**Ciao, Chiara**
Il rombo delle moto e il vociare dei passanti riempivano l’aria di Roma mentre Chiara rientrava a casa dopo il turno in ospedale. Il telefono squillò proprio mentre posava la borsa sul tavolo.
«Ciao, Chiara! Che fai?» La voce di Beatrice, la sua amica di sempre, risuonò vivace.
«Sono appena tornata. È urgente? Scusa, sono stremata, oggi è stato un giorno infernale», rispose Chiara, sfiorando la tempia con le dita.
«Ti chiamo per ricordarti che domani è il mio compleanno! Ci vediamo alle sette al ristorante “Il Cavallino”. Niente scuse, eh? A domani!» Beatrice riattaccò prima che Chiara potesse replicare.
«Chi era?» La madre era già sulla soglia, le braccia incrociate.
«Lo hai sentito», borbottò Chiara. La madre fece una smorfia. «Beatrice mi ha invitato al suo compleanno», aggiunse cercando di ammorbidire il tono.
«Peccato che non hai comprato quel vestito azzurro, sarebbe stato perfetto». Nella voce della madre c’era un rimprovero sottile.
«Mamma, mi era completamente uscito di mente! Non ho nemmeno preso un regalo. E poi non ho voglia di uscire… la saluterò un’altra volta».
«Un’altra volta? Beatrice è la tua unica amica! Vuoi offenderla? Così rimarrai sola. Domani compro io il regalo, non preoccuparti. Vai, svagati un po’, che pensi solo al lavoro. Hai quasi trent’anni e niente famiglia, niente figli. Anzi, nemmeno una relazione seria hai mai avuto!»
«Cosa c’entra? E non ho quasi trent’anni, ne ho ventisette!»
«Già ventisette! Beatrice ha una fila di spasimanti. Magari ti presenta qualcuno», borbottò la madre.
«Mi sembra che tu voglia sbarazzarti di me il prima possibile, come diceva nonna», replicò Chiara, l’irritazione che le affilava le parole.
«E cosa ci sarebbe di male? I figli delle tue ex compagne di scuola stanno per diplomarsi…»
«Tra l’altro, Beatrice, nonostante i suoi spasimanti, non è nemmeno sposata», osservò Chiara con sarcasmo.
«Lei si sposerà, stai tranquilla. Tu invece…»
«Eccoci.». Chiara alzò gli occhi al cielo. Sua madre aveva iniziato con il solito disco rotto.
«Dimmi pure che sei in punto di morte e che io non sono sistemata», sbottò Chiara, la rabbia che le saliva in gola.
«Non sono in punto di morte, ma il tempo passa e mi piacerebbe godermi i nipoti!». La voce della madre si fece più aspra.
«Dio santo, mamma, ne hai solo cinquantatré!»
«Appunto. Tra poco andrò in pensione e nessun nipote in vista. Domani vai a quella festa. Oddio, le polpette stanno bruciando!». La madre corse in cucina.
Il giorno dopo, Chiara entrò nel ristorante reggendo un sacchetto regalo. Indossava il vestito azzurro raccomandato dalla madre, i capelli sciolti e mossi, sempre su suo consiglio. Si sentiva a disagio, fuori posto, come una bambina travestita da adulta. Era in ritardo per colpa della solita lite.
La sala era affollata, ogni tavolo occupato. Tra i clienti si muovevano silenziosi i camerieri in grembiuli neri. Il vociare assordante la travolse come un’onda.
«Ha prenotato o aspetta qualcuno?». L’amministratore le sorrise con professionalità forzata.
«Sì, è il compleanno di un’amica…». La voce di Chiara era incerta. I ristoranti la mettevano sempre a disagio.
«Seguimi». L’uomo la guidò al tavolo dove Beatrice, raggiante, era seduta tra due uomini. Uno era Luca Ferretti, figlio di un banchiere, già presentato tempo prima. L’altro aveva un’aria più semplice, quasi impacciato. Chiara capì subito: Beatrice l’aveva invitato per lei.
«Grazie». Beatrice rivolse al cameriere il suo sorriso più smagliante. «Finalmente, amica mia! Abbiamo già ordinato, spero ti piacerà». Sussurrò a Chiara: «Sei bellissima».
Chiara avrebbe voluto sparire. Si scusò per il ritardo, consegnò il regalo, che Beatrice posò a terra senza aprirlo.
Luca versò lo spumante. «Solo un goccio, devo fare il turno di notte», disse Chiara quando la bottiglia si avvicinò al suo bicchiere.
«La nostra Chiara è un’infermiera!», annunciò Beatrice con finto orgoglio.
I brindisi si susseguirono, i piatti arrivarono. «Ti presento Andrea. È marinaio, immagina!», disse Beatrice, afferrando coltello e forchetta.
«Mercantile?», chiese Luca.
«Peschereccio», rispose Andrea, a denti stretti.
«E si guadagna bene?»
«Non mi lamento».
«Deve essere dura stare mesi in mare. Niente donne, niente divertimenti…». Luca riempì di nuovo i bicchieri.
«Dopo il turno sei troppo stanco per pensare alle donne. All’inizio è dura, ma ci si abitua».
Andrea mangiò con appetito, rispose alle domande, ma non guardò mai Chiara, mentre gli occhi gli cercavano Beatrice. Niente di nuovo: tutti cadevano ai suoi piedi.
Quando l’orchestrina iniziò a suonare, Beatrice trascinò Luca a ballare. Al ritorno, Chiara annunciò: «Devo andare, ho il turno».
«Andrea, accompagnala», ordinò Beatrice, come una regina che concede una grazia.
«No, davvero!», protestò Chiara, alzandosi di scatto.
«Dai, è tardi!». Beatrice lanciò ad Andrea uno sguardo eloquente.
Fuori, Chiara si voltò brusca. «Non serve accompagnarmi, è vicino».
«Ti accompagno», insistette lui.
«Fai come vuoi».
Arrivarono in silenzio davanti al suo palazzo. «Siamo arrivati. Ciao».
«Tra due giorni parto per Genova. Devo fare le visite, poi si riparte». Andrea scrutò la facciata. «Quali sono le tue finestre?»
«Buon viaggio». Chiara entrò senza rispondere. Quando si voltò, Andrea era già sparito.
«Chi era?», chiese la madre appena varcò la porta.
«L’hai visto».
«Ho dato un’occhiata per caso».
«Certo, per caso». Chiara passò oltre, diretta in camera.
Più tardi, la madre le porse un contenitore con dei panini mentre si preparava per il turno. «Allora, chi ti ha accompagnato?»
«Uno degli spasimanti di Beatrice». Chiara infilò le scarpe da ginnastica. «Grazie, vado».
Beatrice le confessò poi di aver invitato Andrea apposta per lei.
L’estate lasciò il posto all’autunno. Una sera di novembre, mentre il vento sferzava le finestre dell’ospedale, un’ambulanza portò un giovane con un braccio rotto e la commozione cerebrale.
Chiara riconobbe Andrea. Mentre il medico gli ingessava il braccio, lei gli puliva i graffi.
«Che le è successo? Ha chiamato la polizia?»
«No. Sono tornato dal viaggio e sono corso dalla mia ragazza, ma era con un altro, pronta a sposarsi. Il fidanzato si è arrabbiato e mi ha pestato. Ma ne ha prese anche lui».
«Capita. Almeno la ragazza era carina?», commentò il medico.
«Dottore, ma le donne«Beh, sì», rispose Andrea guardando dritto negli occhi Chiara, che arrossì improvvisamente, mentre il medico sorrise e tornò a concentrarsi sul gesso, lasciando che il destino facesse il suo corso.