Mi nome è Beatrice Lombardi, e a 38 anni mi trovavo al funerale di mia madre, temendo il momento in cui mia sorella, Carlotta, sarebbe entrata nella sala. Erano passati sei anni da quando mi aveva portato via Lorenzo, il mio fidanzato milionario, con cui avevamo sognato di unire le nostre vite. Da allora, non li avevo più rivisti.
Mia madre, Eleonora, era sempre stata la roccia della nostra famiglia. Cresciute in una periferia modesta di Milano, da lei avevo imparato il significato della forza e della dignità. Otto mesi prima le era stato diagnosticato un cancro al pancreas in stadio avanzato, spezzandomi il cuore. Passò gli ultimi giorni serena, circondata dallaffetto dei suoi, stringendomi la mano e pregandomi di trovare la pace nella mia vita.
Sei anni prima, tutto sembrava perfetto. Avevo una carriera brillante nel marketing, ma sentivo che mancava qualcosa. Tutto cambiò quella sera in cui incontrai Lorenzo De Santis a una cena di beneficenza. Era un milionario autodidatta nel settore tecnologico, carismatico e generoso. Ci capimmo al volo. Dopo diciotto mesi, durante una cena esclusiva nel porto di Genova, mi chiese di sposarlo con un anello di diamanti da cinque carati. Accettai senza esitare.
Poi cera mia sorella, Carlotta, sempre in ombra, con una rivalità nascosta. Nonostante i nostri rapporti tesi, la scelsi come testimone alle nozze. Quando presentai Lorenzo a lei, attribuii il suo comportamento eccessivamente amichevole al suo carattere estroverso. Mi sbagliavo di grosso.
Tre mesi prima del matrimonio, le cose cambiarono: Lorenzo lavorava fino a tardi, i suoi messaggi erano vaghi, e iniziò a criticare ciò che prima amava di me. Intanto, Carlotta mi chiamava sempre più spesso, intromettendosi nei preparativi del matrimonio e nella nostra vita.
Il primo indizio fu un orecchino. Pulendo lauto di Lorenzo, trovai un medaglione dargento con un piccolo zaffiro che riconobbi immediatamente come appartenente a Carlotta. Quando li affrontai, lui rimase freddo, sostenendo che mia sorella lavesse dimenticato quando era salita per prendere i fiori. Carlotta diede la stessa scusa. Era tutto troppo perfetto.
Tre settimane prima delle nozze, decisi di fare una sorpresa a Lorenzo nel suo ufficio per pranzare insieme, ma la sua segretaria, Margherita, mi accolse con imbarazzo: «Beatrice, ci hai sorpreso, Lorenzo è in riunione». Il suo comportamento mi insospettì. Entrai nellufficio e ciò che vidi mi segnò per sempre: Lorenzo, appoggiato alla scrivania, stava baciando appassionatamente mia sorella, tenendole le mani. Quando la porta si chiuse dietro di me, si separarono.
«Beatrice, non è quello che credi», sussurrò Lorenzo, cercando di alzarsi.
«Carlotta, dimmi la verità!» ordinai con voce gelida.
«È successo naturalmente», rispose lei, alzando il mento con aria di sfida.
«Da quanto?»
«Dal tuo fidanzamento», ammise.
La borsa del pranzo mi scivolò di mano: «Mi fidavo di entrambi».
Lorenzo premette linterfono: «Margherita, per favore, accompagna Beatrice fuori».
Mi voltai e dissi: «Me ne vado da sola. Siete fatti luno per laltra».
Dopo, solo una nebbia di dolore. Mia madre mi aiutò a cancellare il matrimonio, mio padre si occupò delle questioni finanziarie. Lo scandalo si diffuse in fretta. Sei mesi dopo, al culmine della disperazione, accettai un lavoro come direttrice marketing a Roma.
«Perdonare non è per loro», mi disse mia madre mentre facevo le valigie, «ma per te, per liberarti».
«Sono libera, mamma. Roma mi aspetta», le risposi.
A Roma mi sentii sola, ma mi immersi nel lavoro. Quattro mesi dopo, partecipai a una conferenza tecnologica a Firenze, dove conobbi Matteo Fortini, un investitore riservato, onesto e gentile. Completamente diverso da Lorenzo. Durante una cena, ebbi un attacco di panico, ma lui mi calmò con parole dolci e pazienti. Gli raccontai del mio passato: Lorenzo, Carlotta, tutto. Mi ascoltò senza giudicare e condivise il suo dolore: la moglie lo aveva lasciato per un socio in affari.
«La fiducia tradita lascia ferite profonde», disse. «Chi ti ama davvero capirà che guarire non è un percorso lineare». La nostra amicizia crebbe lentamente. Un anno dopo, ero innamorata di lui. Nel giardino botanico di Roma, mi chiese di sposarmi con un anello semplice ma elegante, tempestato di smeraldi. «Non cerco una risposta immediata», mi disse, «ma voglio che tu sappia che sarò qui, quando sarai pronta».
«Sì», sussurrai tra le lacrime. «Ora sono pronta».
Tornando al cimitero, ero con mio padre quando un sussurro attraversò la folla. Mi voltai e vidi Carlotta e Lorenzo entrare. Lei indossava un abito nero costoso, con un diamante enorme al dito. Erano venuti per esprimere le loro condoglianze. Carlotta si avvicinò, approfittando dellassenza di Matteo, e mi sussurrò:
«Volevo solo dirti che siamo felici. Io e Lorenzo abbiamo comprato una villa a Portofino. Presto avremo un bambino. Povera te, ancora sola a 38 anni. Io ho tutto: luomo, i soldi, la casa».
Sentii il dolore ribollire, poi si placò. Sei anni prima, quelle parole mi avrebbero spezzato. Ora mi sembravano solo patetiche. Sorrisi davvero e le chiesi:
«Hai già conosciuto mio marito?»
Aprii la porta: «Matteo, vieni, presenta