Io e Giulia ci siamo sposati dopo appena sei mesi di conoscenza. Mi era sembrata non solo una donna di straordinaria bellezza, ma anche una di quelle capaci di gestire una casa e prendersi cura del proprio uomo. Quando passeggiavamo verso il teatro di Firenze, mi scrutava con attenzione dalla testa ai piedi, senza mai lasciare nulla di imperfetto nel mio abbigliamento: giacca, scarpe, tutto doveva essere impeccabile. Nei ristoranti, Giulia mi consigliava con sicurezza questo o quel piatto, dimostrando una conoscenza che mi faceva pensare a una vera passione per la cucina.
Prima del matrimonio vivevamo in appartamenti separati. Un paio di volte a settimana dormivo da lei; le nostre cene e colazioni erano semplici, ma c’erano altre cose a occuparci la mente oltre al cibo, e io non facevo caso a quella semplicità.
Poi, finalmente, siamo diventati una famiglia, sia sulla carta che nella realtà. Nei primi tempi, mia moglie evitava di farmi notare che i piatti con cui mi deliziava a cena provenivano da un ristorante. Per fortuna, al giorno d’oggi, la consegna a domicilio è una comodità irrinunciabile. Per non farle mancare nulla, le avevo dato una copia della mia carta di credito, che poteva usare liberamente a suo piacimento. Ma dopo appena una settimana, non potei più trattenere la domanda che mi bruciava sulla lingua:
– Sei tu a cucinare, o è tutto ordinato?
Giulia arrossì violentemente:
– Sì, viene consegnato… Io, in pratica, non so cucinare. E neanche mi piace.
Quelle parole mi colpirono come un fulmine a ciel sereno. Mia madre aveva sempre viziato mio padre, me e mio fratello con piatti fatti in casa, non riscaldati al microonde come avanzi da ristorante, ma freschi, appena usciti dal forno, ancora fumanti. Per non parlare dei benefici di una cucina casalinga, per la salute e per il portafoglio. Certo, ogni tanto affidarsi a uno chef può essere una soluzione, ma come abitudine costante…
Cercai di convincere Giulia che vivere senza cucinare in casa era semplicemente impensabile, che avrebbe dovuto imparare quest’arte tipicamente femminile, ma non ci riuscii.
Dopo quella conversazione imbarazzante, il massimo che mia moglie iniziò a fare fu comprare prodotti surgelati al supermercato: ravioli, gnocchi e altre schifezze del genere. A salvarmi era la mensa dell’ufficio. La cuoca lì preparava pranzi casalinghi da sogno, e io mi appoggiavo a quelli per tirare avanti.
Dopo tre mesi, però, l’atteggiamento di Giulia verso la cucina mi aveva stancato. Non volevo creare tensioni proprio all’inizio della nostra vita matrimoniale. E poi c’era un altro motivo: in casa nostra regnava un ordine impeccabile grazie a lei; le mie camicie, stirate alla perfezione, erano appese nell’armadio accanto al resto dei vestiti, piegati con cura dalle sue mani.
Eppure, decisi di agire. Comprai alcuni libri di cucina dai colori vivaci, armato di una bottiglia di champagne e un mazzo di fiori, e tornai a casa determinato a convincerla a sfruttare i fornelli per qualcosa di più che scaldare l’acqua o cuocere cibi preconfezionati – tanto più che avevamo una cucina moderna, piena di ogni comfort.
I fiori la resero felice, ma quando vide i libri, il sorriso le svanì dal volto:
– Capisco tutto. Pensavo che i fiori fossero solo un regalo spontaneo.
Il dialogo si arenò fin dall’inizio. La cena a base di pizza consegnata a domicilio non mi ispirò affatto e, poco prima che il supermercato vicino chiudesse, corsi a fare la spesa. Tornai con borse piene di ingredienti vari, qualcosa da cui partire. Riempii il nostro enorme frigorifero e chiesi a Giulia di provare a cucinare qualcosa il giorno dopo. Lei sbuffò, senza rispondere, come a dire: “Ne abbiamo già parlato.”
Dovevo assicurarmi un piano B. Mi rifugiai sul balcone con una sigaretta e chiamai la banca, chiedendo di disattivare la carta duplicata.
Il giorno dopo, nel pieno del lavoro, Giulia mi telefonò:
– Senti, non capisco, la carta non funziona, non riesco a pagare niente!
Le chiesi:
– E cosa stavi pagando?
Esitò:
– Beh… ecco…
Non avevo tempo per giri di parole:
– Giulia, la carta non sarà attiva finché non inizieremo a mangiare decentemente. Scusa.
La sera mi accolse con un broncio evidente, ma non era tutto. Sul tavolo c’era un pollo leggermente bruciacchiato e delle patate fritte dall’aspetto tutt’altro che invitante. Accanto, un’insalata che ricordava vagamente una greca. Ignorando il suo atteggiamento ostile, la sollevai tra le braccia e la portai in cucina:
– Dio mio, quanto desideravo una cena con pollo e patate!
Giulia, ancora fingendosi offesa, si liberò dalla mia stretta:
– Si è un po’ bruciato…
Scoppiai a ridere:
– Sciocchezze, mangerò tutto!
Ovviamente, sia il pollo che le patate erano lontani dalla perfezione, ma non feci il minimo commento alla “cuoca” per non scoraggiare quel timido segnale di progresso.
… Dopo una settimana, riattivai la carta di credito.