*Pronto, mi ascolta? Voglio solo aprirle gli occhi…*
Lucia era seduta al tavolo della cucina, chiedendosi cosa fare. «Perdonare? Impossibile. Non si può chiudere un occhio sul tradimento. Eppure, in fondo, ho vissuto bene tutti questi anni. Un appartamento nel centro di Roma, una vita agiata. Non ho di che lamentarmi. Ma allora perché…?»
***
A scuola, Lucia era sempre stata la prima della classe. I suoi genitori l’avevano cresciuta così: tutto doveva essere perfetto.
Al contrario, Matteo passava con il minimo dei voti in tutte le materie, tranne in matematica. Là era un genio, vinceva ogni competizione. Sembrava sempre scarmigliato, con l’abitudine di arruffarsi i capelli quando qualcosa non gli riusciva. Un po’ curvo, e quegli occhiali spessi con la montatura di corno che lo facevano sembrare un secchione. Le ragazze? Non gli interessavano. Poteva pensare solo a teoremi e formule.
Una volta, durante l’intervallo, qualcuno lo urtò per sbaglio, facendogli cadere gli occhiali, che si frantumarono. Durante la lezione, Matteo strizzava gli occhi miopi per vedere la lavagna. Ma Lucia, improvvisamente, notò il suo profilo: quello di un condottiero greco, con un mento marcato, un naso dritto, labbra ben disegnate e ciglia folte che incorniciavano gli occhi.
Una gomitata la fece sobbalzare.
«Ma guarda, senza occhiali è proprio un bell’uomo», le sussurrò all’orecchio l’amica Simona.
Lucia abbassò lo sguardo, imbarazzata, ma dopo qualche minuto tornò a fissare Matteo. All’uscita, gli si avvicinò e gli disse che senza occhiali stava molto meglio.
«Non hai mai provato le lenti a contatto?»
Il giorno dopo, Matteo arrivò a scuola senza occhiali e senza strizzare gli occhi. Lucia capì che i genitori gli avevano comprato le lenti.
«Così va meglio?» le chiese durante l’intervallo.
«Moltissimo», rispose lei con un sorriso.
Da quel giorno, iniziarono a frequentarsi. Lui parlava con passione di teoremi, lei non lo staccava dagli occhi. Lo aiutava in italiano e letteratura. Matteo, vincitore di olimpiadi matematiche, aveva le porte aperte di tutte le università. E per lui, Lucia cambiò idea: rinunciò alla facoltà di lettere nella sua città e partì per Roma, pur di stargli vicino.
Alla fine degli studi, i genitori di Lucia insistevano perché tornasse a casa. Ormai non sperava più di restare con Matteo. Ma alla vigilia della partenza, lui le fece la proposta, inginocchiandosi goffamente con un anello in una scatolina, come in un vecchio film romantico.
Matteo si iscrisse al dottorato e iniziò a tenere lezioni all’università. Ai giovani sposi fu assegnata una stanza nell’alloggio per docenti, con una piccola cucina e un bagno.
Lucia era una studentessa mediocre, e l’unica prospettiva era l’insegnamento. Dopo un anno e mezzo, nacque una bambina, e lei non tornò più a scuola. Matteo completò il dottorato, vinse un premio prestigioso per aver dimostrato un teorema complesso. Lucia rimase a casa, a crescere la figlia.
I lavori di Matteo vennero pubblicati su riviste internazionali. Fu persino invitato a tenere lezioni ad Harvard. La nomina a professore ordinario segnò un nuovo traguardo. Lucia era felice dei suoi successi, perché c’era anche il suo merito. Dall’alloggio si trasferirono in un appartamento nel centro di Roma.
Gli amici li consideravano la coppia perfetta, un esempio per i figli. La vita di Lucia ruotava attorno Matteo e a loro figlia Ginevra, cresciuta bellissima e sposata presto con un giovane artista promettente.
