Conversazioni dal cuore

Diario Personale

Di nuovo si avvicinava il Capodanno. In tutta Milano c’era frenesia, i centri commerciali accoglievano folle chiassose, illuminate e riscaldate, mentre le canzoni natalizie risuonavano dagli altoparlanti, ormai ascoltate milioni di volte.

Ma per Ginevra non c’era gioia. Quell’anno con sua madre Veronica era stato duro, difficile. Dovevano imparare a vivere senza suo padre. Ginevra non abitava più con i genitori, era una donna adulta, sposata con un figlio di dieci anni, Matteo.

Un anno fa, proprio alla vigilia di Capodanno, suo padre era morto. Ginevra aveva sofferto così tanto che non si era resa conto subito di quanto fosse peggio per sua madre.

Stefano Elia era stato un marito e un padre affettuoso, dolce, premuroso. Professore di economia all’università, era amato dagli studenti e diceva sempre:

“Per me sono tutti come figli, non mi arrabbio mai con loro. E loro mi ricambiano. In tanti anni d’insegnamento, non ho mai avuto un conflitto. C’erano dubbi, certo, ma li affrontavamo insieme e ne uscivamo soddisfatti.”

“Sì, papà, tutti ti rispettano,” concordava la figlia.

Stefano Elia adorava i film classici, rideva contagiosamente e, quando Ginevra era piccola, amava passeggiare con lei. A volte andavano al cinema insieme, al parco, e in vacanza viaggiavano sempre tutti e tre.

Ginevra aveva visto quanto fosse devoto a sua madre e cercò un marito simile a lui. E ci riuscì, trovando in Enrico un compagno che la rendeva felice. Dopo il matrimonio, avevano ricevuto in regalo un appartamento dai genitori e avevano costruito la loro vita.

Tutto sembrava perfetto. Ma tre anni fa, a Stefano Elia fu diagnosticato un tumore. Veronica e Ginevra rimasero scioccate, mentre lui cercava di rassicurarle.

“Tranquille, le mie ragazze, non vi libererete di me così facilmente,” scherzava, ma il suo sguardo era spento.

Un anno fa, se n’era andato.

“Non sopravviverò senza di lui”

“Per sempre ricorderò il rumore della terra ghiacciata sulla bara, il pianto di mamma, il tintinnio dei piatti durante il pranzo funebre,” pensava spesso Ginevra.

Ora viveva nella costante paura per sua madre. Tornate a casa dopo il funerale, Veronica, senza nemmeno togliersi il cappotto, era entrata in salotto e si era seduta lentamente sulla poltrona di suo marito, fissando il vuoto. Ginevra non sapeva cosa dire, schiacciata dal dolore.

“Non ce la faccio,” sussurrò Veronica.

Ginevra si avvicinò, si accucciò davanti a lei e le prese le mani fredde.

“Cosa non ce la fai, mamma?”

Veronica la guardò confusa, come se non capisse la domanda, poi mormorò:

“A vivere senza di lui. Non posso.”

Finalmente Ginevra comprese: per quanto fosse doloroso per lei, per sua madre era ancora peggio.

Aspettare che il dolore passasse
Era passato esattamente un anno. Veronica e Ginevra cercavano di andare avanti senza Stefano Elia. Ginevra si abituava poco a poco a non sentire più la sua voce al telefono. Prima, quando entrava in casa dei genitori, vedeva sempre la sua testa canuta nella poltrona di fronte alla TV, il suo posto preferito. Ora non c’era più, e dentro di lei rimaneva solo il dolore. Aspettava che quella sofferenza si attenuasse, ma si era aggiunta la paura per sua madre.

“Dio, fa’ che mamma riesca a resistere,” pensava Ginevra svegliandosi di notte, e quella preoccupazione la seguiva ovunque.

Prendeva allora il telefono e chiamava sua madre, non di notte, ma al mattino, a pranzo, a cena. Aveva un terrore insostenibile per lei.

