Come l’avidità lo ha accecato e distrutto tutto

La cecità causata dall’avidità

Eravamo inseparabili
Fin dall’infanzia, ero legatissimo a mio cugino Romano.

Siamo cresciuti insieme come fratelli, condividendo gioie e dolori, finendo nei guai, studiando, sognando.

Quando i suoi genitori si separarono e sua madre se ne andò con un altro uomo, Romano rimase con il padre.

Lui beveva, si sfogava sul figlio, poteva colpirlo, umiliarlo.

Io, nonostante fossi più giovane, lo difendevo sempre.

Alla fine, scappammo da quell’incubo insieme: ristrutturammo la vecchia soffitta della casa della sua nonna e ci stabilimmo là.

Era il nostro rifugio.

Pensavamo che ormai tutto sarebbe andato meglio.

Ma allora ancora non sapevo fino a che punto l’avidità potesse distruggere una persona.

Invidiava persino me
Quando mi iscrissi all’università, Romano già lavorava.

Ma vedendo che stavo costruendo la mia vita, anche lui decise di trasferirsi in città per stare vicino.

Vivevamo di nuovo insieme, condividevamo tutto.

Lavoravo part-time come guardia di sicurezza per pagarmi gli studi, e lui si arrabbiava perché non riusciva a trovare un lavoro serio, dato che non aveva un diploma.

Lo incoraggiavo a studiare, anche per corrispondenza, ma lui non voleva.

Iniziò a provare invidia.

Cominciò a notare quanti soldi avessi, quali vestiti comprassi, dove andassi.

Dentro di lui, l’invidia cresceva.

L’avidità lo portò alla rovina
Romano voleva avere quanto me.

Ma non con studio e lavoro.

Si unì a una banda locale: si occupavano di affari loschi, ma guadagnavano bene.

Sapevo che era consapevole di ciò che faceva.

Ma il desiderio di essere meglio di me e di avere più di me lo accecò.

Ed ecco che un giorno comprai una macchina.

Fu il mio primo acquisto importante, guadagnato onestamente.

Lo invitai a venire con me, solo per fare un giro.

Ma non riuscì a nascondere la rabbia.

Vidi l’odio nei suoi occhi.

Non poteva sopportare che io andassi avanti, mentre lui rimaneva fermo.

Lo stesso giorno contrasse un prestito per comprare un catorcio, che non durò neanche un mese.

Si trasformò in una persona ossessionata dall’avidità.

Il finale era prevedibile
Smettette di pensare agli amici, alla famiglia, a se stesso.

Voleva sempre più, sempre più, ancora più.

Vendeva l’amicizia, tradiva chi lo sosteneva, litigava con i suoi cari.

Vedeva le persone non come persone, ma come concorrenti.

Si distrusse da solo.

Ora è completamente solo.

Solo come una vecchia macchina abbandonata sul ciglio della strada.

Come un pilota che non ha raggiunto il traguardo.

L’avidità travolge tutto.

Solo che alla fine di questa corsa non ci sono vincitori.

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