Cinque anni fa, accadde qualcosa di speciale. La mia vicina, nonna Vera, aveva appena perso suo marito Giuseppe, un veterano di guerra. Era rimasta completamente sola, poiché non avevano avuto figli. La vecchietta non smetteva di ricordare il suo amato Peppino.
Si erano sposati poco prima della Seconda Guerra Mondiale. Poi lui partì per il fronte e la fedele Vera lo attese con ansia. Peppino era tornato vivo, ma con una mano mutilata. Amava profondamente sua moglie e le aveva promesso di proteggerla sempre da ogni male, ma non mantenne la promessa: se ne andò lasciandola sola.
In occasione dell’anniversario della morte del marito, un grande gatto nero apparve alla sua porta. Era notte fonda, il vento soffiava furioso e la neve turbinava, ma, chissà come, nonna Vera udì i suoi miagolii. Aprì la porta e vide quel gatto sconosciuto, affranta per la sua solitudine, gli permise di entrare e gli offrì un po’ di latte in un piattino.
Il gatto rifiutò il cibo, passeggiò con un’aria indipendente per la casa, e dopo un accurato esame, si acciambellò sulla poltrona di nonna Vera e iniziò a fare le fusa, addormentandosi immediatamente.
Stranamente, nonna Vera non cacciò via il gatto. Si accucciò vicino a lui e al mattino poté osservarlo meglio. Era ben curato, grassoccio e per nulla simile a un randagio! Nero come la pece, con grandi occhi verdi e un aspetto alquanto altezzoso. Un dettaglio importante: gli mancavano le dita della zampa anteriore sinistra, proprio come al suo caro Peppino! La vecchietta si commosse.
Il gatto saltò leggiadro sulle sue ginocchia e fece le fusa.
“Gatto, dovrei darti un nome… Che ne dici di Nero?” gli chiese, accarezzandolo amorevolmente.
Il gatto la guardò con occhi che sembravano umani, lasciandola confusa e senza parole.
“Certo, ‘Nero’ non ti piace. Allora che ne dici di Peppe? Un bel nome!” rispose frettolosamente.
Il gatto miagolò insoddisfatto, saltò giù e si mise a graffiare concentratamente il divano.
“Va bene, va bene. Non ti darò un nome per ora. Sarai semplicemente il Gatto. Ma lascia stare il divano” chiese gentilmente la vecchietta. Il Gatto in qualche modo intese la richiesta, smise di graffiare e si allontanò con aria solenne.
Così, iniziarono a vivere insieme: nonna Vera e il Gatto. Frequentemente la visitavo, e lei mi raccontava meraviglie sul suo Gatto!
Il Gatto sembrava avere proprietà curative. Dopo la morte del marito, nonna Vera aveva avuto un infarto e il suo cuore spesso la tormentava. Ma bastava che si stendesse, e subito il Gatto si accoccolava sul suo petto, facendo le fusa e addormentandosi. E il dolore scompariva, come se non fosse mai esistito!
Un giorno, mentre nonna Vera si era sdraiata a riposare con il Gatto, qualcuno bussò alla porta. Era Vittorio, un ubriacone del quartiere, che iniziò a chiedere soldi in modo aggressivo. Nonostante la gentile resistenza di nonna Vera, Vittorio continuava ad insistere e ad offenderla. All’improvviso, il Gatto ruggì e si scagliò contro l’uomo, che scappò spaventato dopo un secondo attacco deciso. Il Gatto ritornò da nonna Vera con uno sguardo che sembrava dire “missione compiuta”, e si ritirò con il suo solito portamento dignitoso.
Un giorno, nonna Vera aveva in programma di andare in comune a chiedere della legna da ardere e mi chiese di accompagnarla. Arrivai presto per prenderla, ma la trovai seduta sul letto, visibilmente confusa e indecisa.
“Nonna Vera, perché non sei pronta? Dobbiamo andare,” cercai di convincerla.
“Irina, non posso andare. Mi dispiace,” disse tranquillamente.
“Perché no?”
“È il Gatto. Mi ha detto di non uscire.”
“Come sarebbe a dire? Non possiamo riprogrammare. Preparati!” insistetti.
“Ascolta, Irina. Ho sognato che il Gatto mi parlava. Mi chiamava Vera, proprio come faceva Peppino, con la sua stessa voce! Mi ha detto di restare a casa e che la legna sarebbe arrivata in una settimana. Mi ha anche detto di dire a Luisa di rinunciare all’intervento. Non sopravvivrebbe…”
Rimasi senza parole, incredula. Successivamente si scoprì che l’autobus su cui saremmo dovute salire per un soffio non ebbe un incidente. Inoltre, in seguito mi informò che Luisa non seguì il consiglio e purtroppo morì durante l’operazione.
Nel tempo, iniziai a credere anche io che il Gatto fosse l’anima di Peppino tornata per stare con Vera fino alla fine, mantenendo la promessa fatta un tempo.
Alla fine, nonna Vera visse fino a 94 anni. Morì pacificamente nel sonno l’anno scorso. Prima di andarsene, mi fece promettere di prendermi cura del Gatto. Dopo la morte di nonna Vera, il Gatto rimase per tre giorni vicinissimo al suo feretro, in lacrime. Accompagnò Vera al cimitero e si trattenne lì, rifiutandosi di venire a casa con me. Ogni giorno lo visitavo e lo nutrivo, finché un giorno, in mezza primavera, il Gatto trovò pace sulla tomba di nonna Vera e Peppino.
Non so se fosse solo un gatto o l’anima di Peppino, ma mi piace credere che fosse tornato per proteggere la sua amata Vera, come aveva promesso.




