Come mi sono liberata astutamente della suocera e ho riconquistato la pace
Cinque mesi fa, nella nostra famiglia, è avvenuto un miracolo tanto atteso: è nato nostro figlio Matteo. Per me e mio marito Luca, è stato uno dei giorni più felici della nostra vita. Ci eravamo preparati con libri, video e corsi, e quando il piccolo è arrivato, anche se non è stato facile, abbiamo fatto del nostro meglio. Luca mi ha supportato in tutto: turni di notte, biberon da sterilizzare, ninne per calmarlo. Eravamo una squadra affiatata.
Ma tutto è durato esattamente fino al momento in cui è irrompere in casa nostra… sua madre. Due mesi fa, mia suocera — Maria Grazia — è arrivata per “aiutarci”. Senza preavviso. Senza essere invitata. Con le valigie, con un’aria trionfante, come se stesse salvando noi da un disastro inevitabile.
“Resto per un periodo indefinito!” ha annunciato sulla soglia.
All’inizio, ho pensato: forse sarà davvero d’aiuto. Ma mi sbagliavo. La vita si è trasformata in un vortice infinito di critiche, controllo e mancanza di tatto. Mai un attimo di tregua. Ogni mia mossa era accompagnata da un commento:
“Ma cosa gli hai messo addosso? Si gela!”
“Non gli hai dato l’acqua di finocchio, di nuovo?”
“Ai nostri tempi, i bambini crescevano diversamente, per questo le nuove generazioni sono così fragili…”
Ho provato a dirle gentilmente che forse era il caso di tornare a casa sua, che aveva un marito e impegni… Ma Maria Grazia sembrava sorda ai suggerimenti.
“Pietro se la caverà! Voi avete più bisogno di me!” rideva sguaiatamente, versandosi il tè e impartendomi ordini.
All’inizio ho sopportato. Poi mi sono arrabbiata. Poi ho pianto di nascosto. E poi ho capito: non se ne sarebbe andata così facilmente. E così ho deciso di agire.
La mattina dopo, mi sono avvicinata con il sorriso più dolce che potessi fare:
“Maria Grazia, ho pensato… tornerò a lavorare. Solo part-time, però! E visto che sei qui con noi, potresti occuparti di Matteo mentre sono in ufficio? Solo sei ore al giorno…”
Il sorriso di mia suocera è svanito all’istante.
“Da sola? Con un neonato?” ha chiesto, sgomenta.
“E chi, se non lei? Ha detto di volerci aiutare, no? Ecco l’occasione perfetta! Ce la farà benissimo. Io intanto mi riposerò un po’ e guadagnerò qualcosa. Dobbiamo ristrutturare, lo dice anche Luca.”
Quando mio marito è tornato, come speravo, Maria Grazia è corsa da lui a lamentarsi. Ma Luca… mi ha appoggiata!
“Mamma, è un’ottima idea! Così Chiara potrà riposarsi un po’. Hai detto di voler aiutare, ecco la tua occasione. Sappiamo che sei capace!”
Mia suocera era disorientata. Ma non ha osato obiettare.
E il giorno dopo sono “andata al lavoro”. In realtà, ho passato la giornata con un’amica. A volte al parco, a volte a fare shopping. Ma ogni volta tornavo a casa stremata, con occhi stanchi e un filo di gratitudine:
“Grazie, Maria Grazia, senza di lei non ce l’avrei fatta…”
E intanto mi assicuravo che non si rilassasse troppo. Cena non pronta?
“Non fa niente, sono così stanca che preparo io qualcosa… ma domani, magari, potresti provare tu? Tanto sei a casa tutto il giorno…”
E nei weekend? Cinema, caffè, passeggiate romantiche con Luca. Mentre Maria Grazia… rimaneva con il nipotino. Con i pannolini, le coliche, i biberon e i sonagli.
È passata una settimana. Poi due.
E una sera Maria Grazia ha sbottato:
“Scusate, ragazzi… ma Pietro senza di me non sa nemmeno accendere il gas. La casa è un disastro. Devo tornare.”
“Ma come?” ho detto, fingendo dispiacere. “Contavamo su di lei… Ma se proprio devi…”
Il giorno dopo aveva già fatto le valigie. E io… ho finalmente respirato.
La casa è tornata ad essere un luogo di pace. Sono tornata a prendermi cura di mio figlio, delle mie cose. Luca era al mio fianco, e noi eravamo di nuovo una famiglia, non ostaggi di un “aiuto” imposto. E sapete una cosa? Non mi pento affatto del mio “piano astuto”. Perché a volte una donna deve saper difendere non solo se stessa, ma anche la propria serenità.