Correzione degli Sbagli

L’ambulanza sfrecciava per le strade di Milano con le luci blu e la sirena accese. Le auto si accostavano ai marciapiedi, lasciando libero il centro della carreggiata.

«Papà, ti prego, perdonami. Resta con me, non morire…» sussurrava la ragazza seduta accanto alla barella.

Lui non la sentiva. Davanti a sé vedeva un’altra donna. Sorrideva, e dai suoi occhi scaturiva una luce calda e soffice. Quella luce lo attirava, lo chiamava a sé. Non poteva resisterle, non voleva. Desiderava volare verso di lei, fondersi con quella luce… E poteva farlo, perché il suo corpo era leggero, quasi inesistente.

Ma qualcosa lo tratteneva, qualcosa lo tirava indietro, lontano da quella visione. Tentò di dire: «Lasciami», ma non riuscì a parlare. Improvvisamente, un dolore acuto lo colpì al petto, respingendolo brutalmente. Il volto della donna svanì, la luce si spense, e il suo corpo tornò pesante, rigido come una pietra. Ma una pietra può sentire dolore?

Dal buio riemersero i suoni: un pianto disperato, qualcuno che lo chiamava stringendogli la mano. Ancora una volta cercò di chiedere di lasciarlo andare, di chiamare la scomparsa Beatrice, ma proprio in quel momento sprofondò in un vuoto totale. Non c’era più niente. Nemmeno lui esisteva…

***

Il giorno prima

«Papà, posso andare al mare con Sofia e Giulia? I parenti di Giulia hanno una casa là. Mi servono solo i soldi per il viaggio e qualcosa per le spese.» La voce di sua figlia era supplichevole, quasi melliflua.

Matteo aveva sempre capito quando gli mentiva. A volte fingeva di crederle, ma non questa volta. Posò il giornale che stava leggendo e la osservò attentamente. Sì, mentiva. Le orecchie le bruciavano, distoglieva lo sguardo, le dita nervose tormentavano la stoffa della gonna.

«E per quanto tempo starete via?» chiese con calma.

«Due settimane» rispose Lucia, animandosi. «Aria fresca, mare… Sono stufa di questa città polverosa.»

«Con Sofia e Giulia, dunque?» ribatté Matteo.

Sentendo il sarcasmo nella voce del padre, Lucia capì che la bugia sulle amiche non aveva funzionato.

«Non sai mentire. Ieri ho parlato con il padre di Giulia. Loro tre vanno in montagna.»

Le orecchie di Lucia non erano solo rosse, ma in fiamme. L’imbarazzo le salì su per il collo, avvampandole il viso. Alzò gli occhi e lo fissò con sfida.

«Sapevo che non mi avresti lasciato andare con Marco, per questo ho mentito. Sua zia vive davvero al sud.»

«Hai capito bene. Non ti lascerò andare» rispose Matteo con pacatezza. «Capisco l’innamoramento, tutto quello che vuoi. Ma davvero credi che sia una ragione sufficiente per partire sola con un ragazzo?»

«Lo amo» disse Lucia, con voce spezzata. Il suo volto era diventato pallido.

«E lui ama te? Amore e desiderio sono due cose diverse. Io sono un uomo, so cosa passa per la testa di un ragazzo che invita una ragazza a viaggiare con lui. Non è quello che credi.»

«Quindi, non mi lasci andare?»

«No. Tra un mese avrò le ferie, andremo al mare insieme.»

Lucia si morse il labbro, riflettendo. Il cuore di Matteo si strinse. Quanto assomigliava a sua madre! Anche lei aveva quel gesto quando era nervosa, arrabbiata o insicura. Sua figlia era ormai una donna. Come spiegarle che aveva già perso troppo, che non poteva rischiare di perdere l’unica cosa che gli restava?

«Papà, ti prego. Saremo soli solo in treno. Poi staremo con i parenti di Marco.» Gli occhi di Lucia brillavano di speranza.

