“Con un marito puoi divorziare, ma dai figli non scappi!”
“Entra subito! Mia sorella è arrivata!” chiamò Speranza alla sua vicina Fede, appena questa apparve sulla soglia della loro casa a Bologna.
“Laura? Non può essere! Quanti anni senza vederci!” esclamò Fede, entrando nella cucina accogliente.
Sulla sedia sedeva una donna elegante con un sorriso stanco ma caloroso. Vedendo Fede, Laura si alzò di scatto e corse ad abbracciarla. Erano amiche dall’infanzia, avevano condiviso gioie e lacrime, e ora, dopo tanto tempo, il loro ritrovarsi era come un ritorno a quei giorni spensierati.
“Dobbiamo festeggiare! Due anni che non ci vediamo!” propose Fede, e le donne, sedute a tavola, si persero in chiacchiere. Ognuna aveva la sua storia, intrisa di felicità e dolore che la vita aveva distribuito generosamente.
Laura era rimasta vedova sei anni prima. Suo marito, Massimo, era morto in un incidente d’auto insieme alla sua amante. Per un anno intero aveva condotto una doppia vita, e Laura non si era accorta di nulla. Sentiva che tra loro qualcosa non andava, ma per amore dei figli – un maschio e una femmina – faceva di tutto per salvare il matrimonio. Adoravano il padre, e Laura non voleva distruggere il loro mondo.
Ma l’incidente cambiò tutto. I bambini, sconvolti dalla perdita, ci misero molto a riprendersi. Laura, schiacciata dal dolore, cercava di essere il loro sostegno, ma il lacerava la famiglia dall’interno.
“Il mio Paolo è un vero tiranno!” sospirò Fede, sorseggiando il tè. “Ho letto su internet delle relazioni tossiche – è lui al cento per cento. Meno male che l’ho cacciato prima che si sentisse troppo sicuro.”
“I mariti sono una cosa,” disse Laura con un sorriso amaro. “Con loro puoi divorziare. Ma i figli… dai figli non scappi. Dopo la morte di Massimo i miei sono diventati ingestibili. Tutti soffrivamo, ma mio figlio… ha cominciato a incolpare me per tutto. Dice che è per le nostre liti che suo padre si è trovato un’amante. Che i nervi gli hanno ceduto, ecco perché è morto. E ora mi odia. Ha detto che sarebbe stato meglio se fossi morta io al posto suo. Ti rendi conto, Fede? Meglio se…”
Si interruppe, la voce le tremava e gli occhi si riempirono di lacrime. Fede e Speranza rimasero in silenzio, senza parole. Laura, dopo un respiro, continuò:
“È diventato un despota. Ha solo 19 anni, e io ho paura di lui. Non si limita agli insulti – alza anche le mani. Sopraffatta dalla situazione perché… cosa posso fare? Denunciare mio figlio? Persino mia sorella è tormentata, perché cerca di difendermi. L’altro giorno si è così infuriato che l’ha sbattuta con la testa contro lo spigolo del tavolo – solo perché eravamo uscite insieme. Poi, certo, si è scusato, ma il giorno dopo tutto è ricominciato. Spero che l’esercito lo raddrizzerà. Io e mia figlia siamo scappate qui per avere un po’ di tregua dalla sua tirannia.”
Fede guardò l’amica, e il cuore le si strinse per il dolore. Sapeva quanto Laura soffrisse, ma non trovava le parole per consolarla. Speranza, la sorella di Laura, stava in silenzio, tormentando un tovagliolo. Anche i suoi occhi luccicavano per le lacrime.
“Sai,” riprese Laura, “continuo a chiedermi: dove ho sbagliato? Volevo essere una buona madre, ma mio figlio mi vede come una nemica. Mi incolpa per tutto quello che non va nella sua vita. E io… io non so più come andare avanti.”
“È insopportabile,” sussurrò Fede. “Come si può trattare così una madre? Dovrebbe capire che non è colpa tua!”
“Non vuole capire,” scosse la testa Laura. “Per lui è più facile odiarmi. E io ho paura che non rovinerà solo la mia vita, ma anche quella di mia sorella. Lei sopporta tutto questo per difendermi.”
Speranza alzò finalmente lo sguardo:
“Laura, non mi pento di esserti vicina. È tuo figlio, ma così non si può andare avanti. Dobbiamo fare qualcosa. Parlare con lui? O magari un psicologo?”
“Uno psicologo?” sorrise amaramente Laura. “Non mi ascolterebbe nemmeno. Dice che è tutta colpa mia, punto e basta.”
Il silenzio in cucina divenne pesante come una nuvola temporalesca. Ognuna delle donne sentiva il dolore delle altre, ma nessuna sapeva come alleviarlo. Fede, cercando di distendere l’atmosfera, alzò la tazza:
“Ragazze, beviamo… a noi. Al nostro coraggio di andare avanti, nonostante mariti e figli che ci spezzano il cuore.”
Laura e Speranza sorrisero debolmente, ma gli occhi erano pieni di lacrime. Bevvero, ma in quel brindisi non c’era gioia. Laura guardò dalla finestra, dove calavano le ombre della sera, e pensò a suo figlio. Lo amava ancora, nonostante il dolore che le infliggeva. Ma in fondo al cuore temeva che quell’amore sarebbe diventato la sua dannazione.