Oggi è stata una giornata strana. Mi sveglio con un presentimento, come se qualcosa dovesse accadere. Ma cosa? Tutto ciò che doveva succedere è già accaduto. L’amore, la famiglia, e ora sono sola. Mio marito, con cui ho vissuto trentasei anni, è morto due anni fa. Mio figlio ha la sua famiglia, due bambini, tutti sani. Forse è solo la sensazione della festa che verrà, finalmente capisco. Domani è l’8 marzo.
E subito penso a lui, a mio marito. Nessuno mi regalerà mimose o tulipani. Ma che sto dicendo? C’è mio figlio, Sandro, certo che passerà a salutarmi.
Un tempo avevamo una casa al mare. Piccola, sei stanze, comprata dai miei genitori dopo le crisi degli anni passati. Quando lavoravo, ci andavo solo nei fine settimana o in vacanza. Poi, in pensione, ci passavo l’estate intera, tornando in città solo per fare la spesa.
Quell’estate fu torrida e secca. Dovevo innaffiare l’orto ogni giorno. Mio marito arrivò il venerdì sera, come sempre, ma notai subito che era pallido.
“Tutto bene, fa caldo,” mi rispose, scacciando le mie preoccupazioni.
“Riposati, finisco io. Siediti all’ombra.”
Si sedette sulla panchina di legno, appoggiandosi al muro caldo del sole, mentre io innaffiavo con il tubo. Quando mi avvicinai, capii subito che qualcosa non andava. Sembrava addormentato, ma appena lo sfiorai, cadde di lato. Si era spento lì, sulla panchina.
Vendetti la casa al mare quell’autunno. Non potevo più tornarci. Mi sembrava sempre di vederlo seduto lì. Mio figlio mi diede ragione.
“Meglio così, ormai si trova tutto al supermercato.”
Lui e la sua famiglia andavano in vacanza al mare. Gli diedi i soldi della vendita. Ha due bambini, ne ha più bisogno. A me basta la pensione. Pensai di tornare a lavorare, ma Sandro mi dissuase.
“Guadagneresti due spicci e ti logorerai i nervi. Se ti mancano i bambini, passa più tempo con i nipoti. Ci sono io, se hai bisogno.”
E così vivo sola. Certo, le mani di un uomo mancano. Ma Sandro chiama sempre qualcuno se si rompe qualcosa.
Negli ultimi anni, con mio marito andava tutto bene. Ma da giovani… Litigavamo così forte che quasi ci separammo. Lui era prudente, ma le donne lo sentono. Una volta non ce la feci più e gli aprii la porta.
“Non voglio rischiare che porti chissà cosa a casa.”
Lui mi guardò, prese la valigia e si sedette sul divano. Poi arrivò Sandro da scuola, aveva tredici anni. Vide la valigia e capì tutto.
“Mi odierai?” chiese mio marito.
“Lo farò,” rispose lui, sbattendo la porta della sua stanza.
Mio marito si alzò e nascose la valigia dietro il divano. “Ehm… c’è qualcosa per cena?”
Mangiammo in silenzio.
Il giorno dopo tornai tardi da lavoro. Corsi in camera a controllare: la valigia era sparita. Mi sentii male. Poi la vidi sull’armadio in corridoio. Aprii l’armadio: i suoi vestiti erano ancora lì.
Quando tornò, gli dissi male: “Meglio tenere la valigia pronta, non si sa mai.”
Lui non rispose, ma da quel giorno smettemmo di litigare. Se solo avessimo capito prima.
Cerco di ricordare solo il bene. Che senso ha tenere il rancore? La solitudine ha i suoi vantaggi: pulisco meno, cucino cose semplici. Leggo molto, guardo serie che lui odiava. Lui stava sempre davanti al telegiornale o alla partita, io in cucina con la tv sul frigo. Ora mi godo il divano come una regina.
Domani è l’8 marzo. Forse un dolce? Ma chi lo mangerebbe? Sandro verrà, preparerò dei muffin al cioccolato per i nipoti. Mi addormentai davanti alla tv.
Un suono mi svegliò: il campanello. Il cuore mi balzò in gola. Chi poteva essere? Sandro ha le chiavi.
Mi sistemo i capelli e apro. Un uomo sconosciuto, sui sessanta, con dei tulipani in mano. Non bello, ma dignitoso.
“Chi cerca?” chiedo.
“Potrebbe chiamare Ludovica, per favore?”
“Qui non vive nessuna Ludovica. Sbaglia indirizzo.”
“Ma è via Garibaldi 20, appartamento…”
“È il mio, ma non c’è mai stata una Ludovica.”
L’uomo sembra confuso. “Non può essere.”
“Lo è. Ci vivo da decenni.”
Chiudo la porta, ma sento ancora i suoi passi. Poco dopo, suona di nuovo.
“Che vuole ancora? Ho già detto che non c’è!”
“Non sono un ladro. Almeno prenda i fiori…”
Apro e li accetto. Mi spiega: è venuto da Reggio Calabria per incontrare Ludovica, che ha conosciuto l’estate scorsa. Gli ha dato questo indirizzo, ma ora non la trova. Ha perso il biglietto con il numero.
Lo invito a entrare, gli offro da mangiare. Si chiama Andrea Bellini, vive al mare, solo dopo la morte della moglie. Ha conosciuto Ludovica, una vacanziera, ma lei non è più tornata.
“Magari ha un marito,” dico io.
Lui annuisce, rassegnato. “Non cercherò più. Se volete venire al mare, la casa è aperta.”
Pensai: “Crede che, fallito con Ludovica, ci provi con me?” Ma la sua espressione è sincera.
Se ne va. Poco dopo arriva Sandro con un mazzo di tulipani olandesi. Gli racconto di Andrea.
“Sei pazza a far entrare sconosciuti! Potrebbe essere un truffatore!”
“Non lo è. Mi ha invitata al mare. Se decido di andare, mi compri il biglietto?”
“Se è serio, volentieri.”
Due giorni dopo, Andrea chiama.
“Sono arrivato bene. Grazie ancora. Se vuole venire, la aspetto.”
Sorrido. Forse ci andrò davvero.
MESCOLARE I FIORI
Mette i tulipani modesti di Andrea insieme a quelli sgargianti di Sandro. “Così stanno meglio.”
Non cerca storie, ma… chissà. Il mare le manca. L’ultima volta fu tanti anni fa, quando Sandro aveva tredici anni.
Come sarebbe bello, ora, sedersi all’ombra di un pergolato, ascoltare le onde…
Forse ci andrò. E poi, chi lo sa?