«No. Se vuoi, possiamo andare a trovarli insieme, ma tra un mese» tagliò corto Matteo.

«Non credevo fossi così…» esplose Lucia. «Potevo anche non chiederti il permesso, lasciarti un biglietto e partire. Sono maggiorenne. Ma volevo fare le cose per bene.»

«Se non l’hai fatto, vuol dire che la mia opinione conta per te. Allora ascoltala» rispose Matteo, riprendendo il giornale. Ma non lo aprì, lo tenne sulle ginocchia.

«Credimi, col tempo capirai che avevo ragione.»

«Papà, lasciami andare. Ci amiamo» tentò ancora Lucia.

«Tu forse lo ami. Ma lui? Se ti amasse davvero, non ti spingerebbe a mentire.»

«Tu sai tutto, vero? Di lui, di me… E tu invece?» Lucia si interruppe, realizzando di aver scavato troppo in profondità.

«Proprio perché ho già vissuto certe cose, te lo dico. Gli errori della gioventù si pagano per tutta la vita.»

«Certo. Dimmi pure quanto è stato difficile crescermi da solo. Come hai sacrificato la tua felicità per me… Ti sono grata, papà, ma posso sbagliare da sola. Ti prego.» Le sopracciglia di Lucia si inarcarono, gli occhi imploranti.

«No» concluse Matteo, sollevando il giornale come segnale che la discussione era finita.

Lucia sbuffò, ruotò sui tacchi e se ne andò in camera sua, sbattendo la porta.

Matteo ripose il giornale. Come avrebbe potuto concentrarsi sulle notizie?

***

Quanti anni erano passati? Sembrava ieri quando aveva convinto Beatrice a fare quel weekend a Venezia. Non aveva mai saputo se avesse mentito ai genitori o meno. L’avevano lasciata partire.

Era stato un viaggio magnifico. Tornarono felici, cambiati. O almeno, così gli era sembrato. Poi Beatrice partì per Roma, si iscrisse all’università. Lui rimase nella loro città, studiò al politecnico, dove conobbe Elena. Si innamorò perdutamente, dimenticò Venezia, Beatrice, tutte quelle promesse d’amore. Anche se, no, non aveva mai detto di amarla. Ne era certo.

Poi un giorno Beatrice tornò e gli annunciò di essere incinta. Lui ebbe paura. Non della gravidanza, ma di perdere Elena. Beatrice era venuta direttamente dalla stazione. Lui la supplicò di abortire. Balbettò qualcosa sulla gioventù, su come non fosse pronto, su quanto fosse sicuro…

Beatrice piangeva, disse che erano già passate dodici settimane.

«E allora perché hai aspettato?» urlò lui, furioso. «Perché non sei venuta prima? A dodici settimane si può ancora…»

Lei se ne andò. Era convinto che avesse abortito, perché per tre anni non seppe più niente di lei. Se avesse tenuto il bambino, lo avrebbe saputo. I suoi genitori sarebbero venuti a chiedere conto.

Sposò Elena e organizzò il viaggio di nozze al mare: comprò i biglietti, preparò le valigie. Ma il suono del campanello annullò tutto. Non la riconobbe subito. O meglio, non capì immediatamente che quella donna pallida e dimagrita era Beatrice. Teneva per mano una bambina.

«Ciao» sorrise lei, a fatica.

Matteo rimase immobile.

«Chi è?» chiese Elena dalla stanza accanto.

Capì che la moglie era dietro di lui solo dallo sguardo smarrito di Beatrice. Si voltò.

«Chi è questa?» Elena fissava la bambina.

Matteo guardò Beatrice. Nei suoi occhi tremava un dolore profondo. Si sentì sporco, disgustato da se stesso. Non aveva uCon gli occhi lucidi, Matteo strinse la mano di Marco e capì che a volte le storie si ripetono, ma non sempre nello stesso modo.

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