La cecità provocata dall’avidità e le sue conseguenze
Siamo stati inseparabili sin da piccoli
Sin dall’infanzia, sono stato molto legato a mio cugino, Massimo.
Siamo cresciuti insieme come fratelli, condividendo gioie e dolori, finendo nei guai, studiando e sognando.
Quando i suoi genitori si sono separati e sua madre se n’è andata con un altro uomo, Massimo è rimasto con suo padre.
Quest’ultimo beveva, se la prendeva con il figlio, poteva picchiarlo e umiliarlo.
Io, anche se più giovane, lo difendevo sempre.
Alla fine siamo scappati insieme da quel incubo: abbiamo sistemato la vecchia soffitta di casa di sua nonna e ci siamo trasferiti lì.
Era il nostro rifugio.
Pensavamo che le cose avrebbero solo migliorato.
Ma allora non sapevo ancora quanto l’avidità potesse rovinare una persona.
Iniziò a invidiarmi
Quando sono entrato all’università, Massimo già lavorava.
Ma vedendo che iniziavo a costruirmi una vita, decise anche lui di trasferirsi in città e rimanere vicino.
Vivemmo di nuovo insieme, condividendo tutto ancora una volta.
Lavoravo come guardia di sicurezza per pagare gli studi, mentre lui si arrabbiava perché non riusciva a trovare un lavoro decente senza un diploma.
Lo esortavo a studiare, anche solo per corrispondenza, ma non voleva.
Iniziò invece a provare invidia.
Notava quanti soldi avevo, quali vestiti compravo e dove andavo.
Dentro di sé ribolliva di gelosia.
L’avidità lo portò alla rovina
Massimo voleva avere quanto me.
Ma non attraverso il lavoro o lo studio.
Si unì a una banda locale che si guadagnava da vivere con attività illecite, ma ben remunerate.
Sapevo che era consapevole di ciò che faceva.
Ma il desiderio di superarmi e avere più di me lo accecava.
Un giorno comprai una macchina.
Fu il mio primo acquisto importante, guadagnato onestamente.
Lo invitai a venire con me, semplicemente per fare un giro e vederla.
Ma non riuscì a nascondere la sua rabbia.
Vidi l’odio nei suoi occhi.
Non poteva sopportare il pensiero che io andassi avanti mentre lui restava fermo.
Lo stesso giorno fece un prestito e comprò un catorcio che non durò nemmeno un mese.
Diventò un uomo ossessionato dall’avidità.
Il finale era inevitabile
Smetti di pensare agli amici, alla famiglia, persino a se stesso.
Voleva sempre di più, sempre di più.
Vendette amicizie, tradì chi lo sosteneva, litigava con i familiari.
Vedeva nelle persone non esseri umani, ma concorrenti.
Si è autodistrutto.
Ora è completamente solo.
Solo come un’auto in panne abbandonata sul ciglio della strada.
Come un pilota che non arriva al traguardo.
L’avidità spazza via tutto.
Ma alla fine di questa corsa non ci sono vincitori.