«Vi ho cresciuti in cinque, e non volete mantenere un solo padre?»
Una storia drammatica dalla campagna umbra
— Luigi, alzati, è mattino già da un pezzo, è ora di andare al lavoro! — scuoteva il marito Valentina, tenendo in una mano una padella bruciacchiata e nell’altra la fragile speranza che stesse solo scherzando.
— Non mi alzo. Lasciami stare, Vale. Basta. Non tornerò più in fabbrica, — borbottò Luigi, senza aprire gli occhi, voltandosi verso il muro.
La moglie prima rise — suvvia, le vacanze erano finite, ma era ancora assonnato.
— Ma dai, che sciocchezze! Abbiamo festeggiato il matrimonio di Rosina, ci siamo riposati, ora è il momento di rimettersi in moto. C’è tanto da fare!
— Ti dico sul serio. Basta. Mi sono licenziato. Non lavoro più. La lettera l’ho scritta prima delle ferie. Ieri è stato il mio ultimo giorno.
— Ma che dici, Luigi?! Hai perso la testa?! Dove troverai un altro lavoro così? Mancano solo due anni alla pensione! Resisti ancora un po’! — Valentina impallidì e per poco non lasciò cadere la padella.
— Non ce la faccio più. Non ho più forze. Ho chiuso. Abbiamo cresciuto cinque figli. Tre maschi, due femmine. Li abbiamo istruiti, sistemati. Li abbiamo fatti diventare grandi. E io? Ora voglio solo riposarmi. Ho fatto la mia parte.
— Sei senza cervello, se pensi di appoggiarti ai ragazzi, — sbuffò la moglie, con voce spezzata. — Chi ti manterrà? La mia pensione è una miseria. E tu, invece, hai deciso che ti sosterranno loro?
— Certo. Non sono estranei. Cinque! Davvero un padre resterà senza un boccone?
— Sei impazzito, vecchio rimbambito! — esplose Valentina. — I ragazzi hanno già abbastanza pensieri per conto loro. Hanno mutui da pagare, nipoti a scuola. E tu… fannullone! — lo afferrò per la manica e lo strattonò.
Lui si scostò di scatto, e lei sbatté dolorosamente contro l’armadio.
— Non insistere. Non toccarmi. Ho deciso. Punto.
Le lacrime bruciarono gli occhi di Valentina. Sapeva bene: se Luigi diceva così, non c’era modo di farlo cambiare idea. Saltò su, si avvolse nello scialle e corse dalla vicina — zia Maria, la vecchia saggia a cui persino i carabinieri chiedevano consiglio.
— Oh, zia Mari, è la fine! Luigi è impazzito! Si è licenziato, dice che non ce la fa più. Che devo fare? Come farlo rinsavire?
— E che tanto trambusto. Lui è davvero stanco. Aver cresciuto cinque figli non è come sbucciare una mela. Si è logorato, poveretto. Lascialo riposare. Trattalo con dolcezza.
— Sì, certo! Gliela faccio vedere io, la dolcezza. Quando arriveranno i ragazzi, gli organizzeremo una bella «vacanza»! — disse Vale con uno sguardo carico di rancore.
Una settimana dopo, la famiglia era riunita. Valentina aveva chiamato tutti, preparato una tavola imbandita perché nessuno partisse a stomaco vuoto. Ridevano, si abbracciavano, i nipoti correvano in cortile. Ma dopo pranzo, sparecchiata la tavola, calò un silenzio pesante.
— Papà, — fu il primogenito, Alessandro, a romperlo, — è vero che ti sei licenziato?
— Vero, figlioli. Ho deciso: basta. Non ce la faccio più.
— Ma come, papà? — intervenne Matteo, il secondogenito. — Mancano due anni. Resisti. Non ha senso così!
— Ho già scelto. Ho più di quarant’anni di contributi. La pensione arriverà. Voi siete in cinque. Potete mantenere un vecchio, ne sono certo.
La moglie, dietro di lui, trionfava, mentre i figli si agitavano. Alessandro tossicchiò:
— Ecco… noi abbiamo il mutuo, stiamo comprando l’auto. Sarà difficile.
— E noi, la piccola Giulia va a lezione di pianoforte, i ripetitori costano. I soldi volano, lo sai bene, — aggiunse la moglie di Matteo. Lui tacque.
— Io… ho iniziato i lavori in casa. Devo finire prima dell’inverno, poi venderemo. Non posso prendermi altro sulle spalle, — sospirò Luca, il più giovane.
Le figlie parlarono in coro. Una aveva comprato mobili a rate, l’altra aveva il marito lontano per lavoro, i soldi scarseggiavano. Valentina si alzò, come un generale prima della battaglia:
— Ecco, Luigi, vedi? Ognuno ha le sue grane. E tu vuoi essere un peso. Non ti vergogni? Pretendi dai figli invece di sostenerli. Domani mattina, esci e trovati un lavoro. Se torni senza una lettera d’assunzione, non entri. Chiaro?
Luigi si alzò. In silenzio. Guardò i suoi figli. Guardò la moglie.
— Vi ho cresciuti in cinque… e non volete mantenere un solo padre… — disse a voce bassa, e se ne andò in camera.
Il mattino dopo, uscì per cercare lavoro. Lo assunsero. Lo stipendio era la metà, ma almeno lavorava. Valentina era soddisfatta — l’aveva «curato». Due giorni dopo, non tornò a casa.
A tarda sera bussarono alla porta. Arrivò la notizia dall’ospedale: Luigi era morto. Infarto massiccio. Si era sentito male sul lavoro, non fecero in tempo a salvarlo. Morì in ambulanza.
Ora Valentina vive sola. La pensione è una miseria. I figli la visitano di rado. Soprattutto le figlie. I maschi telefonano solo a Natale.
E nella sua mente, ancora e ancora, risuonano le ultime parole del marito:
«Vi ho cresciuti in cinque… e non volete mantenere un solo padre…».