Com’è successo che è stato cresciuto dalla nonna, anche se la mamma era viva.

Era così che lui venne cresciuto dalla nonna, anche se la mamma era viva.
Accadde che Gino venisse cresciuto dalla nonna, nonostante sua madre fosse ancora in vita. Bisogna dire che sua mamma era eccezionalebella e di buon cuore. Ma lavorava come cantante lirica al teatro, e per questo stava a casa di rado. A causa dei suoi frequenti viaggi, si separò persino dal marito, il padre del ragazzo. Così, di Gino si occupava solo la nonna.
Fin da piccolo, ogni volta che tornava a casa davanti al suo palazzo, Gino alzava lo sguardo verso il quarto piano e attraverso la finestra della cucina scorgeva la sagoma della sua amata nonna, che lo aspettava con impazienza. E quando lei lo salutava dalla finestra, lui rispondeva sempre con un cenno della mano.
Ma quando Gino compì venticinque anni, la nonna se ne andò. Ora, tornando a casa e non vedendo più la sua silhouette dietro il vetro, il ragazzo si sentiva incredibilmente triste e vuoto. Anche quando la mamma era presente, Gino provava solitudine. Con lei non parlavano più con sincerità da anni, non avevano interessi in comune. Nemmeno i problemi quotidiani li affrontavano insieme, come se fossero estranei.
Passati alcuni mesi dalla morte della nonna, Gino decise allimprovviso di trasferirsi in unaltra città. Dopotutto, la sua professione era molto richiestagli informatici servivano ovunque. Online trovò una buona azienda che gli offriva uno stipendio alto e si impegnava a coprirgli laffitto. La mamma ne fu contenta. Dopotutto, il figlio era ormai adulto e doveva cercare la sua strada, lontano da lei.
Da casa portò con sé solo la tazza preferita della nonna come ricordo e qualche vestito per iniziare. Uscito con la borsa da viaggio in spalla, Gino lanciò un ultimo sguardo alla finestra della cucina, ma non vide nulla. La mamma non si era nemmeno avvicinata per salutarlo. Un taxi lo portò rapidamente alla stazione, e poco dopo si trovava sdraiato sulla cuccetta del vagone letto.
Il mattino dopo, il treno arrivò in perfetto orario. Gino trovò lufficio dove avrebbe lavorato, si registrò e andò a cercare un appartamento tra gli indirizzi che aveva già selezionato online. Camminando per la città sconosciuta con il navigatore del telefono, notò allimprovviso un palazzo che sembrava identico a quello in cui era cresciuto. Tutte quelle case popolari si assomigliavano, ma a lui quel palazzo aveva qualcosa di speciale. Forse perché i telai delle finestre erano dipinti dello stesso insolito color turchese.
Senza volerlo, Gino deviò dal percorso e si avvicinò lentamente. Voleva solo fermarsi un attimo e ricordare la nonna. Avvicinandosi, alzò lo sguardo verso la finestra che avrebbe dovuto essere quella della cucina, e allimprovviso si bloccò. La testa gli girò davanti a quella visione. Al quarto piano, dietro il vetro della cucina, cera la sagoma di sua nonna. La riconobbe allistante, e il cuore gli balzò in gola.
Gino era una persona razionale e sapeva che era impossibile. Chiuse gli occhi, si girò e si allontanò lentamente. La ragione gli diceva che dietro quel vetro cera unaltra nonna, ma il cuore gli urlava: «Fermati! È lei!» E lui obbedì al cuore. Si fermò, si voltò e alzò di nuovo lo sguardo.
La nonna era ancora lì. Gino non resistette. Con la borsa in spalla, corse verso il palazzo, salì al quarto piano e trovò la serratura rotta, proprio come a casa sua. Suonò il campanello. Ad aprirgli fu una ragazza assonnata in vestaglia, che lo fissò confusa.
«Cosa vuoi?»
«Io?» balbettò Gino. «Io la nonna.»
«La nonna?» ripeté la ragazza, sorpresa. Poi, allimprovviso, sorrise e gridò verso linterno: «Mamma! Cè uno che chiede di te!»
Mentre la madre arrivava, la ragazza osservava incuriosita quel giovane strano. A Gino girava la testa, e sentiva il cuore fermarsi.
«Chi mi cerca?» apparve tra le porte una donna sulla cinquantina, ugualmente assonnata.
«Mamma, figurati,» ridacchiò la figlia. «Ti ha chiamata nonna.»
«Aspettate,» sussurrò Gino. «Non chiamavo lei Io Lì, nella vostra finestra In cucina Cera la nonna. La mia. Lho vista davvero.»
«Ma sei drogato?» sbottò la ragazza. «Qui non cè nessuna nonna! Viviamo solo io e mamma! Capito?»
«Sì, capito Scusate Mi sono confuso» A Gino tutto sfumava davanti agli occhi. Fece un passo indietro, posò la borsa a terra e si appoggiò al muro per non cadere. «Scusate Mi riprendo un attimo e poi vado»
La ragazza stava per chiudere la porta, ma la madre la fermò.
«Ehi, ragazzo,» si preoccupò, «come ti senti?»
«Bene» mentì lui a bassa voce. «Non preoccupatevi»
«A me sembra che la tua pressione sia oltre i duecento. Hai la faccia rossa come una barbabietola. Dai, entra.» Lo prese per mano e lo guidò dentro, ordinando alla figlia: «Vittoria, prendi la sua borsa, portala dentro! E portami lo sfigmomanometro! Veloce!»
La figlia, con gli occhi sgranati dalla paura, obbedì.
La donna fece sedere Gino sul divano dellingresso e, senza dire una parola, gli misurò la pressione. Poi diede altri ordini alla figlia, che osservava la scena a bocca aperta.
«Portami la mia borsa. Ho delle iniezioni lì» Poi si rivolse a Gino. «Ti faccio una puntata, per sicurezza, e chiamiamo unambulanza.»
«No, niente ambulanza!» si spaventò lui. «Sono appena sceso dal treno Non ho ancora nemmeno trovato casa»
«Ascolta mia mamma!» intervenne Vittoria. «Lei è un medico, capito?»
«Quindi, non sei di qui?» chiese la donna.
Lui annuì in silenzio. Poi ripeté:
«Vi prego, non chiamate nessuno Domani devo andare al lavoro. È il mio primo giorno»
«Zitto!» La donna gli iniettò già il farmaco. «Hai mai avuto crisi simili prima?»
«No,» sussurrò.
«Quanti anni hai?»
«Venticinque.»
«Problemi di cuore?»
«No, sono sanissimo»
«Sanissimo, dici? E allora perché hai la pressione alle stelle? Centottanta su cento non è uno scherzo»
«Forse per lemozione.»
«Quale emozione?»
«Vi ho detto Ho visto mia nonna alla vostra finestra. Era lì, in cucina, e mi guardava»
«Tua nonna?»
«Sì. Ma è morta. Due mesi fa. Non avete una nonna in casa?»
«Che strano che sei» rise Vittoria. «Te lho detto, viviamo solo io e mamma. Ma se vuoi stare tranquillo, vado in cucina a controllare.»
Vittoria si avviò verso la cucina e, dopo qualche secondo, urlò spaventata:
«Mamma! Ma cosè questo?!

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