“Ginevra, non tormentarti,” la calmava spesso Enrico. “Guardati, hai lo sguardo spento, sei dimagrita, nervosa. Andrà tutto bene con tua madre. Ci vuole ancora un po’ di tempo, ma vedrai, si sistemerà.”

“Hai ragione, Enrico. Ma ogni volta che vedo mamma, mi spavento. È irriconoscibile, silenziosa e chiusa. A cosa pensa sempre? Dovremmo farla venire da noi.”

Ginevra chiamò sua madre, che rispose con un filo di voce.

“Sì, figlia mia…”

“Mamma, vieni da noi. È sabato, usciamo con Matteo, andiamo al parco. Non restare chiusa in casa.”

“No, cara, grazie. Non ho voglia di uscire, figuriamoci di spostarmi. E poi non sono sola, sto sempre con tuo padre nei miei pensieri.”

“Proprio per questo! Voglio distrarti, mamma. Vieni,” insistette Ginevra, ma lei rifiutò.

Riattaccato il telefono, guardò Enrico.

“Come faccio a farla uscire? Quando vado da lei, è contenta, ma non vuole muoversi. Dice che preferisce parlare a casa.”

“Pazienza, Ginevra, pazienza. Il tempo aiuterà.”

Paure

Oggi era l’anniversario della morte di Stefano Elia. Tra due giorni sarebbe arrivato il Capodanno. La vita andava avanti. Ginevra chiamò sua madre al mattino, ma non rispose. Provò ancora e ancora. Squillava, ma Veronica non prendeva. Era insolito: rispondeva sempre.

Afferrò le chiavi e corse fuori. Salì le scale col cuore in gola, pregando:

“Dio, ti prego, fa’ che non sia successo nulla.”

Aprì con la sua chiave e sentì subito che qualcosa non andava. La casa era ordinata, silenziosa. Sul tavolo della cucina, una nota: “Mia adorata figlia, sai quanto ti amo e non vorrei ferirti. Qualsiasi cosa accada, ti voglio bene.”

Ginevra si aggrappò al tavolo, le gambe le cedettero. Rileggeva il biglietto, le lettere le ballavano davanti agli occhi.

“Ho sempre saputo che ciò che temi, accade,” pensò.

Notò una tazza da tè ancora umida.

“Vuol dire che è uscita da poco… forse non è successo ancora niente!” Afferrò di nuovo le chiavi e corse giù per le scale, cercando di ragionare.

“Dove può essere andata? Al negozio? Ma il biglietto…”

Continuò a chiamare, ma nessuna risposta. Guidando per la città, un pensiero la colpì:

“Fermati. So dove andare. Al cimitero.”

Arrivata, corse tra la neve verso la tomba di suo padre. Il cimitero era deserto, chi ci sarebbe venuto alla vigilia di Capodanno? In lontananza, vide una figura curva accanto a una lapide. Era Veronica.

“Mamma!” gridò.

Corse a perdifiato, sentendo che ogni secondo contava. Le lacrime le rigavano il viso mentre si abbracciavano.

“Mamma, come hai potuto? E io? E io?” ripeteva Ginevra.

Alla fine ha pensato a sua figlia

Le mani calde di Veronica le asciugarono il viso.

“Figlia mia, perdonami, ti prego. Non volevo farti male. Credevo di farcela… ma mi manca troppo tuo padre… Non ce l’ho fatta… ma poi ho pensato a te…”

“Mamma, non devi nemmeno pensarci. Ti prego, non farlo mai. Ce la faremo insieme. Io non sopravvivrei se ti succedesse qualcosa…” disse Ginevra con fermezza. Veronica capì, e finalmente ebbe paura.

Doveva dirgli tSi strinsero forte, sapendo che insieme avrebbero trovato la forza di andare avanti, mentre la neve continuava a cadere silenziosa sulle loro vite che, nonostante tutto, sarebbero continuate.

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