Ma tutto crollò in un giorno. Lucia stava per preparare il pranzo quando squillò il telefono.
«È la moglie di Matteo Ferrara? La chiamo per avvertirla. Suo marito la tradisce. Non riattacchi», disse una voce femminile, anche se Lucia non ci pensava nemmeno. «Ha avuto una relazione con mia figlia. La poveretta è caduta in depressione quando l’ha lasciata. Ora frequenta una giovane docente. Vanno insieme alle conferenze… Pronto, mi ascolta? Voglio solo aprirle gli occhi…»
Dall’altra parte già risuonava la linea occupata, ma Lucia continuava a tenere il telefono in mano. Non era il tipo da credere alle chiacchiere, voleva vedere con i suoi occhi. Andò all’università, trovò l’aula dove Matteo teneva lezione e attese.
Finalmente, le porte si aprirono e una folla di studenti invase il corridoio. Matteo passò accanto a lei senza vederla. Non guardava mai in giro. Quando entrò nel suo ufficio, Lucia aspettò qualche minuto e spinse la porta. Lui stava baciando una giovane donna bellissima…
***
«E ora cosa faccio?» si chiedeva ancora, seduta in cucina, fissando la carta da parati a fiori.
Lucia trasalì sentendo girare la chiave nella serratura.
«Non ho fatto in tempo a preparare il pranzo», pensò, per abitudine, ma subito si calmò. «Che importa? Che lo prepari l’altra». Prese una valigia dalla dispensa e andò in camera a fare i bagagli.
«Hai deciso di portare tutti i tuoi vestiti in tintoria?» le chiese Matteo entrando. Nella sua voce c’era più ironia che sorpresa. Lucia lo fissò negli occhi.
«Sono le tue cose. Sei tu che te ne vai.»
«Perché? Dove?» Finalmente, era scioccato.
«Me lo chiedi? Sono venuta all’università oggi, ti ho visto con lei… Bella. Avresti potuto dirmelo tu, invece di farmelo scoprire dagli altri.»
«Cosa dovrei dirti? Quali altri?» Matteo era nervoso.
«Gente gentile che mi ha parlato delle tue avventure con studentesse e colleghe. Sii un uomo, ammettilo.»
«Non capisco…» Matteo distolse lo sguardo.
Lucia si sedette sul letto, accanto alla valigia, si coprì il volto con le mani e scoppiò in lacrime.
«Lucia», Matteo le si avvicinò, le mise una mano sulla spalla.
Lei si scostò di scatto.
«Ho dedicato la mia vita a te, ti ho tolto ogni peso per lasciarti lavorare alle tue teoremi, per farti fare bella figura. E tu… Eri sicuro che non sarei mai andata via. Non ho niente. Tutto qui è tuo…» Lucia indicò la stanza. «Comprato con i tuoi soldi. So solo fare la casalinga, non valgo nient’altro.»
«Non ho un posto dove andare, tu sì. Pensi che la tua amante permetterà di vendere il nostro appartamento?» Chiuse la valigia e la posò davanti a lui. «Basta. Vai da lei.»
«Qui ti sbagli. Non me ne vado. Se vuoi, vai tu.»
Lucia sentì un colpo allo stomaco. Guardò il marito senza riuscire a respirare.
«La porterai qui, nel nostro appartamento? Dormirai con lei nel nostro letto? Dio, non ti riconosco più.»
Per un attimo si guardarono negli occhi. Poi Lucia uscì nell’ingresso. Aspettò che lui la fermasse, ma Matteo tacque. Come in un incubo, uscì di casa. Si sedette sulla panchina davanti al palazzo, le gambe cedevano. L’agitazione e lo shock delle ultime ore si face”Ma quando raggiunse la stazione e comprò un biglietto per Napoli, la città dove era nata, qualcosa dentro di lei si sollevò, come se fosse finalmente libera di disegnare un nuovo inizio con colori mai usati prima.”