Chi, se non io?

Chi, se non io?

Nel cortile di un palazzo a cinque piani di un quartiere popolare di Torino tutti conoscevano la nonna Alvetta Petrini. Bassa, esile, con i capelli bianchi raccolti in un fermo chignon, passeggiava con il bastone ma con una vivacità che faceva impallidire i ragazzini più scattanti.

Alvetta viveva lì da quando ledificio fu costruito, ricordava tutti gli abitanti e, a sua volta, veniva rispettata non tanto per gli anni, quanto per la lingua affilata e la volontà di ferro. Quando qualcuno dei vicini si trovava in difficoltà, la nonna Alì (come la chiamavano i più intimi) era la prima a sbucare in soccorso; quando qualcuno rompeva le regole, era la prima a dare la sua risposta.

Un giorno si trasferì una nuova famiglia: una coppia giovane con un figlio adolescente. Il ragazzino, di nome Pasquale, trovò subito compagni di marachette e presto il cortile divenne un vero caos: lampadine rotte nello scalo, scritte volgari sui muri e, una volta, persino una finestra del seminterrato dove la nonna Alì accudiva i suoi gattini fu infranta.

Pasquale non era solo un monello, era un monello con la fantasia storta. A volte tendeva una corda tra gli alberi perché i ciclisti cadesero, altre volte infilava nella sabbionaia sorprese lasciate dai cani dei vicini. I genitori sospiravano: «È letà della ribellione», ma la nonna Alì non era daccordo.

Ehi, Pasquale! lo chiamò una mattina mentre tentava di legare una petardo al tavolino. Vieni qui da me.

Che vuoi? brontò il ragazzo, ma si avvicinò.

Sei un bambino furbo?

Beh Pasquale aggrottò le sopracciglia.

Perché a me sembrano solo scemenze. Un furbo non si comporta così.

Lasciali in pace!

Non li lascerò. Se non sono io a dirti la verità, chi lo farà?

Pasquale fece una smorfia, ma tolse il petardo.

Il giorno dopo la nonna Alì lo colse sul nuovo impresa: stava spruzzando con una bombolette un insulto sul muro del garage.

Oh, oh, oh disse, osservandolo. Ecco un artista!

E allora? rispose Pasquale con un sorriso sornione. È bello, no?

Bello, sì, ma il proprietario del garage, il signor Nicola, sta per tornare dal lavoro. Se ti becca

Che me ne frega!

Va bene, sospirò Alì. Ma ricorda: se il signor Nicola non ti punirà, sarò io.

Pasquale sbuffò, ma gettò via la bombolette.

Quella sera il signor Nicola, rosso di rabbia, correva per il cortile agitando la cintura.

Chi lha fatto?!

Pasquale si nascose dietro langolo, ma la nonna Alì era già lì, accanto a lui.

Allora, artista, ti nascondi o ammetti?

Mi ucciderà!

Pensavi che una scarabocchiata non avesse conseguenze?

Alla fine Pasquale dovette pulire il garage sotto locchio vigile del signor Nicola e della nonna Alì.

Vedi? disse, una volta finito. Ora il garage è pulito e tu sei salvo. Potrebbe andare peggio.

Sì, andate via mormorò Pasquale, ma la sua arroganza era ormai smorzata.

Passò il tempo. Pasquale continuava a combinare, ma con meno disinvoltura. Un giorno la nonna Alì lo vide inseguire i più piccoli del cortile.

Di nuovo per i tuoi giochi? lo domandò severa.

Sono loro a venirmi a prendere!

Sei più grande, dovresti essere più saggio.

E che devo fare con loro?

Non inseguirli, ma insegnagli qualcosa.

Pasquale la fissò.

Cosa?

Pensa potresti mostrar loro come si gioca a calcio. O a caccia al tesoro.

Sono mica bambini!

Prova tu.

Con riluttanza prese una palla di casa. Dopo mezzora il cortile era pieno di risate: Pasquale insegnava ai piccoli a tirare i rigori.

Da quel giorno Pasquale cambiò. Non era diventato un santo, ma non era più quel diavolino da cui tutti fuggivano. Quando la nonna Alì si ruppe una mano, fu lui a portarle le borse della spesa.

Che succede, Pasquale? Ti sei fatto adulto? lo stuzzicò.

Solo perché non vi sentiate più a litigare, balbettò.

Tutti sapevano che la nonna Alì era severa, ma sempre per il giusto, e così la gente lascoltava. Perché, se non lei, chi?

Lestate passò. Pasquale non inseguiva più i bambini; ora erano loro a seguirlo, chiamandolo il grande. Mostrava come inchiodare una vite, riparare una bicicletta e persino organizzò un società segreta con password e motto: «I veri uomini non fanno i monelli, difendono i più deboli!».

Una volta, mentre la nonna Alì sedeva sulla panchina, osservò Pasquale separare una rissa fra due ragazzini.

Brutto, Arturo! urlò uno. Colpiscilo!

Niente pugni, intervenne Pasquale, facendo da barriera. Risolviamolo onestamente.

Alì sorrise.

Allora, Pasquale, lo chiamò dopo lo scontro. Ora sei quasi un eroe per noi?

Dai, nonna, arrossì. Sono solo dei piccoli sciocchi.

E sei già grande.

Pasquale rifletté.

Nonna, perché mi trattate così? Ero proprio un pacchetto di guai.

Perché ho visto in te una buona persona.

E gli altri?

Loro preferivano sgridare. Io fece un occhiolino. Da giovane ero proprio come te.

Pasquale spalancò gli occhi.

Sul serio?

Certo. E peggio. Mi portarono pure in caserma.

E poi?

Un vecchio mi disse: «Sei furba, perché ti comporti da sciocca?» E mi fermai a pensare.

Pasquale rise.

E ora devo anchio riflettere?

Hai già iniziato, lo vedo.

Abbassò lo sguardo.

Nonna, e se se sbaglio di nuovo?

Non sbagli, solo ti aggiusti. Se lo fai, va bene.

Da quel momento Pasquale divenne il punto di riferimento del cortile. Aiutava gli anziani, aggiustava le altalene e convinceva gli amici a non sprecare rifiuti. Quando la nonna Alì si ammalò di nuovo, lui le portava ogni giorno le medicine e le raccontava le novità del quartiere.

Pasquale, mi rendi completamente viziata, brontolava, ma gli occhi suoi ridevano.

Sono io a educarvi, rispondeva.

Un giorno arrivò un nuovo ragazzino, altrettanto scaltro come Pasquale qualche anno prima.

Ehi, ragazzo! lo salutò Pasquale. Vieni qui da me

La nonna Alì, seduta sulla panchina, sorrise piano.

Chi, se non lui?

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