a casa loro. Luigi lo guidò nella stanza di Matteo.
*«Ora è tua.»*
Sul comodino c’era un tablet. Marco guardò Luigi, in silenzio.
*«Puoi prenderlo»*, disse l’uomo, uscendo.
Marco non aveva mai avuto un tablet. Lo sfogliava quando Laura irruppe:
*«Non ti hanno insegnato a chiedere il permesso?»*
Rimase paralizzato, il cuore accelerò.
*«Scusi… me l’ha detto lui…»*
Luigi rientrò e la fermò, ma lei scoppiò in lacrime, lanciandosi in un’altra stanza.
*«Non posso sopportarlo!»* urlava.
Marco si sentì in colpa. *«Forse sarebbe meglio se tornassi all’orfanotrofio.»*
Passarono settimane. C’era una pace fragile. Ma Marco sentiva che Laura lo paragonava sempre a Matteo.
*«Matteo lo faceva meglio. Matteo era più bravo a scuola.»*
Lui li chiamava *«voi»*. Luigi cercava di mediare, chiedendogli pazienza.
*«Non prenderla a male. Le serve tempo.»*
Marco aspettò. Cercava di non deluderla, ma lei continuava a ricordargli quanto Matteo fosse perfetto. Un giorno esplose, gridando a Luigi:
*«Non ce la faccio più! Veditelo tu, se ries*«Non ce la faccio più! Veditelo tu, se riesci a sopportare la differenza tra lui e il nostro Matteo!»* urlò, afferrò una borsa e corse dalla madre.