«Ma chi stai portando in casa, figlio mio…»
Antonietta Rossi aveva passato tutto il giorno in cucina. Aveva preparato le insalate preferite, farcito i peperoni ripieni, infornato un pollo croccante e profumato. Quel giorno era speciale—suo figlio Luca avrebbe portato a casa la sua fidanzata per la prima volta.
La casa luccicava di pulito, la tovaglia stirata, la crostata fresca sul davanzale. Antonietta si sistemò i capelli più volte, si osservò nello specchio e attese con ansia—desiderava tanto piacere alla futura nuora.
Scattò la serratura. Antonietta raddrizzò le spalle: «Sono loro!» pensò, e stava per avviarsi verso l’ingresso quando udì voci soffocate.
«Luca, ma sei serio? Questa è casa tua? Sembra un museo…» sbuffò sprezzante Donatella.
«Taci, Dona… la mamma sente. Perché fai così?»
«Che senta pure! Magari si rende conto che tutta questa roba vecchia andrebbe buttata!» e con rabbia diede un calcio al mobiletto antico nel corridoio.
«Che ti permettono?!» Antonietta uscì dalla stanza, il viso pallido, gli occhi fiammeggianti. «Qui sei in casa mia, non al mercato!»
Un silenzio opprimente scese.
Donatella non si scusò nemmeno. A cena fece la schizzinosa, toccò a malapena il cibo, lasciando cadere commenti su come l’arredamento fosse «da nonna»—e comunque, non avrebbero mai vissuto lì senza un totale rifacimento.
Ad Antonietta venne male, fisicamente. Si alzò in silenzio, uscì sul balcone, una mano sul petto. Per la prima volta in trent’